LA SQUADRA ED IL COMPASSO

LA SQUADRA ED IL COMPASSO

Stimati fratelli,

ritengo necessario esprimere l’insieme di eventi che mi hanno portato alla realizzazione di questa tavola, affinché riesca a trasmettervi efficacemente cosa ha significato per me. Il Maestro Venerabile mi ha suggerito il tema Squadra e Compasso, proponendomene anche uno libero qualora l’avessi ritenuto necessario. Per mia natura ho trovato più sfidante un titolo assegnato da altri, che mi portasse fuori dalla mia zona di comfort e da mesi lavoro sull’enorme simbolo della Squadra e del Compasso. Questi sono probabilmente i simboli più frequenti, che si collocano nell’immaginario collettivo come marchio distintivo della massoneria e, per avvicinarmi a questa icona, ho cercato di dimenticare quelle poche conoscenze che adesso ho so sull’arte muratoria per cercare di dare una rilettura profana a questa così diffusa immagine. Ho passato davvero tanti momenti a fare ricerche introspettive ma spesso il mio pensiero veniva depistato, ragionandoci ho capito che mi sentivo intimorito dal profondo rispetto che provavo per queste icone che nella mia introspezione sentivo quasi sacre. Non volevo che i miei pensieri, riportati poi su questo lavoro, fossero banali o approssimativi ma ricercavo comunque un approccio scevro dalla considerazione che nutrivo. Dopo mesi di stallo in questo metodo di ragionamento, ho capito che era necessario cambiare sistema e ho voluto immedesimarmi stavolta nei liberi muratori che ci hanno preceduti, quelli che con pochi strumenti hanno realizzato molto, quelli che grazie alla loro visione hanno saputo trasformare idee in costruzioni che ancora oggi, spesso, abbiamo la fortuna di osservare a distanza di millenni. Ho proiettato la mia mente in un viaggio fantastico dove mi immaginavo a fianco dei grandi costruttori di templi e cattedrali che anche senza il nostro grande progresso tecnologico passavano notti al lume di torce e candele a creare qualcosa di eterno. Ecco, creazione è stata la parola che ha catalizzato la mia attenzione, la Squadra ed il Compasso erano dei pezzi di metallo inanimati, ma nelle giuste mani si sono trasformati in strumenti di creazione che hanno permesso ad un pensiero di trasformarsi in progettualità ed immagini fruibili a chiunque non possedesse quelle capacità di immaginare. Più pensavo e più mi allontanavo dalla visione didascalica della tavola che inizialmente le avrei attribuito, immaginando di non dover uscire dalle righe, facendo più ricerca sui libri e rispettando una formalità istituzionale che avevo conferito a priori a questo “incarico” datomi dal Maestro Venerabile, senza che questi “viaggi” che ho fatto con i miei pensieri rendessero troppo personale questa tavola, probabilmente sbagliando. Continuando a sognare e ad immedesimarmi nei gesti dei grandi architetti ho riflettuto sulle capacità di questi strumenti. La Squadra era una certezza, angoli e rapporti inamovibili, la garanzia di una linea che incontra l’altra con una determinata angolazione; il Compasso di contro era uno strumento più versatile, sapeva allargarsi o stringersi a seconda delle necessità, sapeva proiettare una linea e riportare una distanza oltre al suo punto di partenza. Facendo ricerche sul significato esoterico di questi simboli ho appreso che la Squadra può rappresentare il corpo ed il Compasso la mente e la mia precedente immedesimazione ha trovato il suo sfogo. Il nostro corpo vive dei limiti che ci impone la natura, la sicurezza dell’angolo retto che inizia o termina la corsa dell’inchiostro che tracciava il segno dei muratori del passato, potrebbe essere paragonata alla certezza della nascita o della morte terrene, che sono punti fissi di qualunque individuo, degli angoli che non possono essere alterati e che ci rendono tutti uguali. . La nostra mente, di contro, ha la possibilità di estendersi, siamo noi a decidere l’angolo e determinarne l’apertura. Possiamo scegliere quanto far andare lontano il nostro pensiero e dovremmo essere padroni, quando le circostanze lo richiedono, di richiamare questa estensione, magari per concentrarci su un pensiero piccolo ma importante. Questo è quello che penso di aver fatto in questo mio lavoro, inconsapevolmente ho aperto e chiuso l’angolo del mio Compasso, quindi della mia mente, per riflettere sul tema assegnatomi con pensieri di diversa estensione. Accettata con rispetto questa natura materica, ferma e dogmatica del nostro corpo, cioè la Squadra, che ci accomuna in maniera indiscutibile ai profani, trovo che in questa mia riflessione sia il Compasso il carattere distintivo di noi Fratelli, ed essendo stato abituato nella mia istruzione scolastica ad usare compassi moderni che si regolavano attraverso una ghiera, mi piace pensare ad ogni nostro lavoro insieme come un pollice che accarezza le ghiere dei nostri strumenti, aumentandone sempre di più la capacità di ampiezza

( R. P)

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