CONSIDERAZIONI SUI PRESUPPOSTI PER UN BUON SVOLGIMENTO DEI LAVORI

CONSIDERAZIONI SUI PRESUPPOSTI PER UN BUON SVOLGIMENTO DEI LAVORI

Il tempo, e forse certamente ancor più la vita quotidiana, o profana se si preferisce, ha modificato, forse in modo definitivo, il modo di lavorare di questa antica confraternita.

Mi rendo conto che non è possibile, oltre certi limiti, andare contro quelle che sentiamo come “necessità”, ma credo sia comunque molto importante esserne consapevoli per trasmettere le nostre conoscenze a chi verrà dopo di noi. I tempi cambiano, e con essi anche gli uomini: venti o trenta, ma anche solo dieci anni fa, forse nessuno fra noi avrebbe potuto preconizzare l’attuale situazione del mondo e dell’umanità. Perché allora escludere che, nel giro di forse non molto tempo, non ci possa essere una modificazione, anche sostanziale, che faccia in qualche modo risultare utili le considerazioni che mi appresto a sviluppare? Guardando alla nostra istituzione ed al suo operare, la prima considerazione da fare e che molto si dev’essere modificato, nel corso dei quasi tre secoli di massoneria moderna, per non parlare di tempi più remoti. Ma una cosa, e la più importante, si è sostanzialmente preservata: il suo simbolismo! Nelle prime frasi del rituale di iniziazione al grado di Apprendista, quando si parla di principi perfetti ed immutabili per la ricerca del vero, credo ci si riferisca proprio a questo!!

«La morale è per noi la legge naturale, universale ed eterna che guida ogni uomo intelligente e libero»,

Almeno in parte, si può dedurre che la ricerca del vero debba avvenire per imitazione della natura”,

Perché «solo regolando inclinazioni e costumi perverremo a quell’equilibrio che costituisce la saggezza, cioè la scienza della Vita». Il processo iniziatico in massoneria si basa sul lavoro artigianale nella scienza architettonica- e l’elemento sicuramente più importante è la pietra grezza da costruzione: essa è quindi un gioiello che, se opportunamente lavorato, realizzerà l’ideale costruttivo: il tempio!

Abbiamo identificato così una prima tema di elementi, ternario che è la base per l’opera muratoria dell’artigiano: e la verità (G.A. D. U.) e gli strumenti (le nostre regole, i principi) e il libero muratore (la pietra). Anticamente la loggia era un vero e proprio cantiere, in cui Si trovavano tutti gli attrezzi di lavoro e ogni cosa utile o Necessaria al lavoro, compresi i progetti, o “disegni”, architettonici.

Oggi il nostro tempio appare molto diverso, ma solo a chi si ostini a volerlo vedere in modo Superficiale: gli strumenti continuano ad esserci, il piano architettonico viene tracciato ogni volta che ci si riunisce in tornata rituale, con la collaborazione (partecipazione?) di tutti i fratelli (i muratori) presenti.

L’arredo del tempio non concede, in fondo, molto spazio al superfluo.

Si tratta di imparare vedere ed a valutare quanto ci viene proposto, non dimenticando mai che il lavoro del libero muratore si basa sull’analogia esistente tra macro e microcosmo.

Un bello e buon lavoro sarà far risplendere tutto questo al di sopra dei veli e del grigiore che l’incrina e l’incomprensione ha loro addossato, relegandoli nel cantuccio dell’attenzione dove ancora si trovano.

