IPOTESI SU DIO

Ipotesi su Dio
Autore: Anonimo

Prima di concludere questo lavoro, vorrei rendervi partecipi di una conclusione cui sono arrivato interpretando i discorsi di Sai Baba in chiave psicoanalitica. In pratica, siccome la psicoanalisi dice che l’inconscio dell’uomo appartiene al Reale e dato che il Reale secondo i credenti è Dio, se ne potrebbe dedurre che l’inconscio dell’uomo altri non sia che Dio stesso, oppure che Dio controlli l’inconscio dell’uomo. In questo modo, il libero arbitrio dell’uomo, così ampiamente sbandierato da più parti, diventa quanto meno discutibile, perché i suoi stessi pensieri, se non totalmente originati dall’inconscio, sono comunque costantemente condizionati dal suo influsso. Nel “Gioco Autentico” avevamo già detto che l’Io Reale dell’uomo è Dio, però non avevamo fatto questa semplice associazione, con la quale, visto che l’Io Reale è inconscio, allora, anche Dio è inconscio, oppure, che Dio è anche nell’inconscio (visto che è dappertutto). Già solo questa premessa spiegherebbe il perché, alla domanda: “Dove sta Dio?”, i cattolici e gli hindù rispondano in maniera differente, infatti, i primi, per indicare la residenza di Dio, puntano il dito indice verso il cielo; i secondi, invece, lo rivolgono verso sé stessi, nella regione del cuore. Comunque, proviamo a vedere se nell’affermazione, “La dimora di Dio è l’inconscio dell’uomo”, ci sia almeno un minimo di fondamento logico.   Sai Baba dice che l’Io Reale dell’uomo altri non è che Dio stesso e nel Gioco Autentico, utilizzando le teorie psicoanalitiche freudiane e lacaniane, eravamo arrivati a capire che l’ipotesi era tutt’altro che inverosimile; infatti, in quel contesto avevamo dedotto che, se consideriamo Dio come “il Tutto, preso nella Sua totalità e contemporaneità”, ne viene fuori che l’universo intero, non è altro che una Sua creazione immaginaria (le forme) e simbolica (i nomi), una produzione che si sviluppa e si dispiega secondo una logica di Gioco. Dunque, nel suo insieme, la vita non sarebbe altro che un gioco organizzato da Dio, con dei partecipanti, delle Regole, dei Ruoli e dei risultati conclusivi. Ora però, guardando la stessa cosa da un punto di vista psicologico, potremmo aggiungere che, se Dio nella sua interezza è un unico “Io”, per creare “i partecipanti” nel contesto del Gioco della Vita, Egli si deve moltiplicare in innumerevoli “Io”; perciò, visto che Dio è “l’Io Reale” da cui scaturiscono tutti i partecipanti, se ne deduce che ogni individuo è portatore di un frammento di quell’unico “Io Reale” che è Dio; oppure, viceversa, che l’insieme degli “Io individuali” fanno un unico “Io” (il Brahman, Dio), proprio come l’insieme delle cellule, viventi ed apparentemente autonome, formano l’unico “Io” dell’individuo.   Detto questo possiamo aggiungere un’altra cosa: se viene accettato da tutti gli psicoanalisti che l’inconscio appartiene al Reale, e che esso tende a manifestare la sua presenza con i sintomi più svariati (tra i quali ricordiamo i lapsus, gli atti mancati, i sogni ecc.) e se noi accettiamo l’idea che Dio è il Reale unico (il Tutto preso nella sua contemporaneità), allora, potremmo dedurre che l’Uno (Dio) ha a disposizione l’inconscio di ciascuno (l’Io Reale individuato) e lo può gestire a piacimento. Capisco che può sembrare un’affermazione folle (ma lo stesso Freud fu considerato un pazzo quando parlò dell’inconscio la prima volta), però, seguitemi con pazienza ancora un po’ e poi traete le vostre conclusioni. Se proviamo ad osservare la fisiologia del organismo, ci rendiamo conto che la stragrande maggioranza delle nostre funzioni sono inconsce ma, soprattutto, autonome (il respiro, il battito cardiaco, la digestione ecc.); infatti, i fisiologi distinguono il sistema nervoso in due componenti: un sistema nervoso centrale nel quale interviene la nostra volontà (anche se solo in parte) ed un sistema nervoso autonomo, che funziona da solo e che noi non comandiamo, se non in misura modestissima, per quanti sforzi facciamo. A grandi linee, il sistema nervoso autonomo gestisce tutti quegli apparati che hanno un’importanza vitale (come appunto, la circolazione sanguigna, la respirazione ecc.), però, ed è questa la nota curiosa, non ha un potere assoluto, in quanto, con la volontà è possibile anche superare i limiti imposti da quel “principio vitale” che protegge la vita a tutti i costi; ne sono un esempio evidente i suicidi: se “l’istinto di sopravvivenza” fosse totalmente predominante, non succederebbero. Quindi, il Reale, o se volete la Natura, governa il nostro organismo, ma non completamente, perché anche noi ne comandiamo una parte: cioè, abbiamo quello che si dice “il libero arbitrio”, che ci permette di orientarci in una direzione anziché in un’altra; ma, come detto più sopra, è ancora tutto da vedere se esista veramente! Comunque, per capire il funzionamento dell’inconscio è sufficiente rimandare gli interessati ad approfondire la psicoanalisi; piuttosto, per fare un discorso accessibile alla maggioranza, facciamo degli esempi. Quando camminiamo, ad ogni passo effettuato, il nostro cervello elabora tutta una serie di aggiustamenti: –          per tenerci in equilibrio; –          per farci procedere in una direzione precisa, o per permetterci di cambiare strada; –          per adeguare i nostri passi al tipo di terreno che stiamo calpestando; –          per la visione fissa, senza che balli ad ogni passo, se facciamo degli scalini (quella sorta di ondeggiamento che vediamo in certe riprese fatte con telecamere portate a spalla da un operatore che cammina); –          per un mucchio di regolazioni… che riguardano il respiro, la frequenza cardiaca, la digestione, la sudorazione, la produzione di scorie, la loro eliminazione ecc. Tutto questo avviene inconsciamente, quindi, tutto è in mano all’inconscio, perché noi, che ci consideriamo i padroni dell’organismo, in quel frangente, magari abbiamo solo pensato: “Voglio andare là!”. Dunque, all’atto pratico, chi governa davvero la maggior parte delle nostre funzioni è l’inconscio o, più precisamente, il nostro “Io Reale” che gestisce tutto l’organismo.   Come detto, l’inconscio non è sotto il controllo della volontà, anche se, in qualche circostanza, essa può, non solo agire, ma anche interferire con “l’autoregolazione” dell’inconscio. L’inconscio è un po’ come un cavallo che stiamo cavalcando il quale è in grado, se gli diamo l’ordine, di trasportarci senza problemi anche in zone impervie, piene di crepacci, posti pericolosi che noi non faremmo nemmeno a piedi; però, se egli raggiunge il proprio limite di sicurezza si blocca, perché sa che c’è in gioco la vita; noi però, se volessimo, gli potremmo dare l’ordine di procedere nonostante tutto e lui lo farebbe, anche se incontra la morte. La storia ci racconta di cavalli che sono morti per soddisfare cavalieri incoscienti che pretendevano di continuare a galoppare, disinteressandosi della tenuta dei propri destrieri. La stessa cosa vale per l’uomo: un individuo che non sappia nuotare prova una naturale paura per l’acqua alta, paura che proviene dall’inconscio, il quale conosce il rischio e lo frena dal buttarsi; però, la volontà può interferire con “la normalità dell’inconscio”, infatti, se volesse, il soggetto potrebbe superare questa paura e gettarsi in acqua lo stesso, rischiando di annegare: dico “rischiando”, perché anche in quel caso l’inconscio si metterebbe in moto, fornendo degli spunti per rimanere a galla, e riuscendoci il più delle volte, specie se l’entrata in acqua è stata involontaria o dettata da altri. Molte sono le persone che dicono: “Ho imparato a nuotare (ma sarebbe meglio dire: “a galleggiare”) quando, da piccolo, mi hanno buttato nell’acqua alta”. La volontà però, può interferire ulteriormente sulle “azioni protettive” dell’inconscio, infatti, se la volontà è quella di morire, anche gli ultimi tentativi inconsci possono essere bloccati. In definitiva, questi esempi ci dicono che noi, in continuazione, interagiamo con il nostro inconscio e la nostra vita risulta equilibrata, tanto più, quanto il nostro rapporto con esso risulta armonico.   