LE DUE (PRESUNTE) ANIME DELLA MASSONERIA

LE DUE (PRESUNTE) ANIME DELLA MASSONERIA

Marco Rocchi

Alla domanda “Che cos’è la Massoneria?” la risposta canonica prevede che essa venga definita come una società iniziatica tradizionale. Tuttavia, molto frequentemente, la Libera Muratoria è indicata anche come una scuola di pensiero, ovvero come una scuola filosofica. E, tuttavia, se si accetta questa seconda definizione, occorre però precisare che la Massoneria non può essere accomunata alle altre scuole filosofiche: l’Accademia di Platone, il Liceo di Aristotele o il Giardino di Epicuro. Manca alla Massoneria un corpus dottrinario (sebbene non manchino testi di riferimento), manca il riconoscimento univoco nel pensiero di un Maestro (sebbene, ovviamente, di Maestri ve ne siano stati). Prova ne sia che la Massoneria ha accettato, nel corso degli ultimi tre secoli, un po’ tutte le nuove tendenze filosofiche che si sono via via avvicendate sullo scenario culturale: dal newtonianesimo all’illuminismo, dal romanticismo all’idealismo, dal positivismo alle tendenze filosofiche più recenti. Tutto questo è stato possibile proprio grazie all’assenza di un pensiero unico; la Massoneria è dunque certamente scuola di pensiero, ma solo nel senso che essa fornisce metodi e valori di riferimento che possono poi venire declinati secondo le più variegate posizioni filosofiche.

Lo si riconosce molto bene, specialmente quando si affrontino temi di filosofia politica: solo così si può comprendere come, ad ornare le colonne dei templi massonici, siano passati esponenti monarchici e anarchici, liberali e socialisti, e persino fascisti e comunisti (sebbene, in questi ultimi due casi, esclusivamente esponenti della prima ora, e – riguardo ai fascisti – prevalentemente affiliati non al Grande Oriente, ma alla Gran Loggia d’Italia).

Dunque, tutto quello che la Massoneria può fornire in quanto scuola filosofica sono alcuni principi basilari e dei metodi. E, infine, delle domande: ma sono le stesse questioni che l’Uomo si pone da sempre, tanto che qualche autore ha avuto la feliceintuizione di affermare che “la Massoneria è la filosofia”, perché si pone – e pone all’Uomo – le stesse domande fondamentali di questa.

I principi basilari sono quelli del trinomio “libertà – uguaglianza – fratellanza”, principi che sono indubitabilmente implicati in un ragionamento di filosofia politica, declinabile in molte differenti posizioni, come si è detto, anche antitetiche. Perché libertà e uguaglianza sono principi che confliggono tra loro, e ogni sistema politico è in definitiva caratterizzato dal porre il baricentro più verso la libertà o più verso l’uguaglianza (e la fratellanza rappresenta la risoluzione di tale conflitto, il tentativo di risolvere l’antinomia tra libertà e uguaglianza su base autonoma, quindi di coscienza, e non per imposizione eteronoma, quindi di legge). A questi principi si aggiunge la tolleranza, sebbene spesso malamente interpretata come sopportazione, cristiana rassegnazione o banale riconoscimento della altrui libertà di espressione. La tolleranza massonica è ben altro. Essa è – come suggerisce l’etimo dal latino tollere, cioè farsi carico, prendere su di sé – la capacità di farsi carico dell’altrui punto di vista, di vedere il mondo dalla prospettiva e con le lenti deformanti dell’altro (lenti che peraltro indossiamo tutti, temperate dalla nostra cultura, dal nostro vissuto, dalla nostra personale sensibilità): con lo straordinario duplice risultato di smussare i conflitti e di arricchire il proprio punto di vista sulla realtà. È abbastanza ovvio che la tolleranza trovi il suo nutrimento nel dubbio; anche in questo caso, però, si tratta di un dubbio più ampio di quello pervasivo dello scettico che mette in discussione ogni cosa. Il dubbio massonico invita il libero muratore a mettere in dubbio prima di tutto se stesso. Se male interpretato, dunque, il dubbio rischia di diventare una sterile tendenza a spaccare il capello in quattro, a porre infiniti distinguo, a cercare più ciò che divide rispetto a ciò che unisce.

Quanto ai metodi – in aggiunta alla tolleranza e al dubbio – la Massoneria offre una via esoterica che si sviluppa attraverso una riflessione su simboli, riti e miti. Si tratta di simboli (sui quali si sono poi innestati, in una composizione sincretica, quelli di altre tradizioni iniziatiche quali alchimia, qabbala, pitagorismo, gnosticismo, templarismo, ermetismo rinascimentale, rosacrocianesimo, per arrivare perfino – nella tradizione anglosassone –al druidismo) della tradizione muratoria: squadra, compasso, scalpello, livella, filo a piombo, archipenzolo, cazzuola e maglietto. Simbolicamente, la pietra-uomo deve essere sgrossata e levigata per andare a costruire, posta accanto ad altre pietre levigate, il tempio di una Umanità nuova, ove il lavoro del singolo perde importanza rispetto al risultato complessivo.

Il lavoro dell’apprendista, chiamato a sgrossare la pietra, e quindi se stesso, è un lavoro segnato dal proprio perfezionamento interiore. Il lavoro del compagno d’arte (sotto la guida dei Maestri) è collettivo, teso ad armonizzare il lavoro personale dei fratelli: esso non può fermarsi ad un livello personale ed interiore (che pure non deve mai venire meno) ma contribuire al cambiamento concreto della società. Questo spiega l’apparente discrasia tra le due (presunte) anime della Massoneria, che invece rappresentano solo due momenti del lavoro di costruzione dell’Uomo nuovo (come singolo e come società) e sono tra loro conciliabili e complementari. Così, la nostra istituzione può – a un primo impatto – generare nell’iniziato un certo disorientamento: come è possibile conciliare, nell’ambito del pensiero liberomuratorio, un’anima esoterica (ma forse sarebbe meglio dire ermetica, figlia delle più diverse tradizioni iniziatiche, riunite sotto il comune mantello del sincretismo massonico) con un’anima razionalista (figlia della tradizione illuminista, dei lumi della ragione che hanno spazzato via le tenebre dell’oscurantismo medievale e moderno)? Lino Sacchi parla di “fratelli che guardano alla terra” per indicare i massoni più orientati al razionalismo e di “fratelli che guardano al cielo” per indicare quelli maggiormente rivolti alla spiritualità, quella spiritualità che attinge alla parte più esoterica della istituzione.

Ma è una definizione che ben si adatta a cogliere  anche il senso dell’impegno che i primi profondono nell’attività rivolta al civile e al sociale e i secondi principalmente nello sviluppo di una spiritualità personale, nel miglioramento di se stessi (“per il proprio perfezionamento interiore”). In certi momenti della Storia – soprattutto nei momenti di difficoltà, di cambiamento – pare prevalere la parte più razionalità  e più impegnata nel sociale. Ma anche in queste fasi il fuoco della parte più esoterica ed ermetica ha sempre continuato ad ardere, seppure talvolta occultata come una fiaccola sotto il moggio, pronta a riemergere ciclicamente come un fiume carsico.

O, per usare un’altra immagine, la Massoneria è come un iceberg in cui la massa posta sotto la superficie dell’acqua è la sua parte esoterica, mentre – quando il momento storico lo reclama – quella parte essoterica di impegno civile e politico si rende visibile in superficie e passa nei libri di Storia. Solo così si può comprendere perché i Padri della Patria di mezzo mondo sono Massoni (Giuseppe Garibaldi in Italia, George Washington negli Stati Uniti, Simon Bolivar in America latina, se citassimo solo i più noti; ma poi anche Josè Rizal nelle Filippine, Abd El Kader in Algeria, Pandit Nehru in India, Giovanni Antonio da Capodistria in Grecia, e così via).

Ma si tratta quindi davvero di due anime inconciliabili? Sonodue anime così diverse che al prevalere dell’una l’altra necessariamente soccombe? O non è invece ipotizzabile che il sincretismo, la possibilità di giungere alla Verità per molte differenti vie, che è la cifra caratteristica della Massoneria, debba accogliere nel suo abbraccio sapiente il razionalismo di matrice illuministica insieme con la tradizione magica, alchemica e cabalistica?

Non è possibile che nelle nostre Logge il ruolo dei fratelli più dediti agli studi esoterici debba essere quello di “limitare” l’eccesso di razionalismo dei fratelli di più netta ispirazione illuminista? E che un ruolo esattamente speculare debba essere assegnato ai secondi nel “limitare” la talvolta eccessiva mancanza di razionalismo dei primi? E se i primi guardano al cielo e i secondi alla terra, forse il ruolo della Massoneria deve essere proprio quello di annodare i fili che scendono dal cielo con quelli posati a terra, quello di armonizzare il bianco e il nero del pavimento a mosaico, che dal dualismo trae la sua armonia (così ben rappresentata dal rapporto aureo in cui stanno – o dovrebbero stare – i due lati del pavimento a scacchi). Elémire Zolla, che della tradizione iniziatica aveva fatto l’oggetto dei suoi studi, usava una espressione molto suggestiva per indicare gli uomini che non avevano abbandonato la parte più spirituale, che non si erano lasciati irretire (a suo modo di vedere) dal razionalismo: li chiamava “i pochi non sfiorati dall’ala fredda dell’illuminismo”. Mi piace prendere spunto da questa immagine: per spiccare il volo dobbiamo avere due ali, una è l’ala fredda dell’illuminismo che si nutre di razionalità, mentre l’altra è quella spirituale che si alimenta dell’esoterismo e della tradizione iniziatica. E perché il volo sia sicuro, per mantenere la rotta – che è quella condivisa, della ricerca dell’Uomo nuovo – occorrono due ali ugualmente robuste e sviluppate, senza squilibri che rendano il volo instabile. Quello di bilanciare queste due ali è forse un compito troppo arduo per un singolo individuo, ma assolutamente realizzabile – e a mio avviso doveroso – entro l’unità della Loggia. Ecco quindi che la presunta doppia anima della Massoneria può essere interpretata attraverso due differenti ermeneutiche. La prima è quella di una diversa declinazione filosofica entro una scuola di pensiero che offre un metodo (quello proprio della Libera Muratoria), ma non impone pensieri dogmatici.

L’altra è quella di due differenti fasi del lavoro massonico, quella rivolta su di sé e quella rivolta al miglioramento della società. L’una senza l’altra rende vano il lavoro liberomuratorio, e produce frutti sterili: tanto quello della massoneria tutta spirituale, talvolta con derive irrazionaliste ed occultiste, quanto quello della Massoneria esclusivamente filantropica, poco più di un club service suggestivo, agghindato con grembiuli e  guanti bianchi.

TRATTO DALLA RIVISTA “HIRAM” 2018/2

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