Nei vecchi catechismi in grado d’apprendista, al di là delle differenze più o meno formali con quelli in uso oggigiorno, vi è un costante richiamo alla necessità di individuare questi elementi, concentrando il proprio sguardo su di essi, fino a fissarli nella propria mente? come ciò che vi è di più essenziale, al di là di ogni speculazione mentale: penso, Come già sosteneva il carissimo fratello Fabrizio, che bisognerebbe innamorarsi di questi strumenti, dei contenuti dei rituali d’apertura e chiusura dei lavori alla stessa stregua con cui ci si può innamorare di una bella donna: non sono i suoi ragionamenti, mai suoi attributi fisici, l’armonia dei suoi movimenti, la grazia di cui si circonda che colpiscono ed avvincono. Ma questi elementi, un po’  trascurati, se non sopportati malvolentieri, formano veramente un tesoro prezioso, la sola cosa di cui la massoneria può veramente vantarsi.

In tale patrimonio si trovano concordemente allusioni ad una localizzazione sacra della loggia (in una valle dove regna la pace e la giustizia; il punto geometrico conosciuto solo dai figli della vedova), al suo orientamento (verso oriente), alla sua forma geometrica (il quadrilungo e doppio quadrato), ai gioielli di cui si abbellisce e che la decorano (fissi: pietra grezza e pietra squadrata, tavola da disegno; mobili: squadra, livella e perpendicolare), alle luci che la illuminano (delta luminoso, sole e luna), ai tre pilastri che la sostengono (saggezza, forza e bellezza).

Vi sono poi due colonne J. e B., e ancora altri, quali il cielo stellato, il

pavimento a scacchi e lo zodiaco tracciato sulle pareti, senza contare quelli. altrettanto importanti del gabinetto di riflessione.

Questo esercizio incessante che la tradizione massonica ripete, nel grado di apprendista, richiamando continuamente il numero tre’, impone, come premessa ad ogni ulteriore lavoro, una indagine profonda del suo simbolismo, senza dispersioni extra massoniche nel senso che, dopo aver abbandonato il punto di vista esteriore,

profano, è comunque sempre alla nostra tradizione che dobbiamo rivolgerci: tutte le altre, pur ortodosse, possono solo servire come metodo “esterno” di comprensione.

La pietra grezza deve essere lavorata operativamente, con gli strumenti e le tecniche adeguate, così come il tempio Va elevato secondo le regole tradizionali dell’architettura: operare diversamente significa disconoscere la propria natura e non farsi riconoscere Come liberi muratori.

II vero decoro del tempio massonico si identifica nella realizzazione di

un’officina tradizionale di autentici costruttori, dove si possano apprendere le regole della scienza architettonica ed operare conseguentemente.

 Da tutto ciò deriva l’attaccamento ai simboli e in generale a tutto il patrimonio veramente massonico, la cura del tempio fino alla sua stessa pulizia, perché  nell’ordine e nella sobrietà possa risplendere l’officina nella sua reale natura, nella sua identità di luogo dove si riuniscono gli artigiani costruttori, i liberi muratori.

Nella tradizione massonica si trova una certa insistenza per l’abbigliamento, tuttavia, gli elementi indicati a riguardo non sono molti; i guanti ed il grembiule, entrambi di colore bianco, consegnati ritualmente al termine del rito di iniziazione.

Niente altro!

L’uso di portare il vestito e la cravatta, ritenuto d’obbligo o quasi, può solo esser raccomandato.

Una cosa pare fondamentale: che presentarsi in tempio in abito scuro, da “cerimonia” è solo il frutto di una falsa interpretazione moralistica, derivante con ogni probabilità da una moda perbenista e borghese del XIX secolo con cui si voleva imitare quanto si faceva nel mondo profano, il presentarsi eleganti ai lavori rituali eseguiti in luogo sacro.

Va altresì ricordato che, nell’ottocento, per la classe “agiata”, vestire con abito “buono” era assolutamente normale. e inimmaginabile era il presentarsi in modo non “ortodosso” a chicchessia.

Ma, in questa come in altre occasioni, sono convinto che la cosa migliore sia quella di rifarsi alla forma tradizionale massonica.

Da questo punto di vista l’abito del massone non può essere che un abito da lavoro, e in particolare quello di un artigiano costruttore.