L’esempio del cavallo e del cavaliere, per spiegare l’inconscio e l’Io, è già stato usato da Freud, egli però arriva a conclusioni diverse. Per capirlo, lo cito testualmente: “Il rapporto dell’Io con l’Es potrebbe essere paragonato a quello del cavaliere con il suo cavallo. Il cavallo dà l’energia per la locomozione, il cavaliere ha il privilegio di determinare la meta, di dirigere il movimento del poderoso animale. Ma tra l’Io e l’Es si verifica troppo spesso il caso, per nulla ideale, che il cavaliere si limiti a guidare il destriero là dove quello ha già scelto di andare.” E poi aggiunge: “Com’è ovvio, l’Es non conosce né giudizi di valore, né il bene e il male, né la moralità. Il fattore economico o, se volete, quantitativo, strettamente connesso al principio di piacere, domina ivi tutti i processi. Investimenti pulsionali che esigono la scarica: a parer nostro nell’Es non c’è altro”. Come vedete, secondo Freud l’Es ha come unico scopo quello di soddisfare le proprie pulsioni. L’Io, dal canto suo, deve filtrare o frenare tali pretese in quanto è costretto a tenere conto anche della realtà del mondo esterno (nessuno può soddisfare i propri desideri come vuole) e quelle del Super-io (una struttura immaginaria, retaggio dell’educazione genitoriale e fonte inesauribile di sensi di colpa). In questo caso l’idea è di un Es paragonabile ad un mostro affamato di godimento, cieco e sordo, che non distingue il bene dal male e che obbliga l’Io a trovare mezzi di soddisfazione; e, di fronte a tutto ciò, Freud ipotizza come sbocco terapeutico la psicoanalisi, la quale dovrebbe avere la funzione: “… di rafforzare l’Io, di renderlo più indipendente dal Super-io, di ampliare il suo campo percettivo e perfezionare la sua organizzazione, così che possa annettersi nuove zone dell’Es. Dove era l’Es, deve subentrare l’Io. E’ un’opera di civiltà, come ad esempio, il prosciugamento dello Zuiderzee.” Come vi sarete accorti, in Freud la visione è quella di una battaglia tra l’Io ed il Super-io, dove egli cerca “…di rendere l’Io più indipendente”; e tra l’Io e l’Es, dove l’Io “…deve annettersi nuove zone dell’Es”; e questo ipotizzando che i contenuti del Super-io e dell’Es possano essere sostituiti da “… un’opera di civiltà, come il prosciugamento dello Zuiderzee” (opera realizzata grazie alla collaborazione tra l’Io adulto del paziente e quello dello psicoanalista). Il discorso di Freud è fondamentalmente corretto se si ipotizza un inconscio (che lui chiama Es) esclusivamente corporeo o, con problematiche esclusivamente legate alle pulsioni sessuali e di autoconservazione da lui teorizzate. Invece, se ipotizziamo l’esistenza di una componente spirituale, e lo possiamo fare visto che nell’uomo esistono dei principi, come quello dell’Etica, che trascendono il già evoluto “principio di realtà”, allora, il rapporto con l’inconscio non dovrà più essere quello di “…annettersi nuove zone dell’Es”, ma per lui sarà sufficiente capirne la natura e mettere in equilibrio le sue richieste con quelle del mondo esterno. Per capirci, è sufficiente sviluppare la metafora proposta dallo stesso Freud. Il prosciugamento dello Zuiderzee, aveva lo scopo di togliere il predominio del mare su una vasta area di terra ferma, invasa in Olanda e, di fatto, è stato uno dei maggiori sforzi compiuti dall’uomo nel novecento per controllare le forze della natura. Oggi però, sappiamo che molte delle grandi opere industriali realizzate in questo secolo (come le dighe, le autostrade, le industrie, le centrali nucleari ecc.) oltre ad aver portato tutta una serie di vantaggi economici, hanno però anche determinato numerosi squilibri nella natura e, a volte, talmente gravi che ne stiamo ancora pagando le conseguenze. Il risultato è che oggi, sempre di più, ci stiamo convincendo che la natura va lasciata il più possibile intatta, oppure, che gli interventi su di essa devono essere molto accorti. Sicuramente, Freud viveva in un periodo in cui l’avvento della tecnologia faceva pensare di poter mettere mano al mondo e di adeguarlo a piacimento, secondo la nostra volontà; oggi però, abbiamo capito che quell’idea, non solo è falsa, ma è anche dannosa all’umanità stessa. Se ne potrebbe dedurre che la “vera civiltà” sia la