CONCORSO LETTERARIO R . LOGGIA “N. GUERRAZZI” FELICITA’ E’ …

1°  Premio

Barbara  Giardelli

Liceo Scientifico   “C. Cattaneo”

FOLLONICA

MOTIVAZIONE

Un viaggio simbolico attraverso i quattro elementi primordiali alla ricerca della felicità, superando prove ardue e impegnative, con coraggio e determinazione, per giungere finalmente a scoprire la vera felicità, quella più profonda e duratura che affonda le sue radici nell’animo umano.

“Ogni uomo nella vita ricerca la felicità, della quale ha dentro di sé un lontano sentore, un ricordo atavico che lo spinge al bene. Solo inseguendo quella percezione di estasi insita in lui potrà ritrovare se stesso, il suo mondo e la sua felicità”.

SFOLGIMENTO

Il viaggio della Felicità

Un giorno lontano nel tempo, e così prossimo da essere ancora atteso, viveva un giovane che più degli altri si soffermava a meditare sul vero significato e sulla reale essenza della felicità.

Da sempre tal pensiero balenava nella sua mente, sin dall’età più tenera. Cosi guardava il cielo terso, le nubi che appena sfioravano l’azzurro, e cercava nella profondità della valle e nella brezza del mattino la sua felicità.

Cercava la felicità più importante, quella più profonda, quella che rimane per sempre.

Bramava la felicità che aprendo gli occhi al mattino ci si trova davanti. Cercava la felicità che fa godere dell’oggi e fa nascere una grande attesa del domani.

Un giorno giunse al villaggio un anziano con il volto segnato dal tempo e dal sole. I suoi occhi, benché ormai ciechi, erano sereni e protettivi. Il giovane, vedendolo, si avvicinò timidamente e chiese con voce tremula: “Dimmi, buon saggio, io tanto ho cercato risposte a una domanda che ogni giorno mi sovviene alla mente e a cui non trovo soluzione, sai tu dirmi qual’é? Io cerco la felicità e tanti mi dicono cosa devo fare, come devo comportarmi, cosa non devo fare, ma io non capisco cosa c’entrino tutte queste cose con la felicità. Consigliami tu, buon uomo: come si può essere felici?”. Il vecchio saggio, che aveva ascoltato le parole del fanciullo, alzò il capo al cielo, e dopo aver profondamente sospirato, cosi iniziò: “Parti, vai lontano da qui, abbandona i prati verdi del conosciuto, lascia la tranquillità dei boschi natii e vai oltre le terre sicure… Là, se riuscirai a terminare il viaggio, saprai in realtà cosa la felicità rappresenti.”

Così ebbe inizio il viaggio, intraprendendo con una fragile canoa le vie di un grande fiume. Il cielo azzurro terso iniziò a farsi oscuro, e nubi cariche di pioggia cominciarono ad affacciarsi all’orizzonte. Tutta la violenza di una tremenda tempesta si scatenò sul giovane. Il gelido vento del nord soffiava incessante, spingendo la canoa verso luoghi mai battuti. Lo sconforto e la sofferenza attanagliarono il giovane fino a quando un barlume di vita lo portò a reagire, ed egli si oppose a cotanta potenza con tutte le sue forze.

Il tempo tornò sereno: il sole non era mai parso così bello, l’aria aveva una connotazione sublime; i colori, gli odori, tutto era indecifrabilmente bello. Testimone di tanta bellezza, il giovane posò i remi in barca e si fece condurre dalla saggezza del fiume… Al termine di tale lotta il fanciullo sentì le palpebre pesanti, e gli occhi gli si chiusero ricercando la pace, la profonda tranquillità.

Lo scontrarsi della canoa contro uno scoglio interruppe il suo riposo. Il giovane rizzò il busto e vide il fiume che si diramava in migliaia di altri corsi. La delusione crebbe forte in lui: non avrebbe potuto sapere quale era la via giusta né avrebbe potuto percorrerle tutte. Iniziò a desiderare che comparisse un segno ad indicargli il cammino da intraprendere, e, per incanto, il numero di canali diminuì. Stupito ma rinfrancato egli continuò a desiderare, e, più desiderava, più le vie diminuivano, fino a quando ne rimase una sola. Il giovane continuò nella sua esplorazione, finché la canoa si arenò. Proseguì a piedi il suo cammino, ma gli occhi gli imposero di fermarsi.