Se esaminiamo il significato del colore nero, constatiamo come esso richiami il principio non manifestato e il caos primordiale: esso non può allora essere adatto al “nuovo nato”, al neofita libero muratore. Ed allora, almeno in grado d’apprendista, dovrebbe essere eliminato il colore scuro, quel colore nero, abbandonato nella camera di riflessione, nel primo viaggio riferito all’elemento terra. Esso ricorda troppo le tenebre esteriori appena abbandonate e sembra essere effettivamente all’opposto del buon senso e del simbolismo che dovrebbe richiamare.

Per contro l’idea dell’abito bianco è associata a quella di nuova nascita: oltre ai veri neonati, basti pensare alla tunica dei catecumeni del cristianesimo primitivo o di altre tradizioni. I sufi poi vestono il mantello bianco poiché sono preservati dalla menzogna: esso rappresenta insomma, col suo simbolismo, l’essere ritornato allo stato di purezza, almeno virtuale, dopo le prove iniziatiche attraverso i quattro elementi.

Un’investitura fatta con abito bianco, anche in sede massonica, potrebbe essere plausibile, almeno a titolo di pura ipotesi. Proprio quel bianco che ritroviamo nel colore del grembiule e dei guanti.

Gli artigiani del passato, fieri della propria professione (e identità), stampavano ed esibivano materialmente sul proprio vestito i segni distintivi della loro corporazione. Tali simboli il massone dovrebbe portarli con se in tempio, e soprattutto imprimerseli netti nella mente e nel cuore anche se questo oggi non è più materialmente possibile (per ovvi motivi).

Ma questa idea che è andata fissandosi sulla foggia o meglio sul colore dell’abito, non è altro che un aspetto distorto della necessità di presentarsi effettivamente purificati; il che si tradurrà, come si è visto per il tempio, in un’accurata pulizia della persona e dei vestiti, i quali, non potendo assumere la foggia adeguata alla forma artigianale massonica nel mondo profano moderno, dovranno assumere un aspetto il più ordinato possibile, lontano da ogni eccentricità della moda, rispecchiando uno sforzo di ordine ed armonia fin dall’elemento corporeo, in giusto equilibrio con se stessi e soprattutto segno di una ricerca di purificazione profonda conseguente all’assunzione di un punto di vista tradizionale.

Dopo aver esaminato il vestito, esaminiamo Ora un altro indumento che viene raccomandato: la cravatta, considerata un complemento necessario del vestito. Essa suggerisce un’idea di centralità così come, del resto, anche il grembiule: mi pare che alludano alla copertura di tutto il tronco del corpo, dalla parte più alta a quella più bassa; il loro punto di giunzione si trova approssimativamente all’altezza dell’ombelico, che in grado d’apprendista è ricoperto dalla “bavetta” rialzata del grembiule, quasi a volersi ricollegare con continuità all’indumento superiore; è anche in sua corrispondenza che viene a cadere il nodo che stringe il grembiule.

Questa è la zona del corpo che separa la parte inferiore da quella superiore. Dopo la discesa agli inferi, fatta dall’apprendista, muto di necessità di fronte a ciò che gli è inintelligibile, e “tutto” (il tronco) coperto, e protetto, possiamo invece intravedere la nuova e diversa mansione e situazione del compagno d’arte, il cui ombelico viene ad essere scoperto, essendo egli un operaio già sufficientemente esperto.

Possiamo scorgere nell’abbigliamento del massone un disegno verticale, in cui si collocano due nodi, uno alla gola, (della cravatta), e uno all’ombelico, (del grembiule).

E dei legami e nodi dovrebbero stringere e decorare la teorica candida veste dell’iniziato, nella sua semplicità primitiva. Tale veste avvolge con i suoi elementi costitutivi l’essere, separandolo e unendolo allo stesso tempo dal mondo esteriore, con un legame sacro, un “nodo d’amore” che ricorda il cordone ombelicale, l’inizio della vita.

Tavola del Fr.’.A. Bgg,  )

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