capacità di interagire con la Natura, di cui siamo una parte, accettandone volentieri le indicazioni, piuttosto che quella di scoprire il sistema per poterla piegare ai nostri desideri. E tutto ciò può avvenire grazie all’intelligenza, la quale è in grado di correggere i dettati dell’Es, del Super-io e della realtà circostante, non solo secondo “il principio di realtà”, ma anche secondo “i principi dell’Etica”. L’Etica è un concetto che l’uomo realizza solo grazie all’elaborazione del Simbolico; essa è una diretta manifestazione del “Principio di Verità” che struttura l’inconscio, componente questa che comunemente viene detta: “Voce della Coscienza”. Quindi, se iniziamo a pensare che l’inconscio non è solo espressione del corpo (come ipotizzava Freud, quando parlava dell’Es portatore di pulsioni sessuali e di autoconservazione), ma è anche spirituale (l’Io Reale portatore di pulsioni trascendenti) arriviamo a capire che, oltre a crearci (perché l’Io Reale crea l’Io immaginario, ossia, quello che noi crediamo di essere), ci dà anche tutta una serie di indicazioni sul come vivere in pace (è la Voce della Coscienza che, appunto, è fondata sulla Verità). Allora, se accetteremo tale presupposto esistenziale, forse, non avremo bisogno di conquistare molte regioni dell’Es, ma dovremo solo mettere in equilibrio le indicazioni dell’Inconscio con quelle del mondo che ci circonda. In questo penso ci sia la vera rivoluzione di Sai Baba, quello di aver indicato nell’inconscio un “serbatoio di saggezza” dal quale attingere per vivere bene e morire serenamente: “attingere” in maniera intelligente, usando, prima di tutto, “il principio di realtà” proposto da Freud (il suo modo per denominare l’intelligenza umana) e non sfruttando la fantasia o l’immaginazione. Dobbiamo aggiungere che, nel suddetto “serbatoio di saggezza”, ci sono le indicazioni per quello che tutti gli uomini, di qualsiasi epoca e cultura, hanno sempre chiamato: “La Via del cuore o dell’amore”; però, bisogna stare attenti, perché non è semplice seguirla e, per imparare, bisogna prima passare attraverso l’intelligenza. L’intelligenza è fondamentale, perché grazie ad essa noi arriviamo a: –          distinguere quelle che sono le pulsioni vere legate al corpo (quelle dell’Es, ossia, del nostro essere anche animali, che vogliono vivere e procreare) dai desideri immaginari o dalle costruzioni mentali (le fantasie nevrotiche o perverse); –          discriminare gli obblighi del Super Io (intransigente e persecutorio) dalle Regole comportamentali che organizzano la società in cui viviamo e ordinano le nostre relazioni personali (create con il buon senso, per farci vivere meglio insieme e non con lo scopo di farci sentire degli esseri inferiori); –          capire che oltre ad essere fatti di corpo e mente, siamo anche Spirito, ciò che sopravvive alla scomparsa del corpo e che può esprimersi secondo una logica che trascende i limiti imposti dalla nostra natura animale. Questo non vuol dire che sia sbagliato soddisfare le nostre esigenze naturali e provare piacere, dobbiamo solo accettare che tali esperienze non sono eterne (come dice Baba: “Non c’è nulla di male nel godere dei piaceri della vita, dovete solo ricordarvi che tutto ha una fine.”)   A questo punto, se saremo riusciti ad utilizzare abitualmente l’intelligenza, solo allora avremo la possibilità di trascenderla. Detto in altro modo: solo dopo aver capito di essere fondamentalmente Spirito ed, inoltre, che tutti gli altri esseri hanno la nostra stessa Natura, solo in quel caso potremo agire in maniera disinteressata e, soprattutto, con amore verso il prossimo. Personalmente diffido di quelle persone che parlano forzatamente, o in maniera ridondante, di amore: spesso, tali persone, con la scusa dell’amore ad oltranza, tendono a trattare con superficialità le Regole sociali, considerandole solo un impaccio. Di fatto, tali persone non hanno elaborato il Simbolico, perché, se è vero che i saggi hanno superato i limiti imposti dalle Regole umane (in quanto essi sono legge a sé stessi), è anche vero che loro sono i primi a rispettarle sempre e ad