IL SIGNIFICATO ESOTERICO DEL MITO DI ATHENA. SIMBOLO DELLA SAPIENZA

Il significato esoterico del mito di Athena, simbolo della Sapienza

Rispettabilissimo Maestro Venerabile, Fratelli tutti che siete collegati con me, come avevamo auspicato durante la nostra precedente riunione virtuale, vorrei porre l’attenzione (soprattutto quella degli Apprendisti) sui Miti e sui Simboli che, sotto forma di oggetti o di disegni, ci circondano durante i Lavori nel nostro Tempio. Tutta la civiltà europea è stata influenzata dai miti greco-romani, così come lo è stata dai miti della religione cristiana, figlianch’essi di quelli degli dei e degli eroi. La mitologia è un fantastico sistema di immagini nato per spiegare il senso della vita ed ha sempre accompagnato l’uomo, assumendo, a seconda delle circostanze, significati religiosi, morali, culturali, allegorici. Inoltre, al di là delle lingue, delle etnie, delle culture, esiste un linguaggio trasversale le cui tracce si ritrovano da un luogo all’altro, da un periodo storico all’altro: il linguaggio deisimboli. Il simbolo per definizione è ciò che unisce, quindi quello dello studio dei simboli è un viaggio attraverso i secoli e i continenti ma, soprattutto, per chi riesce rappresenta il viaggio dentro se stesso, perché il linguaggio simbolico è il linguaggio universale che permette di unire la conoscenza interiore a quella esteriore, di passare dal mondo profano a quello del Sacro. Quelli dei miti sono quindi racconti iniziatici, ma per poterli interpretare bisogna conoscere il linguaggio dei simboli. Oggi, purtroppo, ci troviamo a vivere in un mondo sempre più frenetico e materiale che non ha tempo per guardarsi indietro e riflettere, che non è capace di vedere niente al di là dell’immediato domani, che perde di vista, giorno dopo giorno, uno dopo l’altro quei valori che da soli permettono una convivenza civile. Poi magari accade qualcosa, un imprevisto, una tragedia, qualcosa di mai visto prima, oppure basta una microscopica particella di millesimi di millimetro ma capace di uccidere milioni di persone, di distruggere intere economie e di spargere povertà dove prima c’era benessere. Noi, in quanto Liberi Muratori, dobbiamo riflettere su questo modo di vivere che ignora il passato, che non vede il futuro, che si limita a galleggiare vanamente nel presente. Noi ci siamo assunti degli impegni. Uno dei primi impegni è sicuramente la conoscenza delle nostre origini, conoscenza che ci permette di avere la consapevolezza di appartenere ad un tutto preciso e ben individuato nella condivisione di una comune origine. La conoscenza delle origini diverrà quindi lo strumento per capire da dove veniamo in funzione di ciò che vogliamo essere e non dovrà consistere semplicemente in un generico e nostalgico riferimento al passato. Lo strumento che ci permette di risalire alle origini, è dato appunto dalla conoscenza, dallo studio e dalla interpretazione del MITO. I miti sono tantissimi e non sono solo quelli della mitologia greco-romana, sono miti anche quello del cavaliere senza macchia e senza paura, il mito della ragione, del drago ma anche quello, a noi molto caro, di Hiram Habif Per parlare di miti, dobbiamo gettare uno sguardo su 3000 anni di storia, da Omero ai giorni d’oggi. Molti degli antichi filosofi volevano educare moralmente l’uomo e per questo usavano uno strumento che l’uomo stesso potesse facilmente comprendere: la narrazione dei miti che reputavano utili per lo scopo che si prefiggevano. Il mito dunque diviene il mezzo per comprendere, per spiegare od interpretare un evento per dare una educazione morale. Con l’avvento del Cristianesimo i miti vennero fortemente osteggiati, al contrario del Rinascimento durante il quale ci fu una ricerca entusiastica di tutto il materiale antico anche relativo al mito. Fu durante il 1700 che nacque la Massoneria moderna e contemporaneamente, con lei fu creato il mito di Hiram, mito che ci accompagnerà per tutto l’arco della vita da iniziati, dal primo all’ultimo grado, riportando l’iniziato all’avvenimento