HIRAM – ALLA LUCE DELL’ONOMASTICA ANTICA

Hiram

alla luce dell’onomastica antica

Tutta la serie delle leggende di Hiram è massonica, non storica.

La Massoneria ha attinto a quel poco che si sa di Hiram dalla Bibbia, promuovendolo da espertissimo fabbro ed artigiano ad architetto del Tempio di Salomone. A questo Tempio, così importante per la storia degli Ebrei e di conseguenza di tutta la civiltà ebraico-cristiana, ci si è rifatti partendo dal concetto che siamo Massoni, cioè Macons, muratori, atti a costruire principalmente il nostro tempio interiore.

Nella Bibbia troviamo due Hiram: il sovrano di Tiro ed un suo suddito, un mezzo-fenicio mezzo-ebreo, inviato a Gerusalemme a creare meraviglie per il Tempio di Salomone. Si tratta certamente di una omonimia strana, che vorrei tentare di giustificare analizzando le attestazioni del nome del nostro “eroe massonico”.

Noi scriviamo Hiram e spesso pronunciamo Iram, come se la H non esistesse, ma non è così. La “H” qui è un’importante consonante che veniva pronunciata alla stregua delle altre, e si sentiva, eccome. Era come una specie di raschio nella gola, così come noi ora diciamo Bach. Per rendere evidente questo suono, tra le varie maniere di evidenziarlo adotto qui il gruppo CH. Dunque, sarebbe meglio scrivere Chiram. E questo vale sia per il sovrano che per l’architetto, che hanno lo stesso nome, ma solo in un punto della Bibbia.

Che significa questo nome? Tra vari tentativi di interpretazione sono propenso ad accettare, pur non rinnegando completamente le altre, l’ipotesi che il nome venga inteso come (A)chiram. Achi- significa “mio fratello” ed indica, in questo caso, che questo re non era il primogenito. Dunque era stato dato al primogenito il compito di conferire il nome al proprio fratello, cioè a un cadetto. Evidentemente questo primogenito era morto, e la regalità era stata quindi assunta da un cadetto, che presumibilmente era il secondogenito, cioè Chiram. Il secondo elemento del nome, –ram, può essere interpretato in due modi: o alla “akkadica” (e sarebbe il verbo “amare”), o alla “amorrea” (e sarebbe esaltare”), proprio come il nome del Patriarca Abramo, che in una delle sue interpretazioni (Abi-ram) ha la medesima conformazione, solo che invece di “mio fratello” (achi), ha “mio padre” (abi). La perdita della A iniziale di achum, “fratello”, è certamente inusuale, ma non sarebbe l’unico caso. Per esempio, tra i nomi personali dello stato di Ešnunna (archivio di Iluni) abbiamo un Chi-waqartum da leggere indubbiamente <A>chi-waqartum.  Si tratta di Chiram I, che regnò secondo Giuseppe Flavioantica Ora viene l’enigma, che sorge dal fatto che il sovrano di Tiro si chiama come il nostro “eroe massonico”. Come mai? Ne tento una spiegazione, che mi viene più facile alla luce della suddetta interpretazione. In 1Re 7,14 i due nomi corrispondono. Il nome è scritto CH + I + R + M 8 (con la vocalizzazione CHi + I + Ra + M) = Chiram.

Ma in Cron. ,13 il nome dell’architettosuona come Huram abi; cioè, con le vocali aggiunte: CH + U + Ra + M (+) ’a + B + I. Non desterebbe preoccupazione questa variante Huram: in quelle linguele vocali sono ballerine, in principio non erano scritte e nelle incertezze venivano anche scritte sbagliate. Tuttavia, queste vocali qui sono lunghe, erano dunque scritte fin dall’inizio, prima ancora della vocalizzazione, e dunque la preoccupazione resta. Ma potrebbe essere una semplice variante: achu, “il fratello”, invece di achi, “mio fratello”. E quello abi?

