“ANTICHI DOVERI”

Dal 1815, in Inghilterra, è in vigore una versione diversa da quella originaria compilata da Anderson nel 1723

“ANTICHI  DOVERI”

di Edward Stolper

Le Costituzioni di molte obbedienze massoniche pubblicano, quale base del­l’Istituzione, gli ‘‘Antichi Doveri’’ com­pilati dal Fr. James Anderson. Di regola si tratta della prima edizione (1723), una traduzione della quale precede anche l’at­tuale Costituzione massonica italiana.

Purtroppo il Fr. Anderson non era di certo attendibile come storico ed anche le sue doti stilistiche e linguistiche lasciano molto a desiderare. Di conseguenza, spe­cie i primi due capitoli degli ‘‘Antichi Do­veri” hanno spesso dato luogo a grandi perplessità e ad errate interpretaxioni, sia da parte delle autorità ecclesiastiche, sia di quelle secolari. Infatti, essi sono stati la causa dei vari editti proibitivi contro la Fratellanza, a cominciare dal 1735 in Olanda.

Nelle edizioni del 1738 e 1746 vari ca­pitoli risultano leggermente modificati, ma in tutte le seguenti versioni (del 1756, 1767, 1776 e 1784) fu ripreso il testo ori­ginario del 1723.

Non è mia intenzione discutere i me­riti di questi ‘‘Antichi Doveri’’, ma di far notare che nella stessa Inghilterra la ver­sione 1723 non è in vigore dal lontano 1815. Infatti, dopo la felice fusione delle due obbedienze, gli “Antichi” ed i “Mo­derni’’, fu deciso di sottoporre gli ‘‘An­tichi Doveri” ad un giudizio da parte di esperti in materia. Di conseguenza, dal 1 Novembre 1815 è in vigore una nuova versione dei primi 2 Capitoli degli ‘‘An­tient Charges’’, ora chiamati semplice­mente “the Charges of a Freemason”, os­sia i “Doveri di un Libero Muratore’’, che si pensa sia principalmente di mano del primo Gran Maestro della Gran Loggia Riunita, il Duca di Sussex.

Ecco la mia traduzione dei primi due capitoli, secondo le versioni 1723 e 1815, che non necessitano di commento.

Cap. I – (versione 1723)

Un massone è obbligato, per la sua con­dizione ad obbedire alla legge morale, e se intende correttamente l’arte, egli non sarà mai un ateo stupido, né un libertino irreligioso.

Ma benché nei tempi antichi i Massoni fossero obbligati in ogni paese ad essere della religione di tale paese o nazione, qualunque essa fosse, ora, però, si ritie­ne più conveniente obbligarli soltanto a quella religione nella quale tutti gli uo­mini concordano, lasciando ad essi le lo­ro particolari opinioni; ossia, essere uomi­ni buoni e sinceri o uomini di onore ed onestà, qualunque siano le denominazio­ni o le persuasioni che li possono distin­guere. Per cui la Massoneria diventa il cen­tro di unione ed il mezzo per conciliare sincera amicizia fra persone che altrimenti sarebbero rimaste perpetuamente distan­ti.

Cap. I – (versione 1815)

Un Massone è obbligato, per la sua con­dizione, ad obbedire alla legge morale, e se intende correttamente l’arte, egli non sarà mai un ateo stupido, né un libertino irreligioso.

Egli meglio di tutti dovrebbe capire che Iddio non vede come vedono gli uomini, perché l’uomo vede l’apparenza esterna mentre Dio guarda nel cuore. Perciò un Massone è particolarmente tenuto a non agire mai contro i dettami della sua co­scienza. Qualunque sia la religione o il culto di un uomo, egli non viene escluso dell’Ordine purché creda nel glorioso ar­chitetto del cielo e della terra e pratichi i sacri doveri della moralità. I Massoni si riuniscono con i virtuosi di qualsiasi Fe­de, nel fermo e piacevole vincolo di amore fraterno. Ad essi viene insegnato a giudi­care gli errori dell’umanità con compas­sione, e a cercare di dimostrare la bontà della particolare fede che professano, at­traverso la purezza del proprio compor­tamento. Così la Massoneria è il centro di unione fra uomini buoni e sinceri, ed il felice mezzo per conciliare amicizia fra co­loro che altrimenti sarebbero stati perpe­tuamente distanti.

Cap II – (versione 1723)

Un Massone è un pacifico suddito dei poteri civili, ovunque egli risieda o lavo­ri, e non deve mai essere coinvolto in com­plotti o cospirazioni contro la pace ed il benessere della nazione, né comportarsi indebitamente verso magistrati inferiori.

Poiché la Massoneria è sempre stata danneggiata da guerre, stragi e disordi­ne, così gli antichi Re e Principi sono sta­ti assai disposti ad incoraggiare i Massoni grazie alla loro tranquillità e lealtà, per cui essi praticamente risposero ai cavilli dei loro avversari e promossero l’onore della

Fraternità, che sempre fiorì nei tempi di pace. Cosicché se un Fratello diventasse un ribelle contro lo Stato, egli non deve essere sostenuto nella sua ribellione ma piuttosto compianto come uomo infelice; e se non reo di altro delitto, sebbene la leale Fratellanza debba sconfessare la sua ribellione e non dare ombra o base per la gelosia politica del Governo del momen­to, egli non deve essere espulso dalla Log­gia ed il suo vincolo ad essa rimane irre­vocabile.

Cap. II – (versione 1815)

Un Massone è un pacifico suddito dei poteri civili, ovunque egli risieda o lavo­ri, e non deve mai essere coinvolto in com­plotti o cospirazioni contro la pace ed il benessere della nazione, né comportarsi indebitamente verso magistrati inferiori.

Egli deve di buon grado obbedire ad ogni legale autorità, difendere in ogni oc­casione gli interessi della comunione, e promuovere con zelo la prosperità del pro­prio paese.

La Massoneria è sempre fiorita in tem­pi di pace ed è sempre stata danneggiata da guerre, stragi e disordine, così che gli antichi Re e Principi sono stati ben dispo­sti ad incoraggiare gli operai, grazie alla loro tranquillità e lealtà con cui essi in pra­tica rispondono ai cavilli dei loro avversa­ri e promuovono l’onore della fraternità.

Gli operai sono tenuti, per particolari vincoli, a promuovere la pace, coltivare l’armonia e vivere in concordia ed amore fraterno.

Al Duca di Sussex è probabilmente sfuggito che nel Cap. VI,2 si è continua­to a far riferimento a quella “Religione naturale” che era stata eliminata dal Cap. I.        

Questa svista è deplorevole perché è proprio quella l’espressione criticata dal­la Chiesa Cattolica, a cominciare dal 1738.

Alcuni Fratelli si chiederanno quale senso abbia, alla fine del XX0 secolo, par­lare ancora di’ ‘uomini nati liberi’’, di schiavi o servi, e di’ ‘figli di genitori one­sti’’ (Cap. III). Inoltre, si può capire che nella muratoria operativa un operaio col corpo difettoso non fosse accettabile (Cap. III), ma dobbiamo parlare ancora di ciò nella nostra istituzione, quando, in alcu­ne obbedienze vengono iniziati anche candidati in barella?

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