UN SEMINARIO DI ISTRUZIONE

Un seminario di istruzione – qualche riflessione

Maestro Venerabile, Fratelli carissimi, il tema dell’istruzione dell’Apprendista è forse uno dei più produttivi tra quelli cui i lavori di Loggia possono essere dedicati; sarebbe certamente inutile cercare di determinare tutti i motivi, poiché ne esiste probabilmente uno diverso per ogni Fratello, unico come ad esempio è unico ciò che ad ognuno l’approfondimento del simbolo può rivelare. Vale però sempre la pena di chiarirne alcuni e questo sforzo, che in sostanza si traduce nel presentarsi di fronte ai Fratelli dicendo: “ecco, ciò è quanto mi sembra di aver capito”, non è mai certamente lavoro perduto, almeno se sono rispettate le forme, anche rituali, che regolano lo scambio dialettico a lavori aperti. Lo spunto per queste considerazioni è stato dato da un recente “Seminario” tenuto nella Casa Massonica sull’arco di una intera giornata. Il tema era l’istruzione, non soltanto degli Apprendisti. L’argomento non poteva non ricordare, a chi vi aveva partecipato, l’iniziativa presa da questa Officina parecchi anni addietro, con la edificazione ed il diroccamento della Rispettabile Loggia Propedeutica n° 0, i cui lavori si erano svolti nel pieno rispetto delle regoli rituali per due giorni. Il ricordo è particolarmente sentito per la vicinanza del passaggio all’Oriente Eterno del carissimo Fratello Mario Bianco, il cui impegno in un corso regolare di istruzione per gli Apprendisti era certamente stato tra le motivazioni più forti di quella iniziativa. Non è mio desiderio proporre paragoni che semplicemente non possono sussistere, non fosse altro che per la regolarità delle forme, ma più semplicemente constatare come una volta di più si sia rivelato saggio il principio di non parlare di cose massoniche se non in un contesto ritualmente massonico, il cui giuramento del segreto impegna i Fratelli a non riprendere nemmeno tra loro i temi trattati. Fuori dal tempio possono infatti venire meno le condizioni di serenità, equilibrio, autodisciplina, ma soprattutto manca un contesto che, si voglia o meno sentire parlare di spiritualità, è sentito e vissuto da tutti come assai diverso dai ritmi e dai modi della vita quotidiana. Nella mia opinione e nel mio modo di sentire queste circostanze hanno pesato molto nella conduzione del Seminario, tanto che col trascorrere delle ore avevo sempre più forte l’impressione di assistere ad una conferenza che solo casualmente trattava temi di interesse massonico per un pubblico di massoni (e di qualche cameriere di passaggio), ma che avrebbe potuto essere tenuta allo stesso modo per qualunque uditorio in un contesto in cui temi del genere potessero suscitare qualche interesse. Non è raro, anzi è probabilmente la regola, che i lavori di Loggia abbiano un ben preciso filo conduttore, legato alla preparazione ed agli interessi dei Fratelli che vi svolgano una parte più attiva: basti pensare quanto lavoro dello stesso Fratello Bianco doveva all’ispirazione di tipo cabbalistico, almeno nella fase iniziale, ed all’induismo più avanti. Simili riferimenti sono del tutto naturali, poiché le diverse possibili vie dell’Iniziazione hanno tra loro relazioni molto forti, e metterle in evidenza può certamente essere fonte di ottimo lavoro. Ma una cosa è fare riferimento ad un tema, senza forzare né il medesimo, né la sua interpretazione in senso massonico, ed altro è presentare una “chiave” che dovrebbe quasi divenire un riferimento assoluto per i lavori. Forzature di questo tipo non sono purtroppo rare nemmeno per i lavori rituali, che pure dovrebbero avere in sé sufficienti motivi di compensazione ed equilibrio, così che alcune Logge finiscono con l’essere identificate come “eccentriche” per stravaganze di varia natura quando il motivo ispiratore è in qualche modo di tipo “esoterico”, ma a volte anche quando esso si confonde pericolosamente con quelli profani. Nel caso del Seminario ho avuto modo di cogliere e gli uni e gli altri riferimenti, con una impostazione iniziale dichiaratamente “scientifica e sperimentale”, con persino troppo abbondanti e forse talvolta fuori luogo o un po’ gratuite citazioni di scienziati e teorie illustri, specialmente del genere di quelle attualmente più in voga per la divulgazione scientifica. L’idea portante era quella della evoluzione intesa, più che come fenomeno di natura spirituale (e quindi anche solo per questo con termine un po’ malposto), su un piano quasi fisico, del quale simboli e riti dovrebbero essere gli strumenti da adoperarsi in un contesto quasi meccanicistico. Se ho inteso bene, ed il giudizio deve essere necessariamente sospeso fino ad una rilettura della documentazione scritta sul convegno, che è stata promessa a breve termine, questa impostazione sembra essere un po’ troppo vicina ad una visione esclusivamente “magica” della operatività muratoria. È purtroppo ben noto che percorrere certe strade, pure con tutte le buone intenzioni iniziali, possa condurre a risultati non certamente auspicabili, Ciò in