Il termine significa “padre mio”, sicché molte Bibbie, su suggerimento della Volgata, hanno tradotto “padre mio” con riferimento all’omonimo sovrano di Tiro, che lo cita in un discorso fatto a Salomone (“ti mando Chiram, mio padre”). In altre parole, il nostro Chiram sarebbe stato il padre (pater meus) del re Chiram.Assurdo, perché il nostro artigiano figura figlio di una vedova della tribù ebrea di Neftali (Re) o di una donna della tribù di Dan (Cron.) e di un anonimo “uomo di Tiro”, non del sovrano. Dunque? Credo che la spiegazione vada ricercata nel fatto che le Cronache sono state composte anche con lo scopo di aggiungere, precisare, magari anche correggere quanto scritto nel Libro dei Re. E qui credo che si sia voluto specificare che il nostro personaggio, che aveva un antroponimo abbreviato, si chiamasse, in effetti, Chiram-abi. Cioè: “(Il re) Chiram (è) mio padre”. Dunque abi non era un appellativo di Chiram, ma faceva parte del suo stesso nome. Dobbiamo allora capovolgere la parentela, e pensare che Chiram non era il padre, ma il figlio del re? Per niente. La parola abu, “padre”, aveva a quei tempi una vasta gamma di significati. Significa anche “esperto di qualcosa” (anche nell’arabo di oggi: difatti, in Iraq, anche se io non sono l’Assiriologo, ma l’abu tabljet, cioè “Il padre delle tavolette [cuneiformi]”). Altro esempio: in infiniti documenti, in Mesopotamia, comprese le colonie assire in Cappadocia, il mittente scrive al destinatario, con un frasario di rispetto e magari di sudditanza: “abi atta achi atta”: cioè “tu sei mio padre, tu sei mio fratello”. Anche in questo nome dobbiamo leggere dunque questo significato: “(Il re) Chiram è mio superiore” o sim., con una venatura di sudditanza affettiva: in Mesopotamia tanti nomi suonano così: “Il dio Taldeitali (è) mio padre”. Può anche succedere, come qui, che invece del nome del dio ci sia quello del sovrano: si tratta di nomi chiamati “Beamtennamen”. Ved. p.es. in Mesopotamia l’antroponimo Chammurapi-lu-dari: “Il re Chammurapi (che chiamiamo, sbagliando, Hammurabi) sia eterno”. Dunque in Cronache l’antroponimo è riportato completo, non abbreviato con il solo nome del sovrano, come in Re. Probabilmente, questo nome (“Chiram (è) mio padre”) era stato assunto dal momento in cui il nostro artigiano entrò al servizio del sovrano Chiram. In Cron. 4,16, il nome è invece riportato con una variante: Churam-abiu. C’è alla fine quella lettera W, per alcuni dubbia, ma che effettivamente figura nella Bibbia ebraica (Huram +’a+B+I+U). Ho una spiegazione che mi sembra convincente: si tratta anche qui di una variante del nome (come sopra: semplice Nominativo invece di 1a persona singolare). Invece di abi (“mio padre”) è scritto, sia pure irregolarmente abiu, per abu “padre”). Dunque tre varianti bibliche del nome del nostro “architetto” Chiram: (A)chi-ram; “Mio fratello è esaltato/amato [nome abbreviato nel caso dell’artigiano, ma non del re] (A)chu-ram-abi: “(Il re) Ahu-ram (è) mio padre” (A)chu-ram-abu: “(Il re) Achu-ram (è mio) padre” Credo che in tal modo le varianti bibliche del nome possano trovare una logica spiegazione. Certamente l’abbreviazione iniziale del nome, che presupporrebbe una [A] che non esiste ma che è indispensabile per leggere Achi-, può costituire un problema. Ma, abbiamo visto, non è un ἅπαξ (apax). Inoltre, mi limito a prendere come esempio un altro nome fenicio, ugualmente portato da un re di Tiro (887-856 a.C.): Itto-ba’al, nome che si ritrova, anch’esso abbreviato all’inizio, nel biblico Tubal-cain (Gen. 4, 22), tra l’altro parola massonica. È molto interessante il fatto che sia attestato, così abbreviato, anche nei documenti assiri: Tu-Ba’il = Tu- Ba’al. Come si vede, questo nome reca nella seconda parte del nome un appellativo che va separato.

Nella Bibbia è citato anche Tubal (=Itto-Ba’al), ma figura come popolo, nazione; se non c’è stata confusione con Tabal (paese dell’Asia Minore) è possibile che il nome di un re di Tiro sia stato confuso con la nazione stessa. Non per niente Tubal figura tra le nazioni che commerciavano, appunto, con Tiro (Ezech. 27,13)

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