Una ragazza bellissima lo fissava, immobile. Gli occhi d’ebano, la pelle ambrata, i capelli color castagna matura, le forme sinuose, tutto pareva esserle stato donato dalla natura che la circondava. Un miracolo di bellezza. Avanzava lenta verso di lui, completamente nuda, con la stessa grazia con cui il vento si muove tra le foglie. Si amarono intensamente, senza freni. A tratti soffrivano, a tratti il piacere li soffocava. A tratti gridavano, piangevano rotolandosi sulla nuda terra; a tratti, immobili, si sussurravano parole d’amore tanto flebili che anche il canto di una cicala poteva rubarle.

Sprofondarono tra le braccia di Morfeo dopo l’esercizio d’amore. Al risveglio la Venere era sparita.

Lentamente lentamente la sottile nebbiolina che aveva coperto il bosco dei due amanti si dissolse sotto i caldi raggi del sole, e si profilò agli occhi del giovane una distesa di abeti sovrastata da una superba montagna, la cui vetta era illuminata da una luce dorata che sembrava indicare la direzione del nuovo percorso che lo attendeva. Nel suo animo c’era una profonda inquietudine all’idea di addentrarvisi, ma la luce lo spinse ad andare avanti, in quell’oscurità sì temuta dal cuore.

Man mano che il sentiero veniva inghiottito dalla selva, i passi del giovane si fecero più titubanti. Anche la cupa atmosfera tremava nel presagio di ciò che sarebbe avvenuto.

Ed ecco, un drago dalle lucenti spire, e poco più in là uno scudo ed una spada. Il Drago si avvicinava, il cielo si faceva oscuro. La mente del giovane trasmetteva insistenti messaggi di fuga, ma il desiderio di giungere alle agognate risposte era ormai impellente, e, brandite le misere armi lo scontro ebbe inizio. Nel cielo si sparsero lapilli di fuoco lanciati dalla bocca del Drago e i bagliori della spada al chiaro di luna illuminarono quella notte epocale. Il drago fu vinto.

Tutto si schiarì, ed un burrone del quale non si vedeva il fondo si stagliò davanti al giovane. Al di là da questo, cullato da un dolce vento primaverile ed appoggiato ad un ciliegio in fiore, si trovava quel vecchio con il viso bruciato dal sole. Il giovane rincuorato da tale visione gridò: “Dimmi dunque, oh saggio, come faccio a giungere fino a te? Questo crepaccio è invalicabile e io, nonostante il mio peregrinare, non ho ancora contemplato il volto della felicità.”. Il vecchio voltò il capo e bonario chiese: “Cosa sei disposto a fare per giungere a me, piccolo mio?” Il giovane rimase sgomento di fronte a tale domanda. Poi guardò in basso e senza pronunciare parola si gettò nel baratro.

Ricomparve accanto al vecchio. Ed egli cominciò, con tono calmo e pacato, quasi cantando: “Tu cercavi la tua felicità nelle cose ferme e stabili, l’hai scoperta intraprendendo questo lungo viaggio, nel quale hai dovuto mettere a dura prova ciò che sei, ciò a cui credevi. Hai dovuto abbandonare tutto, per sondare flutti impetuosi.

La ricerca della felicità è come un viaggio in cui dobbiamo lasciare la terra sicura per solcare, con una fragile canoa, quell’immenso fiume della nostra vita.

Il vento dei desideri tende a forzare la nostra direzione, là, dove la passione non è ancora arrivata, e scopriamo così la felicità della vita spossante. Scopriamo che l’esistenza è fatta anche di abbandoni, e che la felicità è una sorta di tensione esistenziale che tutto anela e che ogni cosa trasforma.

Abbiamo bisogno di tempesta nella vita, affinché la nostra esistenza trovi il suo colore, riscopra i suoi profumi e il nostro respiro si faccia più aperto, più disteso.

Tu cercavi la tua felicità nelle futilità, l’hai trovata nello scovare i tuoi desideri. Ci rendiamo conto che il chiasso della continua caccia alla felicità ce ne ha fatto perdere il senso.

Come puoi trovare ciò che non sai intensamente desiderare? Occorre fare spazio, espandere lo spirito e lasciare che la grandezza del desiderato inondi il vuoto che si è creato in noi. Quando questo accade ci rendiamo conto che la felicità è imparare a desiderare, è imparare a sentire il bisogno di questo desiderio.

E’ necessario lasciare una distanza tra la tensione alla felicità e la sua possibilità di realizzazione. L’essere umano non è fatto per la mediocrità, ma per la grandezza della profondità e dell’energia dei nostri desideri, che accendono con i colori della speranza una ricerca che sembra senza direzione.

