FRANCESCO DOMENICO GUERRAZZI (Livorno 1805 – Fitto di Cecina 1872)
Francesco Guerrazzi nacque a Livorno nel 1804, figlio di un piccolo artigiano che, nonostante qualche problema economico, lo avviò agli studi. Ma il giovane Guerrazzi mostrò presto il suo carattere ribelle lasciando il ginnasio dei Barnabiti e fuggendo di casa; visse facendo il revisore di stampe, poi nel 1819 si riconciliò con la famiglia e si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza all‟Università di Pisa, dove si laureò nel 1824. A Pisa conobbe il Byron, che ammirò ed imitò in poesie e tragedie giovanili e che resterà, con Scott, il suo grande modello. Nel 1826 scrisse due poesie, “Sul bello” e “Sulla lingua”, in cui discusse il “Sermone” e la “Proposta” del Monti, ed affrontò altre questioni sulla polemica tra classici e romantici. Successivamente la sua scelta letteraria fu verso il romanzo storico e scrisse “La battaglia di Benevento”. Nel 1828 “L‟Indicatore Genovese” del Mazzini fu soppresso dalla polizia e Guerrazzi volle continuarlo con “L‟Indicatore Livornese”, che fondò nel 1829. Questi due giornali si professavano letterari, ma vennero soppressi dalla polizia sabauda e toscana, perché in essi la ragione letteraria non era che una copertura, peraltro poco nascosta, dell’intenzione politica. L‟anno successivo, accusato e processato, fu costretto al confino a Montepulciano. Riparatosi dopo alcuni mesi a Parigi, nel 1830 scrisse “La Serpicina”, un apologo che satireggia la giustizia e gli avvocati, dimostrando il superiore buonsenso degli animali rispetto agli uomini. Nel 1833, accusato con il Bini di cospirazione, fu imprigionato per tre mesi nella fortezza di Portoferraio. Dopo la sua detenzione, decise di ritirarsi dalla vita politica per dedicarsi completamente alla sua professione di avvocato e di scrittore. Si stabilì a Parigi, dove, nel 1836, furono pubblicati, con uno pseudonimo, due romanzi storici: “L’assedio di Firenze”, che narra il tradimento perpretrato da Clemente VII contro Firenze, invano difesa dai cittadini, e, sempre di spirito antipapale, “L’assedio di Roma”. Nel 1847, dopo essere ritornato in Italia, pubblicò le sue “Memorie”; l’opera richiamò di nuovo sul Guerrazzi l’attenzione della polizia, che sequestrò il libro, che sarà stampato più tardi ad opera di ignoti, e lo arrestò di nuovo. Fu questo avvenimento che gli fece prendere la decisione di tornare alla politica. Fu eletto prima deputato all’assemblea Toscana e successivamente, con la presa del potere da parte dei democratici, fu nominato Ministro degli Interni; nel febbraio del 1849, dopo la fuga del Granduca da Firenze, fondò un governo provvisorio triunvirale con Montanelli e Mazzoni; nominato in marzo capo dell’esecutivo, impresse alla sua carica un carattere dittatoriale. Tornato il granduca con l’aiuto dei moderati, Guerrazzi si rifiutò di fuggire e fu condannato, per il delitto di lesa maestà, a 15 anni di carcere, poi commutati nell’esilio in Corsica. Durante questo soggiorno, raccolse materiale per storie di ambiente corso, che utilizzò per il romanzo “Pasquali Paoli”, pubblicato nel 1864; il romanzo è dedicato a Garibaldi, che il Guerrazzi paragonò al Paoli per il carattere semplice e l’amore sincero verso il popolo. Fuggito dalla Corsica, visse a Pisa ed a Torino, dove, nel 1857, pubblicò “L’asino”, una satira morale e politica. Per intercessione del Cavour, fino al 1862 visse indisturbato, a Genova. Nel 1862 pubblicò a Milano gli “Scritti politici”, gli “Scritti letterari” ed “Il buco nel muro”, un romanzo psicologico e d’amore appesantito da digressioni, ma con tratti di notevole umorismo. Deputato al parlamento sino al 1870, rimase sempre avverso ai moderati, pur modificando la sua posizione e passando dai radicali ai repubblicani. La sua oratoria politica fu enfatica e concitata, come lo stile dei suoi romanzi. Ritiratosi dalla vita politica, andò a vivere nel suo podere a Fitto di Cecina, dove morì nel 1873. Francesco Domenico Guerrazzi era stato iniziato massone nel 1829 alla Loggia “Accademia Labronica” all’Oriente di Livorno
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