primordiale, alle origini, in un tempo e inuno spazio che, da profano, noi riusciamo a sacralizzare ogni volta nel nostro Tempio. E, ogni volta che vi entriamo, l’attenzione va ai nostri Simboli, i quali ci stimolano a riflettere sul loro significato e sul messaggio esoterico che vogliono trasmetterci. Sono manifestazioni di valori universali. Tali valori, proprio in quanto universali, non sono influenzati né dalla distanza, né dal tempo, ma restano sempre attuali Fatte tutte queste premesse, voglio questa sera focalizzare insieme a voi il mito dell’Athena greca o, se volete, della Minerva romana, magistralmente rappresentata vicino allo scranno del Maestro Venerabile. Questo è il Simbolo della Sapienza. Tutta la mitologia ed il significato esoterico di questa divinità ruota intorno alla sua nascita. Narra il mito che in un primo tempo Zeus non aveva in sé la saggezza che si addice ad un re, ma ogni volta che doveva decidere qualche cosa, si rivolgeva alla dea Metis,tutta saggezza e prudenza che gli dava preziosi consigli. Così avvenne che Zeus s’innamorò della sua consigliera e volle farla sua sposa. Ma il Fato (quella entità che stava al di sopra anche degli stessi dei) aveva stabilito che, se da Metis fosse nato un figlio, questo sarebbe stato il re di tutti gli dei, così come era già accaduto per Urano prima e Crono dopo. Allora Zeus, temendo di essere spodestato, quando seppe che la moglie attendeva un bambino, per impedire la temuta profezia ma nello stesso tempo per tenere sempre con sé la sua preziosa consigliera, la ingoiò dopo che la stessa si era trasformata in una goccia d’acqua. In questo modo Metis continuò, dall’interno del suo sposo e re, a consigliarlo, indicandogli il bene e il male. Ma l’espediente di Zeus non valse ad arrestare la gestazione di Metis e, quando il tempo fu trascorso, venne l’ora del parto. Non era però Metis che soffriva all’avvicinarsi dell’evento, bensì Zeus. Egli infatti fu assalito da violenti dolori di capo; si lamentava e si agitava sempre più fra crescenti spasimi. Finalmente fu Metis stessa che, dall’interno del corpo del suo signore, gli suggerì il da farsi, e subito Zeus fece chiamare Efesto. Come questo giunse sulla vetta dell’Olimpo, Zeus gli ordinò di fendergli il cranio con la scure. Il comando di Zeus fu così imperioso, che Efesto non esitò: alzò la scure e la calò sul capo dell’onnipotente con un colpo che spaccò il cranio. Ed ecco che dalla fenditura balzò fuori, una figura alta, solenne, armata di scudo, elmo e lancia, bellissima nel corpo e nel volto, dallo sguardo severo ed insieme sereno. Dal cervello di Zeus era nata Athena. Per capire ancor meglio il carattere di questo mito e trarre spunti di riflessione, è utile analizzare anche la gara che ci fu tra Poseidone, il dio delle acque, e la stessa Athena.Ambedue questi dei avrebbero voluto che il loro culto ponesse le radici in una grande città grecache il Fato aveva destinata a diventare la più potente sul mare. Ma né l’uno né l’altra voleva cedere, né valeva l’autorità di Zeus a dirimere la divergenza tra il potentissimo fratello e la forte figlia. Da ultimo Atena propose: “Lasciamo la decisione agli stessi abitanti”. Così Poseidone batté col tridente un colpo sul suolo, ed ecco subito sorgere dalla terra un magnifico cavallo dal lucido pelo fulvo,con criniera e coda lunghe, corpo snello, zampe sottili, nervose, testa piccola, orecchie ritte, occhi vivacissimi. La bella bestia batté più volte la terra con uno zoccolo ed emise uno squillante nitrito. “Ecco – disse Poseidone – ecco il mio dono. Quest’animale sarà il più grande amico e servo dell’uomo. Esso è veloce e forte, animoso e docile; impetuoso in guerra, resistente ai disagi ed alle fatiche, generoso e fedele al suo signore; nessun animale è più bello del cavallo, nessuno è altrettanto utile”. Un’alta acclamazione si levò dagli astanti a sottolineare le parole di Poseidone. Allora si fece avanti Athena e con la sua lancia toccò il suolo, Nel punto toccato nacque, germogliò e crebbe una pianta modesta, col tronco sgraziato, contorto, dalla