Tu cercavi la tua felicità nel consenso pubblico, l’hai scoperta nell’intimità dell’amore. Vi è un’energia potente che troppo spesso sopiamo e che ogni giorno sostiene, dal fondo del nostro animo, la nostra vita: la felicità che viene dall’amore.

 Proprio quell’amore bistrattato, confuso, sconosciuto, ricattato, deluso, che inonda di forza ogni nostra azione. Quante volte abbiamo cercato di scambiarlo con una controllata razionalità e quante volte l’abbiamo scacciato nelle profondità del nostro cuore, per ammutolirne la voce, il richiamo.

Quante volte abbiamo rinchiuso la sua sterminata saggezza sotto una coltre di apatia, ma non si ottiene, con il freddo cinismo, ciò che lui solo possiede. Ma l’amore sa attendere il momento giusto, aspettare l’attimo di esitazione, l’incertezza, il dubbio, per irrompere dolcemente nella nostra vita e trasformare ogni cosa, per illuminare ogni rapporto, per dare energia ad ogni lavoro. L’amore riempie, poco alla volta, ciò che noi seguitiamo a svuotare e sostiene dolcemente la nostra vita, insipida senza il suo calore e vana senza la felicità dell’amore che trascende ogni attimo e trasforma ogni esperienza.

Tu cercavi la tua felicità superficialmente, hai scoperto che necessita di tutto il coraggio che hai.

Nel momento in cui abbandoniamo ogni esitazione e andiamo incontro al nostro destino ci accorgiamo che una nuova energia nasce dentro di noi. Quando l’uomo accetta l’ineluttabilità dello scontro, una nuova forza invade il suo essere: la forza del coraggio. Verrà nella vita un tempo in cui dovremo difendere la verità che è in noi, verrà un attimo nel quale lottare vorrà dire affermare la propria libertà, i propri valori, ciò per cui vale la pena amare, vivere e soffrire. Quello è il momento in cui dovremo affrontare il Drago, le paure, l’ignoto; il coraggio sarà la nostra spada e il nostro scudo.

Come puoi sperare di essere felice, di vivere nella felicità se non hai il coraggio di difendere questo piccolo seme di speranza che é nato in te? Come potrai sperare di essere felice se non avrai il coraggio di difendere la tua felicità? Il valore della felicità dipende da quanto la sappiamo difendere. Non basta l’amore se non sappiamo difendere l’amore che è in noi.

Tu cercavi la felicità nell’ovvietà, nell’immediatezza senza sacrifici, hai scoperto che se la vuoi, devi andare, perseverando, dove il tuo cuore non aveva mai osato.

Come potrai conquistare la felicità se non sarai capace di abbandonare tutto, di lasciare ogni cosa, di perdere ogni tesoro per poterla conquistare? Quanto saresti disposto a perdere, quale sacrificio saresti disposto a sopportare per essere felice?

Il prezzo della felicità consiste nella capacità di rinunciarvi per qualcosa di importante. La felicità cresce nel sacrificio che fa di se stessa e, proprio nel dono di sé la felicità si genera, cresce e diventa bellezza. L’opacità, delle giornate grigie che hanno connotato la tua esistenza, altro non erano che momenti nei quali non avevi chiaro per cosa saresti stato disposto a rinunciare a tutto.

Tu cercavi la felicità, ma ad ogni scoperta l’avventura continuava. Ogni domanda portava solo ad altri quesiti. Sai perché caro fanciullo? Perché la felicità ti è sempre stata accanto. La felicità era nelle tue ansie, nelle tue domande, nelle tue mancate risposte. La felicità era nel vento gelido della notte e nel sole che illuminava l’alba al mattino. Era lei che ti metteva in cammino, era la felicità che accarezzava il tuo volto, quando ti coricavi alla sera, dolcemente. Più la cercavi lontano più lei si avvicinava al tuo cuore, abbracciandolo.

Ma tu, non avevi occhi per scrutarti, avevi bisogno di un viaggio nel mondo esterno per scoprire l’universo che eclissavi dentro di te. Avevi solo bisogno di togliere quella scorza dura per lasciare che venisse  alla luce ciò che hai sempre saputo.

Ogni uomo nella vita ricerca la felicità, della quale ha dentro di sé un lontano sentore, un ricordo atavico che lo spinge al bene. Solo inseguendo quella percezione di estasi insita in lui potrà ritrovare se stesso, il Suo mondo e la Sua felicità.

Ora il viaggio è terminato, la felicità è arrivata, la felicità sei tu.”

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