LA PORTE DEI SOLSTIZI

LE PORTE SOLSTIZIALI

NUOVE RIFLESSIONI ESOTERICHE

di

Salvatore M. S.

‘ Oh! Scruta intorno gl’ignorati abissi:

più ti va lungi l’occhio del pensiero

più presso viene quello che tu fissi:

ombra e mistero. ’

G. Pascoli

In un denario romano dell’epoca di Augusto, celebre per l’effigie del suo rovescio[i][1], appare il simbolo del Capricorno, ormai classicamente interpretata dagli storici come la raffigurazione del segno zodiacale del Principe così come riportato da Svetonio nella sua Vita dei Cesari[ii][2]. Il segno zodiacale che compare sulla moneta è classicamente rappresentato da una figura caprina con parte posteriore a forma di pesce. Ciò che è interessante far notare è che accanto a questa figura mitologica, e precisamente al davanti della testa, compare un globo e un timone, e cioè la rappresentazione del Mondo e del suo Timone (il Principe). Ma il Timone del Mondo, o Guida del Mondo è un concetto che potremmo considerare già contenuto nel simbolo stesso del Capricorno, segno zodiacale da sempre (sin dalla remota epoca protostorica dei Caldei) associato alla Porta Solstiziale[iii][3] ascendente o ‘Porta degli Dei ’; è da qui che le sarebbe stato assegnato il simbolo della Capra che si inerpica ascendendo per le aspre rupi come dedotto da Macrobio[iv][4] nel V sec. d.C.

Ma noi pensiamo che la ragione della scelta di questo animale per rappresentare il segno sia più profonda e meno immediata di quella fornita da Macrobio, che tra l’altro non ci ragguaglia sul perché dell’attribuzione da parte dei Caldei della restante parte del corpo dell’animale alla parte caudale di un pesce. Già al tempo dei Caldei e dei Babilonesi il Capricorno veniva identificato con una capra, ierofania o avantara di un Dio non ben identificabile, che, per sfuggire al mostro Tifone, divinità ctonia, scivolò nel Nilo e la parte inferiore del corpo che finì sott’acqua prese la forma di un pesce, mentre la parte superiore conservò la forma di una capra; l’anfibio pesce-capra presso i greci era collegato anche al mito di Pan, incarnazione dell’Universo (ma occorre sottolineare che il mito di Pan in realtà sembra essere assai posteriore all’epoca babilonese e protogreca); il mito del Capricorno così descritto si ricollega anche idealmente alla costellazione solstiziale, per metà proiettata nell’elemento acqueo, primordiale, simbolo di caos (c.f.r. Dio Apsu della tradizione babilonese) e per metà nell’elemento aereo (l’equivalenza di capra con la vitalità) prima differenziazione dell’etere primordiale; inoltre non bisogna dimenticare che la capra nella tradizione indiana è simbolo della materia originaria, incarnazione della Grande Madre. Il mito greco racconta che gli Dei dell’Olimpo per sfuggire al mostro Tifone, per metà uomo e per metà belva, si trasformarono in animali e la forma di capra o caprone fu assunta  da Dionisio (che aveva infatti sacro il caprone, che veniva usato nei sacrifici e che era utilizzato dal dio come cavalcatura, ma anche da Pan). Dionisio (il cui culto affonda le radici nella tradizione pre-greca tracico-frigia e quindi, per parte frigia, di origine quanto meno orientale) era il dio dell’Ebbrezza, dell’Ispirazione e dei Misteri e la trasformazione in pesce-capra dovrebbe essere ricollegabile a questa divinità. Non bisogna dimenticare che alcuni studiosi[v][5] lo considerano anche ‘ Signore delle Anime ’, ed E. Rohde (in Psiche)  sostiene addirittura che la credenza dell’immortalità dell’anima fosse introdotta in Grecia dal culto di Dionisio. Altri studiosi[vi][6] ritengono inoltre che alcune feste dedicate a Dionisio (tipo le Antesterie) fossero dedicate ai morti e, in generale, nelle religioni misteriche Dionisio era associato con gli Inferi (a dimostrazione di ciò è la presenza in molti sarcofagi di decorazioni con miti dionisiaci).

E’ interessante infine notare come il delfino, idealizzazione e sublimazione del simbolo del pesce, sia considerato nella tradizione etrusca come ‘traghettatore’ di anime dei defunti, Ponte verso gli Dei, e come sia i pesci e/o i delfini che i polipi (quest’ultima come rappresentazione antica del segno del Cancro, porta solstiziale degli ‘uomini’) siano effigiati nei sarcofaghi cretesi del II millennio a.C., ultima dimora del corpo dei defunti.

La costellazione del Capricorno possiede poi  un’importanza storica rilevante, in quanto ha dato il nome a uno dei tropici e segnava 2000 anni fa il limite del solstizio invernale (oggi per il fenomeno della precessione ciò non si verifica più essendo la costellazione del Sagittario quella che attualmente si proietta all’apice del cammino settentrionale del Sole in inverno). Tornando al nostro primo ragionamento se è fuori di dubbio che Augusto sia nato sotto il segno solstiziale d’inverno rimane da spiegarci come mai questo segno dello zodiaco appaia come tipo monetale[vii][7] anche in altri imperatori successivamente, e cioè in Tiberio (in cui ce ne sono addirittura due rappresentati), e in tutti e tre i Flavi, ma anche in Antonino Pio, Adriano e infine in Gallieno. In quasi tutte le rappresentazioni del segno appare anche la cornucopia. E’ fuori discussione che gli imperatori menzionati avessero i genetliaci sotto il segno in questione e da ciò si evincerebbe che la rappresentazione del capricorno sia in realtà nata da una precisa volontà di inserimento di un simbolo tradizionale che si collega a sicure conoscenze di ordine superiore. L’interessante associazione del Timone e del Globo con la Porta degli Dei richiama il simbolismo della Luce e della Vita, il cammino ascensionale delle anime che sono in qualche maniera intermediate dalla figura  del Re-Sacerdote (il Principe) o Wang[viii][8], mediatore e Pontefice tra Terra e Cielo, colui che apre il cammino e governa il viaggio verso le realtà di ordine superiore. 

