X MARZO

X MARZO

Perchè una commemorazione dei defunti? Perchè in questa datar Quale può essere il suo significato, in termini operativi?

Commemoriamo Coloro che non sono più in queste valli non solo per la necessità che abbiamo di evocare le opere Loro ad insegnamento e stimolo nostro, ma per ricercare nella Loro storia, ch’è la nostra, i motivi eterni del divenire universale, per ricercare nel bene e nel male, nell’Uomo e nel Divino, che in esso si manifesta, l’essenza medesima dell’essere nostro.

Sarebbe sterile una elencazione di vicende, una rassegna di volti, pur illustri, se dal passato non traessimo indicazioni utili alla ricerca della verità.

Proprio quando, come in quest’epoca, i valori paiono trasformati, sconvolti e sovvertiti, dobbiamo ricercarli nella storia dell’Umanità, per riaffermarli, quali validi e necessari per il futuro. Il che non osta, ma pro­muove il progresso, che è esso stesso un elemento costante, un valore eterno della storia.

Dal sorgere della civiltà alla liberazione degli schiavi, dall’illuminismo al risorgimento, da questo alla resistenza e sino a noi, abbiamo avuto esempi fulgidi di sacrifici, di abnegazione, di eroismi, di glorie, storie di passioni e di lotte, di tolleranze e di incomprensioni, ma da tutto ciò non trarremmo giovamento se non cogliessimo l’essenziale spirito che animò quegli uomini, quelle vicende, quelle epoche.

Ebbene, se prescindendo da analisi particolari, ricerchiamo la sintesi del passato, la ritroviamo nella eterna guerra tra libertà ed oppressione.

In quella battaglia, la libertà, pur diversamente rivendicata sotto di­verse bandiere, ha avuto un solo sostegno, lo spirito dell’Uomo, che in essa ritrova la propria unità, in essa ritrova la causa e lo scopo della pro­pria esistenza.

Non avrebbe senso occuparsi di problemi sociali, giuridici, politici, religiosi, se non avessimo la convinzione intima (e che sentiamo comune a tutti gli uomini) di operare per una religione universale, che ispira fede

e dà forza ai deboli, sostiene a resistere ed a proseguire tra le difficoltà, le remore, le delusioni.

Ma perchè, se quello spirito è comune a tutti, esistono ancora gli oppressori, perchè le guerre, perchè i periodi bui, perchè gli sconvolgi­menti, perchè i periodi di decadenza?

Perchè molti fanno della libertà licenza ed arbitrio, soltanto perchè credono di poter impunemente vivere la propria, singola libertà senza la tolleranza.

Essa non è una regola giuridica, ma un principio morale.

Le persecuzioni e gli arbitri costituiscono male anche per i persecu­tori, perchè creano attorno a loro l’ipocrisia e l’inganno.

Non è però sufficiente enunciare il principio per cui « occorre che tutti lavorino e si rispettino per determinare il bene generale », occorre con il proprio lavoro, con la propria azione, con la propria parola operare perchè il rispetto e la tolleranza divengano esigenze degli individui e dei popoli.

Questa è certamente opera della Massoneria, che al di là delle razze, delle lingue, delle religioni, dei dogmi, richiama gli uomini al loro prin­cipio comune, che pur è divino (senza essere dogmatico), perchè trascende i singoli, perchè capace di stringere in un affiato fraterno, in un mes­saggio eterno, esseri che sarebbero altrimenti spaventosamente soli di fronte all’infinito, di fronte ad una verità assoluta che sfugge alla intelli­genza dell’Uomo, ma di cui esso coglie i riflessi quanto più riesce a libe­rarsi dalle proprie ed apparenti singole verità per affermare quelle che ri­trova comuni in tutti gli uomini.

Basterebbe ciò per sentirci vicini a tutti Coloro che sono passati da queste alle Valli Celesti: Essi, in quanto abbiano colto, anche per un attimo, la verità che noi ricerchiamo, sono ancora iniziaticamente con noi

nella catena d’unione, con la quale ci sosteniamo l’un altro nell’affanno di una ricerca.

Ricerchiamo i mezzi idonei per modificare le società in cui viviamo, sino a renderle omogenee, nella libertà, nella tolleranza, nella giustizia, sino a creare una sola, grande società umana, in cui le lingue potranno anche essere distinte, ma unici i contenuti, unico l’impegno per un lavoro di tutti a fini comuni.

Ecco perchè mai vi fu Massoneria di un sol uomo; non può esistere, poichè quando si limitano i confini del nostro impegno sociale, in quel momento si rinuncia non tanto al nome, quanto alla qualifica di Massone.

E la catena d’unione delle nostre celebrazioni dei defunti per un atti­mo si interrompe non perchè Essi non partecipino più del nostro impe­gno, ma solo perchè a quell’impegno partecipano in modo diverso, trasfe­rendo in noi, con un diverso linguaggio, ch’è quello della storia, l’impulso del dovere verso i consociati.

Ed ecco il « DOVERE », di cui fu apostolo Colui che il 10 marzo 1872 passò all’Oriente Eterno.

Ecco perchè il 10 marzo è il giorno in cui ricordiamo i defunti: non per l’omaggio ad un uomo, uguale ad ogni altro, dal più umile al più sapiente, dal più buono al più malvagio, in ordine alla responsabilità di ciascuno verso la Società, bensì perché nei doveri verso noi stessi, la Patria e l’Umanità, riconosciamo gli scopi della esistenza e nel loro adem­pimento la più virile e civile celebrazione di Coloro che passarono alle Valli Celesti e che ritroviamo a fianco a noi nella già spezzata catena d’unione.

TAVOLA SCOLPITA DAL FR.’. REZO BRUNETTI


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