invitare i propri discepoli a fare lo stesso. A volte, qualcuno propone di non pensare troppo e di seguire esclusivamente il proprio intuito, ma anche qui bisogna stare attenti, perché il rischio di interpretare le proposte della fantasia come intuizioni geniali è molto alto: l’immaginazione funziona in continuazione, mentre invece le vere intuizioni sono rare o eccezionali e, per di più, non sono facilmente utilizzabili da tutti. Perciò, vista la loro sporadica comparsa e la loro scarsa maneggevolezza, non possono essere considerate uno strumento ordinario di orientamento comportamentale. In definitiva, prima ancora che con quelli del cuore o dell’amore, bisogna imparare a vedere con gli occhi dell’intelligenza; e non è facile, perché tendenzialmente, anziché usare l’intelligenza, si usa la fantasia; e quando si segue l’immaginazione per interpretare le indicazioni dell’Es, si rischia di prendere degli abbagli clamorosi.   Sicuramente molti psicoanalisti avranno arricciato il naso al sentire la parola “Voce della Coscienza”, ma, badate bene, ho usato le lettere maiuscole proprio per distinguerla dalla “voce della coscienza” che è, ovviamente, di natura super-egoica o sociale. La Voce della Coscienza ha a che fare con Dio, con la Verità e l’Amore di cui è costituito l’inconscio e non con i mostri della fantasia prodotti da un’educazione bigotta, i quali, con i loro messaggi contraddittori, tiranneggiano l’individuo per tutta la vita. Tutto ciò ci viene confermato dalla nostra stessa esperienza: infatti, quando siamo in grado di interpretare i messaggi che provengono dall’inconscio e li mettiamo in sintonia con le richieste del mondo esterno (secondo il Principio di Verità, Etico o Trascendente), otteniamo quel senso di benessere (ma, sarebbe meglio dire di pace) che, senza bisogno di spiegazioni ulteriori, ci permette di confermare l’esistenza dello Spirito. In ogni caso, Freud ha avuto l’enorme merito di aver ipotizzato e dimostrato l’esistenza di un inconscio con il quale l’Io deve fare i conti. Certo, egli non ha contemplato la componente spirituale, ma anche perché non l’ha distinta dalla religione: la spiritualità è cosa diversa dalla religiosità; quest’ultima (e, in questo, lui ha ragione), trattandosi di una traduzione che la mente fa dei messaggi provenienti dall’inconscio, non può che manifestarsi secondo i limiti mentali dell’uomo che la esprime. Ed è chiaro che un analista come Freud non poteva accettare tutte le contraddizioni che ogni singola religione si porta appresso. Nonostante tutto però, pur non parlando di spiritualità, egli ha avuto il buon gusto di ammettere che, al di là delle sue scoperte, nell’inconscio c’è un abisso che lui stesso, con le sue ricerche, non è riuscito a sondare (alla fine Freud disse: “…Cosa daremmo per saperne di più!”).   A proposito della funzione dell’inconscio nel sostenere l’organismo ed, in particolare, per collegarlo alla funzione divina, Baba dice:   “L’uomo si sta distruggendo, perché crede nelle cose materiali ed ignora il Ruolo ed il Potere di Dio… E’ il Divino che sotto forma di linfa permette a tutti gli organi di funzionare. L’uomo che non riconosce questa verità di base, rimane nell’ignoranza e diventa arrogante ed egoista: crede di essere lui a far tutto e, perciò, va incontro alla sofferenza.”   “Dovreste essere fermamente convinti che nulla accade per uno sforzo umano e non dovete andare tanto lontano per cercare una prova a questa affermazione; la prova l’avete proprio all’interno del vostro corpo: ad esempio, che impegno mettete per mantenere l’incessante battito del cuore o per il continuo movimento di respirazione dei polmoni? Dipende forse dalla vostra volontà la digestione del cibo ingerito? Siete capaci di vivere o morire quando lo volete? Venite al mondo quando e dove lo desiderate voi? Se rifletteste profondamente su questa linea di pensiero, scoprireste che i vostri sentimenti di “Io e mio” sono indebitamente alimentati dall’errata idea di essere l’autore (kartritva) e il fruitore (bhokritva).”   “Tutto accade per volere divino (Daiva-sankalpa). Con le vostre sole forze non siete in grado di ottenere nulla. L’altro ieri vi ho detto come gli uomini, in diversi casi non siano riusciti ad aver il successo che avevano perseguito con ogni sforzo, e come, invece, per altri sia stato facile raggiungerlo, senza averlo cercato. E’ il senso dell’Io (ahamkâra) che vi induce ad appropriarvi del duplice ruolo di chi compie l’azione (kartritva) e di chi ne fruisce (bhoktritva). Voi siete un’autentica incarnazione della beatitudine: la beatitudine è la vostra vera natura. E’ tragico il fatto che non sappiate individuarla e sperimentarla. Questa beatitudine è adombrata da simpatie, antipatie, dal senso di “Io e mio”, dall’esitazione e dal dubbio, da piaceri e dispiaceri, e così via. Attaccamento (râga) e odio (dvesha) sono il panno pesante che avvolge la vostra beatitudine. Quanto è strano e sciocco che, nonostante voi siate un’autentica incarnazione della beatitudine, l’andiate a cercare altrove!”   A sostegno dell’ipotesi che Dio è inconscio, oppure, che Dio ha sotto controllo l’inconscio di ciascuno, si potrebbe riflettere su quanto ha affermato lo stesso Freud nel suo lavoro dal titolo: “L’appagamento di desiderio”. Dopo aver capito che il sogno rappresenta l’appagamento di un desiderio, l’autore si domanda (senza però rispondersi) chi sia l’organizzatore ultimo del sogno ed azzarda: “Ci considerano già dei pazzi, ora, che parliamo dell’esistenza di un inconscio… figuriamoci cosa direbbero se ne proponessimo due!”.   Un’altra riflessione che potremmo fare è quella sulle regole che governano l’inconscio. Per saperlo sarebbe sufficiente studiare la psicoanalisi di Freud, per arrivare a capire che le regole ci sono e con una certa pratica si riesce pure a conoscerle; comunque, per ridurre il campo di lavoro, diciamo solo che: è innegabile che l’inconscio poggi sulla verità. La verità è sicuramente la regola per eccellenza, il che è abbastanza ovvio, perchè se non prevalesse la verità o, comunque, se l’inconscio dell’uomo non fosse orientato dalla verità, la vita stessa sarebbe impossibile, sia quella individuale che, tantomeno, quella collettiva: sarebbe come programmare un computer con le più sofisticate e avanzate qualità, senza inserire la regola di rispondere sempre in maniera veritiera ai nostri comandi. Cosa ce ne faremmo di un computer di questo genere, libero cioè di dirci la verità o meno, a seconda dei casi? Sarebbe pericolosissimo! A sostegno del fatto che l’inconscio è programmato sulla verità, è sufficiente notare che uno degli aspetti più caratteristici dell’inconscio studiati da Freud è il lapsus: esso è l’emblema del linguaggio dell’inconscio ed, in particolare, dei messaggi veritieri che esso ci manda. Questa scoperta è stata così bene accolta dalla coscienza collettiva che, anche per coloro i quali disdegnano la psicoanalisi, il lapsus è diventato sinonimo di verità ed il suo scopritore è stato beneficiato con la notorietà nei secoli, infatti, nel linguaggio comune è stato simbolizzato il detto: “… è un lapsus freudiano!”.   Ma se l’inconscio funziona sulla base della verità, allora perché esiste la menzogna? Possiamo fare diverse ipotesi, ma quella che preferisco è che tutto nasca da un errore: l’errore sta nella mente, oppure, detto in altro modo, l’errore sta nel processo di identificazione, favorito dal principio del piacere. In pratica, identificandosi esclusivamente con il corpo e considerandosi diverso dai propri simili, il bambino inizia a ragionare in termini vantaggiosi anche a scapito di altri (“l’Io ed il mio” che troviamo nelle teorie dell’induismo e del buddismo). Tale fatto è naturalmente favorito dall’educazione ricevuta, e cioè, se il bambino è entrato in contatto con la menzogna dei genitori e, soprattutto, con la loro ignoranza di essere Spirito anziché corpo, avrà molte più probabilità di altri di diventare falso anche lui. Quindi, la menzogna è il risultato di un processo di dissociazione, per cui l’Io immaginario si considera padrone assoluto del corpo e ragiona solo in termini di piacere personale, dimenticandosi di essere invece un prodotto dell’inconscio e, come tale, di essere al suo