special modo quando esse conducano, per impegno o talento, a qualche frutto tangibile. Per non citare che alcuni pericoli, la ricerca di un potere per il potere stesso, e peggio ancora il suo ottenimento, che in questa sfera potrebbe logorare e corrompere ben al di là di quanto accade per i semplici poteri mondani, dei quali la sigla “P2” dovrebbe per noi tutti essere un severo insegnamento, vere o presunte che siano molte delle cose dette al riguardo. Si pensi a quanto forte può essere la tentazione, per chi ritenga di aver conseguito qualche risultato significativo, di forzare volontà ed emozioni altrui, magari in apparente perfetta buona fede. Difficilmente si può immaginare per un Iniziato un “peccato” più profondo e più difficile da emendare. Per tornare più da vicino agli argomenti del Seminario, in più di una occasione è stata ribadita una “equazione” sulla analogia Uomo — Loggia — Universo, ossia del principio per cui “ciò che è in alto è come ciò che sta in basso”. Ma la modestia ed il senso delle proporzioni, specie in presenza di richiami scientifici, vorrebbe forse che il terzo termine fosse “Mondo”, ad indicare quella parte dell’Universo che in qualche modo è alla nostra portata. Dire “Universo” è fare un riferimento assoluto, un po’ come i termini “Infinito” o “Eternità”: simili entità possiamo anche nominarle, ma esse sono al di là di ogni nostra possibile comprensione, ed analogie o deduzioni basate sul loro impiego rischiano di essere nulla di più che proclamazione di orgogliosa ignoranza e presunzione. La stessa scienza, o almeno la sua parte più cosciente, non parla di Universo in senso generale, ma ad esempio solo di “Universi isola” (alla lettura autocontradditorio) o impiega altri termini similmente riduttivi. Per chi vive in un mondo esoterico, o anche solo lo sfiora, questo dovrebbe ricordare il principio per cui “il vero Tao è quello di cui non si può parlare”. E d’altra parte che valore ha, per il duro cammino della coscienza, fare riferimento a canoni oggi ritenuti solidi, quando è evidente a tutti quanto ridicola era la pretesa di avere spiegato “quasi” tutto della scienza ottocentesca? Non è forse probabile che, tra un secolo o meno, saranno le nostre quasi certezze a fare la stessa fine? 1] che non significa, naturalmente, rifiutare la scienza, i suoi metodi ed i suoi risultati, ma solo cercare di inserirne i valori in un quadro più completo, armonico ed equilibrato. Vi è un’ultima osservazione che in questa sede mi sembra meriti di essere fatta al riguardo del Seminario. Quando si inizia da una base razionale, ci si attenderebbe la medesima razionalità per il proseguimento; ebbene, con il passare del tempo mi è sembrato che l’attitudine del conduttore e quella di buona parte degli uditori si facesse via via più emotiva. Ad esempio con la conclusione, tra la smania ecologica e l’apocalittico, sulle gravi responsabilità rispetto ai posteri per la perdita della tradizione iniziatica. Ma se si crede che ciò che l’Iniziazione deve trasmettere possa essere perduto, cioè che i nostri meriti o demeriti contingenti possano in qualche modo influetizare un modello assoluto, i termini orgoglio e presunzione mi sembrano ancora purtroppo ancora necessari. Se mi si perdona il modo di dire, giudicherei un po’ “umido” il clima generale della giornata, cioè di una qualità che mal si concilia con la natura di una iniziazione solare. Pure questo è naturalmente un giudizio soggettivo, ma il contrasto con il clima “secco” dei lavori rituali è stato da me avvertito in modo assai accentuato. Chiedo perdono ai Fratelli se in quella che nelle premesse doveva essere una breve relazione non ho saputo essere del tutto breve. Ma non potevo che riferire nel modo più completo e coerente di cui sono capace, e se ci si assume la responsabilità di giudicare, anche se in via provvisoria per le riserve fatte in precedenza, ogni giudizio deve essere giustificato. Se l’esperienza da me vissuta può essere riassunta dicendo che mi sembra di avere sentito una notevole quantità di cose, tutte in generale “giuste” ed individualmente condividibili, ma anche in qualche modo troppo parziali ed in contrasto tra loro, non posso che esternare questa sensazione e chiedermene il perché. Questo è anche il motivo per cui non mi sono soffermato sui dettagli “tecnici”, quali la circolazione nel Tempio, il ruolo di Dignitari ed Ufficiali, ecc., ma ho invece ritenuto più opportuno limitarmi a quello che mi sembra il nucleo più essenziale della esperienza fatta. E poiché ritengo che il lavoro di Istruzione possa con maggiore profitto essere svolto in forme più appropriate, colgo questa occasione per proporre all’Officina l’impegno a condurre una giornata di lavoro della R. L. Propedeutica, che mi sembra doveroso dedicare al Fratello Bianco, il cui tema potrebbe essere quello della valutazione del lavoro svolto a partire dalle base gettate molti anni fa. A.’.G.’.D.’.T.’.A.’.D.’.U.’.

TAVOLA SCOLPITA DAL FR,’. G. Bld.

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