MASSONERIA E RELIGIONE

Dossier

Spiritualità senza religione

Come conciliare l’antidogmatismo massonico, la libertà del dubbio, il rifiuto di verità assolute con il concetto di Grande Architetto dell’Universo, uno dei capisaldi del nostro Ordine? Le seguenti riflessioni cercheranno di mostrare come la categoria del GADU non sia in contraddizione con i principali valori della Libera Muratoria.

In un documento del 1985 approvato dalla Gran Loggia di Inghilterra, intitolato Massoneria e religione, si afferma: «La massoneria non è una religione, né un sostituto della religione. Essa richiede ai suoi adepti di credere in un Essere Supremo del quale, tuttavia, non offre una dottrina di fede. La Massoneria è aperta agli uomini di tutte le fedi religiose. Nei lavori di Loggia è vietato discutere di religione.» Questo passaggio potrebbe, a prima vista, sembrare contraddittorio. Da una parte si specifica che la Libera Muratoria non è una religione, ma allo stesso tempo si sostiene e si richiede che i suoi adepti credano in un Essere Supremo. In realtà alcune puntualizzazioni di carattere logico e filosofico permettono di rendersi agevolmente conto che non sussiste alcuna aporia interna nel summenzionato passaggio.

La Massoneria è aperta agli uomini di tutte le fedi religiose.

Le critiche alla metafisica

Nel XVIII° secolo l’Illuminismo aveva spesso criticato le religioni secolari tacciandole di pura e semplice superstizione. Esso esaltava la ragione – ma non quella metafisica tipica del medioevo, bensì quella uscita trionfale dalla Rivoluzione scientifica e cioè una ragione limitata e controllata dall’esperienza. Benché il nostro Ordine sia in molti punti in sintonia con il pensiero illuminista, esso non si è mai spinto a simili attacchi. Anche per Kant la metafisica non è possibile come scienza. La ragione possiede principi indipendenti dall’esperienza; questi principi, di per sé semplicemente formali, danno luogo a conoscenza obbiettiva solo quando ricevono un contenuto dalla materia dell’intuizione sensibile; la conoscenza obbiettiva così ottenuta è sempre conoscenza di fenomeni e non di cose in sé; quando la ragione, sotto la spinta del bisogno metafisico, estende l’uso dei principi a priori al di là del dato dell’ esperienza, fallisce ogni tentativo di conoscenza obbiettiva. La conclusione finale della critica è dunque: esiste un mondo di cose in sé al di là del mondo dei fenomeni, ma esso è inattingibile dalla conoscenza umana; la metafisica come scienza non è possibile. Anche il padre del positivismo, Auguste Comte, considerava la religione e la metafisica come degli stadi preparatori e senz’altro inferiori a quello maturo della scienza basata sui fatti. Lo stadio teologico e quello metafisico rappresentavano ai suoi occhi rispettivamente lo stadio della fanciullezza, dominato dall’immaginazione fantastica e quello adolescenziale, ancorato a speculazioni metafisiche, lontane dai fatti e dalle sperimentazioni. Tra le due guerre un movimento filosofico particolarmente agguerrito contro la metafisica – il neopositivismo logico o empirismo logico – sosteneva non solo che la metafisica era inconcludente e intrisa di errori, ma che essa addirittura non avesse senso. Ebbene tale movimento filosofico non seppe respingere critiche circostanziate che minavano le sue fondamenta. Karl Popper presentò una serie di obiezioni al principio di verificazione, al metodo induttivo, alla demarcazione tra proposizioni dotate di senso e sprovviste di significato. D’altra parte Willard Van Orman Quine evidenziò i «due dogmi dell’empirismo» e cioè il riduzionismo e la separazione tra proposizioni sintetiche ed analitiche. Da queste devastanti obiezioni il neopositivismo non si risollevò più e oggi tale corrente filosofica riveste un valore più che altro di tipo storico. Con l’eclissi del «Circolo di Vienna» e dei suoi seguaci, la metafisica riprese legittimità e fiducia nei suoi mezzi.

Uno spazio concettuale per la trascendenza

Dopo essere riusciti a difendere la metafisica dagli innumerevoli attacchi che periodicamente si sono ripetuti nel coso dei secoli, i filosofi si trovarono di fronte al problema di saper come edificare discorsi in grado di acquisire autentica conoscenza in tale campo. L’impresa apparve subito estremamente difficile. Le differenti teologie continuarono ad argomentare in difesa dei loro valori ma partendo tutte da principi dogmatici. Diverse e pur interessantissime dottrine metafisiche finirono per trasformarsi in pericolose ideologie onnicomprensive. La Massoneria ha saputo invece restare prudente e lungimirante a proposito di questo spazio concettuale nuovamente disponibile. Essa lo ha sempre considerato legittimo ed in effetti essa ha sempre manifestato un profondo rispetto per le molteplici religioni esistenti. Ogni Massone può interpretare il GADU come meglio crede ma non può imporre a nessuno la sua particolare interpretazione.

Considerando la trascendenza un campo di possibilità indeterminato ha potuto preservare alcuni valori per lei non negoziabili come la tolleranza, il dubbio, il libero pensiero. Il simbolismo di cui essa si serve risulta uno strumento che ben si adatta a questo spazio aperto, indeterminato e libero; esso evoca principi etici che non urtano nessuna religione. Ogni Massone meditando sui simboli gode di un ampio spettro di possibilità di lettura per cui non viene costretto ad accettare passivamente verità assolute. Come si vede la Libera Muratoria, pur sottolineando l’estraneità a qualsiasi religione, non permette di arroccarsi su posizioni immanentistiche che spesso scivolano facilmente nell’ateismo materialista. Una tale tentazione può sembrare quasi spontanea ma non resiste ad una rigorosa ed oggettiva analisi dei documenti ufficiali della Massoneria. L’affermazione che essa non è una religione ha favorito l’equivoco di vederla come una concezione dell’uomo sostanzialmente atea e materialista. Non è un caso se il Grande Oriente di Francia ad un certo punto aveva eliminato dai propri rituali la formula del GADU. Come abbiamo visto tuttavia la dichiarazione che la Massoneria non è una religione non implica in alcun modo che essa debba tradursi nella negazione della trascendenza ed in ultima analisi del GADU.

TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’. D. B.

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