Canonicamente la Porta degli uomini, meridionale  e discendente, si trovava 2000 anni or sono sotto il segno del Cancro (attualmente, per la precessione è sotto quello dei Gemelli), ma ciò che ha attirato la mia attenzione sul segno che lo precede (i gemelli appunto) è stata la rappresentazione grafico/simbolica  tradizionale che si fa di questo segno e cioè due righe verticali e due piccole linee curve sopra di esse, un po’ a voler rappresentare la porta di un tempio con le due colonne d’entrata, il tetto e il pavimento. Ma perché mai i gemelli hanno avuto dai Caldei e successivamente questa rappresentazione grafica tradizionale? La spiegazione forse si può arrivare a dedurre all’atto dell’osservazione della costellazione nei cieli invernali: l’insieme delle stelle che la compongono disegnano allo zenit dell’emisfero celeste di inizio anno un grande rettangolo, la cui sommità è costituita  dalle due stelle principali eponime (Castore e Polluce, ovvero i Dioscuri o Gemelli per antonomasia). A osservarla si ha proprio l’impressione di una grande porta, anzi forse è l’unica costellazione presente alle nostre latitudini che da l’idea di ‘soglia’ , di grande apertura o Porta di Uscita della sfera celeste. La Porta degli Uomini è la Grande Porta da dove è facile uscire, la Porta del Tempio dalla quale si viene fuori per entrare nel cammino discendente del regno degli uomini , nel ciclo della manifestazione grossolana, la grande Porta degli Uomini dalla quale il sole esce dopo il lungo percorso annuale ascendente per entrare ai confini della costellazione del Cancro, initium regni hominis. Non è un caso che nella Massoneria Simbolica Brasiliana[ix][9] l’iniziato riceve la Luce all’epoca dei Gemelli. Secondo le scienze tradizionali la parte finale dell’età atlantidea, cioè la sua fase sabeica, è denominata Era dei Gemelli[x][10], ove si realizzano le iniziali forme di conoscenza e di coscienza religiosa, era pre-caldea, inizio del cammino discendente dell’uomo dal suo stato edenitico di conoscenza primordiale fino all’attuale KaliYuga, l’età oscura delle tenebre[xi][11]. Il sole nel suo cammino discendente culmina sulla proiezione della penultima costellazione prima di rientrare nella porta solstiziale invernale, e cioè nel Sagittario (che in realtà è, per il fenomeno della precessione, l’attuale porta solstiziale); ora come è noto dalle recenti scoperte astronomiche, la costellazione del Sagittario si trova esattamente al centro della nostra galassia ove sarebbe presente un gigantesco buco nero, cioè il Nulla che risucchia il Tutto, e questo è un dato molto interessante da correlare al cammino discendente descritto che, un po’ come l’ubicazione dell’Inferno dantesco al centro della terra ove sta sospeso nel vuoto Lucifero, culmina nella proiezione del ‘ centro del nostro Universo ’ per poi risorgere alla Luce della Porta degli Dei. Come abbiamo più sopra stigmatizzato attualmente esiste un’ equivalenza tra porta solstiziale invernale e la proiezione del sole al centro della galassia, come se simbolicamente venga a mancare quella forza che riporti il sole alla luce del Capricorno, timone del Mondo e porta verso il trascendente.  La porta degli Dei è giunta al suo ipogeo, al centro della materia, nell’epoca della quantità e della forma, ma , confidiamo, che secondo la legge dell’analogia, questi due ordini debbano potersi invertire l’un l’altro, in maniera tale che quello che sta più in basso possa ritornare a essere il punto più alto, come Ermete ci insegna nella Tabula Smaragdina … in caso contrario tutto finirebbe come previsto un giorno dalle scritture.



[i][1] S.W. Stevenson, A Dictionary of Roman Coins, Seaby LTD, London 1982

[ii][2] Svetonio, La vita dei Cesari, Garzanti , 1981

[iii][3] R.Guenon, Simboli della Scienza Sacra, Adelphi 1997

[iv][4] MACROBII AMBROSII THEODOSII Saturnalium ConviviaI Saturnali di Macrobio Teodosio, a cura di N. Marinone, Torino 1977

[v][5] N.G.L. Hammond and H.H. Scullard, Oxford Classical Dictionary, Oxf Univ Press 1970

[vi][6] J.E. Harrison, Proleg. To the Study of Greek Religion.

[vii][7] S.W. Stevenson, A Dictionary of Roman Coins, Seaby LTD, London 1982

[viii][8] R. Guenon, La Grande Triade, Adelphi 1980

[ix][9] M.Moramarco, Nuova Enciclopedia Massonica, Bastogi, 1989

[x][10] N. Sementovsky-Kurilo, Astrologia, Hoepli Milano, 1986

[xi][11] R. Guenon, Il regno della Quantità e i segni dei Tempi, Adelphi 1982.

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