EUDEMONOLOGIA

Eudemonologia,

ossia

Steg ins Wasser

l’arte di essere felici

Si dovrebbe insegnare ai bambini l’arte di essere felici. Non l’arte di essere felici quando una disgrazia ci piomba addosso; lasciamo questo agli stoici; ma l’arte di essere felici quando le circostanze sono passabili e tutta l’amarezza della vita si riduce a piccole noie o a malesseri di poco conto.

La felicità dipende molto dal nostro modo di guardare la vita. 

La prima regola sarebbe di non  parlare mai delle proprie disgrazie; presenti o passate. Si dovrebbe considerare una mancanza di riguardo descri­vere un male di testa, un senso di nausea, un’acidità, una colica, le disgrazie e le disillusioni.

Comunque lo si dovrebbe fare con termini adatti.  

Si dovrebbe spiegare ai bambini, ai giovani e anche agli adulti una cosa che si dimentica troppo spesso e cioè che il compiangersi non può far altro che rattristare chi ci ascolta,  ci  rende sgraditi, anche se spesso gli altri sollecitano tali confidenze e anche se sembrano compiacersi di consolarci.

La felicità vera è quella che dura;  la felicità è consapevolezza del piacere; non coincide con il piacere sensibile; infatti pare che gli animali provano piacere ma non sono destinati ad essere felici. 

Ognuno cerca di vivere e non di morire  ed è necessario  cercare  coloro  che si dicono contenti e che si mostrano contenti di vivere.

Che cosa meravigliosa sarebbe la società degli uomini se ciascuno aumentasse il fuoco invece di piagnucolare sulle ceneri!

Questa deve essere la regola della società educata.  Non è una buona ragione portare le proprie miserie ovunque; non ne deriverebbe che una noia più cupa. Nel  cerchio familiare, spesso, per troppo abbandono, ci si lagna di cose alle quali non si penserebbe affatto se ci si preoccupasse di renderci graditi. Il piacere di pensare a cose più importanti deriva senza dubbio dal fatto che si dimenticano in questo caso, per necessità, mille piccoli mali, il cui racconto sarebbe noioso. 

Il principio è questo: se tu non parli dei tuoi piccoli guai finirai  col  pensarci  molto  meno.

In quest’arte di essere felici si può aggiungere qualche suggerimento su come accettare il cattivo tempo.   

Cade la pioggia: le tegole tintinnano; mille piccoli rigagnoli mormorano; l’aria è lavata e come filtrata; le nubi sembrano dei magnifici cenci. Bisogna imparare ad afferrare queste bellezze. Ma qualcuno dice: la pioggia nuoce alle messi. Un altro: il fango imbratta ogni cosa. Un altro: è così bello sedersi sull’erba. E’ vero, lo si sa, ma il lagnarsi non cambia nulla, e si riceve invece dalla pioggia un senso di malumore che ci portiamo fra le pareti di casa.

Ebbene, è soprattutto quando piove che si vogliono dei visi gai.

Quin­di, facciamo buon viso a cattivo tempo.

(Dai “PROPOS” di Alain) Tradotto, ridotto e  arrangiato

da Giorgio Nicoletti

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