servizio, anziché padrone. Questo è il motivo per il quale detto Io (l’Io mentale o immaginario) rimane disorientato e spaventato di fronte alle improvvise irruzioni dell’inconscio nello spazio coscienziale; basti ricordare, oltre ai lapsus, le dimenticanze, i sogni, gli incubi ecc. Ma non basta, perchè queste manifestazioni sono per lo più semplici, curiose, sporadiche e comuni a tutti, ve ne sono invece altre che possono organizzarsi in vere e proprie malattie nervose, ovvero patologie dove compaiono in maniera duratura sia alterazioni psichiche (le nevrosi isteriche, ossessive, fobiche ecc.), sia fisiche (le cosiddette malattie psicosomatiche).   Ma dove stanno scritte le Regole che governano l’inconscio? Nel codice genetico, allo stesso modo in cui sono inserite le tendenze naturali degli animali (il miele dell’ape, la tela del ragno, il nido dell’uccello ecc.), gli istinti, per intenderci. Tra le regole dell’inconscio, oltre alla Verità, probabilmente ci sono anche le regole dell’Amore, della Pace, della Non Violenza e della Retta Azione: Regole, che Sai Baba, forse non a caso, chiama Valori Umani Fondamentali; e proprio perchè rappresentano le fondamenta della coscienza umana, come le fondamenta delle case, sono nascoste… quindi, inconsce. Dice Baba: “I Valori Umani sono contenuti in ogni cellula del corpo, altrimenti non potreste considerarvi umani”. Il discorso sui Valori Umani è però troppo ampio, ma spero, così come ho detto in precedenza per l’amore, di riproporlo in un lavoro a parte.   In definitiva, se accettiamo che Dio è inconscio (è il nostro Io Reale), oppure, che Dio abbia a disposizione il nostro inconscio, possiamo capire con una nuova luce tutta una serie di affermazioni di Sai Baba in merito a Dio. Per esempio, quando dice: “Dio è il più vicino, il più affezionato, il più fedele dei compagni, ma l’uomo nella sua cecità, Lo ignora e cerca la compagnia di altri. Dio è presente ovunque, in ogni istante: Egli è il più ricco e potente protettore, eppure voi Lo ignorate. Il Signore è qui, vicino, amoroso, accessibile e potente, ma molti non aprono gli occhi a questa grande opportunità. Il Suo nome ve Lo porterà vicino: il Nome è sulle labbra, il mondo è nella mente ed il proprietario del Nome è nel cuore. Il mondo e le sue attrattive vi distraggono coprendo la risposta che Dio dà alla chiamata del Nome.”   In pratica, Dio è quello che le filosofie orientali chiamano: “Il nostro Se’ interiore”. E’ inconscio ed è perciò che Baba dice: “Io sono Dio ed anche voi lo siete, solo che non ne siete consapevoli!”. Questa frase ha scandalizzato la gran parte delle persone che l’hanno sentita (sia i credenti che, ancor peggio, gli atei), ma soltanto perché non l’hanno presa alla lettera ed interpretata in chiave psicoanalitica. Quando Baba dice: “… non ne siete consapevoli.”, è vero! Semplicemente perché non essere consapevoli è un modo diverso di dire inconscio. L’Io a cui Si riferisce Baba affermando: “Io sono Dio…”, è l’Io inconscio o Reale… e siccome è inconscio, non possiamo esserne consapevoli!   Volendo essere più precisi dovremmo dire che noi siamo l’Anima o lo Spirito individuale, quella parte dell’Anima Universale che si è identificata con il corpo; e traducendolo in termini psicoanalitici, viene fuori che Dio è, al tempo stesso, sia l’inconscio individuale (quando si identifica nel soggetto) che l’inconscio collettivo (quando si identifica con l’umanità o il mondo intero). Il termine di “Inconscio collettivo” fu coniato da C. Gustav Jung, un altro padre della psicoanalisi, e tratta di un argomento che fu un ulteriore motivo di disputa tra lui e Freud, conflitto che si tradusse poi con la loro separazione; però, guardandolo ora, ci rendiamo conto che entrambi parlavano della stessa cosa, solo che l’attenzione di Freud era concentrata sull’inconscio individuale, mentre quella di Jung sull’inconscio collettivo.   A questo punto, se ammettiamo quanto detto fin qui, possiamo trarre alcune conclusioni: –          l’Io non è servo di tre padroni (l’Es, il Super Io e il mondo esterno), come diceva Freud, o meglio, di sicuro lo è l’Io immaginario, fino a quando non riconosce la propria Vera Natura di Io Reale (Anima o Spirito). –          L’Io Reale è l’unico padrone, il Re, ma deve prendere coscienza di questa verità, si deve riconoscere come tale. Per far questo, ha a disposizione la mente che, come dice Baba, è al tempo stesso, l’unico vero ostacolo per questa ricerca, ma è anche l’unico strumento valido per poterla realizzare.   Come fare dunque per riconoscere la propria Vera Natura? Per ottenere il risultato finale, bisogna saper usare la mente, altrimenti si permane in uno stato di servitù per tutta la vita: prima bisogna imparare a discriminare con gli occhi dell’intelligenza (quello che Freud chiama “il principio di realtà”) e superare la tendenza naturale a vedere con gli occhi della fantasia o dell’immaginazione (che sono invece orientati dal “principio di piacere”) e poi, utilizzare gli occhi del cuore o dell’amore (che sono sostenuti dal “Principio Trascendente”). Sicuramente, riuscire a vedere con gli occhi dell’amore rappresenta il risultato finale della ricerca di cui abbiamo parlato finora, fatto questo, che tradotto in termini psicoanalitici vorrebbe dire arrivare ad identificarsi con l’Io Reale (“Io sono l’Anima o lo Spirito!”), ovvero, riuscire a prendere contatto con l’Inconscio Spirituale, Individuale o Collettivo. A questo traguardo sono arrivati i profeti, i veggenti e quelle persone che comunemente vengono dette ”I realizzati in vita”. Sia nei giorni nostri che nel passato, tale raggiungimento si è reso manifesto agli occhi del mondo con la comparsa di poteri paranormali, quali la capacità di fare premonizioni, diagnosi telepatiche, guarigioni ecc. (i cosiddetti “miracoli”). Si tratta di argomenti che non hanno, finora, avuto nulla a che fare con la psicoanalisi, ma è stata l’ipotesi dell’Inconscio Collettivo o Spirituale che mi ha permesso di capire come dette persone fossero veramente in grado di fare quanto detto sopra: è il contatto con l’Inconscio Spirituale o Divino, un contatto consapevole, continuo e vero, non come quello che possono far credere di avere certi indovini, maghi e fattucchiere. I cristiani possono trovare conferma di ciò nella vicenda di Gesù che in mezzo alla folla accalcata su di lui domandò: “Chi mi ha toccato?”… si trattava di una donna che, per la sua fede, unica, in mezzo ad una moltitudine di persone che implorava e toccava il Maestro, ricevette la grazia della guarigione. Questa esperienza di Gesù è una dimostrazione lampante di cosa significhi avere un contatto consapevole, continuo e vero dell’Inconscio Collettivo, una consapevolezza che non necessita né di riti, né di formule preparatorie per realizzarla in quanto continua. La distinzione tra i veri Realizzati e quelli falsi potrebbe essere un curioso lavoro di esclusiva pertinenza degli psicoanalisti, ma non è questo il contesto appropriato per approfondire l’argomento. Ora mi fermo e rimando il lettore che volesse sviluppare il concetto dell’Io Divino, alla seconda parte del “Gioco Autentico”.   Prima di concludere però, vorrei riproporre un piccolo enigma di Sai Baba, che ho già inserito nel suddetto libro, ma che ritengo fondamentale per rendersi conto della profondità e della lucidità del Suo pensiero. Gli psicoanalisti lacaniani saranno felicissimi nel raccogliere la sfida di analizzare e trovare la chiave di lettura di questo indovinello, però, anche gli altri, con un certo impegno, hanno la possibilità di risolverlo. Dice Baba: “La meta dell’umanità è di raggiungere Brahman. Aksharam e Brahman sono la stessa meta (Akshara significa indivisibile), indicano gli aspetti Nirguna e Saguna della stessa verità. Akshara significa anche una sillaba, il Prânâva OM, che è uno dei Simboli di Brahman e, perciò, si chiama Aksharaparabrahma Yoga. Brahman ha due aggettivi, Paraman e Aksharam. Akshara indica il Prânâva ed anche Mâyâ; e Mâyâ è riassunta nel Prânâva; questi due hanno attributi, sono qualificati, Savishesha. Comunque, Brahman è Nir-vishesha, senza attributi, puro di per sé. Coloro i quali lo comprendono Mi raggiungono.
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