scorza ruvida, screpolata, con rami anch’essi contorti, rivestiti di foglie dure a forma di piccole lance allungate, di color grigio bruno. Le fronde erano cariche di piccole bacche ovali, di un colore nericcio lucido. La pianta non aveva la statura del cipresso o del pino, né la grandezza della maestosa quercia o del possente leccio, né i suoi piccoli frutti presentavano i colori seducenti delle mele o delle ciliege; essa era umile di statura, di estensione, di colore e pareva quasi si vergognasse a mostrarsi. La dea colse una manciata di quelle bacche e le strizzò tra le dita, facendone colare un liquido color oro pallido. “Questo – disse – è il dono che vi offre Athena: l’olivo. Questo liquido che produce il suo frutto vi servirà per rendere infinitamente più gradevoli i vostri cibi e vi servirà per illuminare le vostre case di notte; unti d’olio i vostri arnesi di lavoro, quando staranno da parte, saranno preservati dalla ruggine; spalmati d’olio, i vostri corpi avranno la pelle più morbida e saranno più agili; ciò che rimane delle olive, dopo l’estrazione dell’olio, sarà di grande alimento ai vostri fuochi. Se accetterete il mio dono, modesto in apparenza, avrete un’immensa ricchezza, perché tutta l’Attica sarà popolata di piante come questa. Ma la maggiore ricchezza sarà la pace, perché l’amore di questa pianta e dei benefici ch’essa arreca vi farà prendere in odio la guerra. Ora scegliete”. Poi sappiamo come andò a finire: gli abitanti scelsero come patrona la dea Atena, anche se fecero in modo da non inimicarsi il dio Poseidone. Da quel giorno la città si chiamò Atene. Si diceva anche che la dea Atena avesse scolpito con il legno di quercia la polena della nave Argo sulla quale erano imbarcati gli Argonauti alla ricerca del vello d’oro (anche questo un racconto pieno di simboli e significati esoterici che meriterebbe una serie di riflessioni da parte di tutti noi). Una polena parlante, che era la guida sicura per il viaggio verso la Colchide. Atena, quindi, era anche la dea che indicava la via da seguire, proprio come nei nostri Lavori Massonici. Il dono-simbolo di Athena alimenta le lampade, quindi illumina il buio. Ma, dal simbolo della luce fisica, si può facilmente passare a quello della luce interiore. Era una dea riflessiva, cauta, per noi l’equivalente di chi ha dei dubbi, che sono poi i fondamenti di ogni conoscenza. In alto, nei pressi dell’occhio onniveggente della Sapienza, all’interno del Tempio, si leggono tre parole: Libertà, Uguaglianza, Fratellanza. Attraverso questi principi fondamentali, non solo nella Massoneria, ma in ogni società civile, è possibile procedere nel coltivare e nel tramandare gli esoterici insegnamenti ed i preziosi semi della Tolleranza che ha la forza di Ercole, della Bellezza interiore simboleggiata da Venere e della Saggezza che è la maggiore qualità di Minerva/Atena. Carissimi Fratelli, spero con queste mie parole e con l’esempio che vi ho fatto, di aver contribuito a chiarire, almeno un po’, quale è il nostro modo di essere, di pensare, di riflettere. Dico ancora (rivolto agli Apprendisti) che questo è solo uno dei Simboliche noi possiamo, e dobbiamo, utilizzare per migliorare noi stessi. La Massoneria è arca vivente dei miti e dei simboli (Denis Roman, scrittore) – “In principio fu il mito”. Di Vincenzo Guzzo. Gruppo Editoriale s.r.l. – Roma – “Racconti di mitologia classica”. Di Francesco Birardi. Le Monnier – “Mitologia classica”. A cura di Alice Mills. Il Castello – “I miti greci”. Di Robert Graves. Longanesi – “Storie dell’antica Grecia”. Di Thomas R. Martin. New Compton Editori – “La luce della notte”. Di Pietro Citati. Mondadori – “Miti Romani”. Di Lucia Ferro e Maria Monteleone. Einaudi – “Memorie del Mediterraneo”. Di Fernand Brandel. R.C.S. libri – “Omero-Iliade”. Di Alessandro Baricco. Feltrinelli – “Storia della letteratura greca”. Di AA.VV. Newton Editori – “Il viaggio iniziatico”. Di Emanuele Trevi. Laterza

Questa voce è stata pubblicata in Lavori di Loggia. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *