IL GIORNO DELLA MEMORIA

Una, dieci, cento memorie…ma? Filo conduttore di questo numero dell’Uomo qualunque è la Memoria. Quella con la lettera maiuscola, quella storica, quella che ancora non riesce a mettere tutti d’accordo, quella troppo lunga o troppo corta; che a volte può fare ancora male e, per questo, spesso, qualcuno preferisce rimuoverla.
Tutto comincia con la “giornata della Memoria”, quel 27 gennaio che, per legge dello Stato – una legge inventata e scritta da Furio Colombo (il cognome lo ha usato negli anni della Fiat, il nome come direttore dell’Unità) – commemora l’olocausto degli ebrei nei campi di concentramento nazisti. Quello e basta. Neppure l’olocausto degli ebrei nella sua generalità, la lunga scia di persecuzioni, cacciate, eccidi, faide, emarginazione e odio che attraversa tutta la storia del popolo “prediletto da Dio” dalle pagine bibliche della schiavitù egiziana fino ai giorni nostri. No, per legge, si commemora solo “quel” particolare genocidio.
Già dalla sua primissima apparizione questa legge, che obbliga le scuole, gli Enti pubblici, la televisione di Stato (come se ce ne fosse bisogno) a una riflessione sulla “barbarie nazista”, suscitò più di una perplessità, ma soprattutto il risentimento di tanti altri popoli, etnie e religioni che, nel passato neppure troppo remoto, hanno dovuto subire analoghe, se non più feroci, persecuzioni.
Così, quasi d’improvviso, sulla scia della Memoria non condivisa, si è scoperto che c’erano state stragi, massacri, pulizie etniche, epurazioni politiche, eccidi che hanno cancellato intere popolazioni senza che nessun legislatore se ne ricordasse per onorarne il ricordo…
Per questo, ogni 27 gennaio, la polemica riprende vita: “se giornata della Memoria deve essere – sostengono in molti – che sia della memoria di tutte le stragi, di tutti i genocidi”. “Assolutamente no – ribattono i rabbini ben appoggiati dai media e dal conformismo di sinistra – perché l’olocausto del popolo ebraico nella seconda guerra mondiale ha criteri di eccezionalità tali da renderlo unico al mondo”. Quali questi criteri? “La volontà di annientare un’intera razza, il numero enorme di vittime, la ferocia della persecuzione”, rispondono gli esegeti della Scioà. Qualche settimana fa, però, nel corso della trasmissione “Excalibur” è stata portata all’attenzione degli ascoltatori (pochi e non di sinistra, quindi silenziosi e inutili) una verità ben più scomoda e sconosciuta. Il vero, gigantesco “Olocausto del XX secolo” è stata la strage dei cristiani… Quello appena trascorso, infatti, è stato il secolo in cui sono stati uccisi, nel mondo, più fedeli di Cristo che nei diciannove precedenti. Un numero enorme, persino incalcolabile: forse 30, forse 50 milioni di persone che sono state eliminate in quanto portatori di una Fede scomoda per due nemici fondamentali: il comunismo ateo e l’espansionismo islamico.
Non abbiamo né il tempo, né le capacità per dettagliare questa lunga scia di sangue che inizia con il genocidio degli armeni da parte dei turchi, prosegue con lo sterminio che culachi russi, l’oppressione della chiesa dell’Est europeo, per proseguire, ancora oggi, con l’eccidio dei cattolici libanesi, le persecuzioni in Cina o a Cuba e i quotidiani massacri di popolazioni cristiane in Sudan come in Indonesia, a Timor est come nella Filippine.
Per volontà annientatrice, enormità del sacrificio umano e ferocia subìta crediamo che anche questo massacro abbia caratteri di “unicità” tali da meritare l’istituzione di una “giornata della Memoria dei martiri cristiani del 900” e questo soprattutto in un Paese che, oltre ad ospitare il Seggio di Pietro, riconosce ancora il Cattolicesimo come religione di Stato. Ma la giornata della Memoria (quella ebraica), inesorabilmente accende e trascina con sé le tante (troppe) memorie di orrori passato. Allora c’è chi, giustamente, chiede un ricordo per i cento milioni di morti causati dal comunismo. C’è chi vorrebbe che quando si parla di “pulizia etnica”, esodo e genocidio razziale si ricordasse prima di tutto quello avvenuto in casa nostra, del quale furono vittime 350 mila italiani delle terre d’Istria e Dalmazia (vedi l’articolo successivo). C’è chi vorrebbe non fossero dimenticati i morti della guerra civile, quegli 84 mila fascista trucidati dai partigiani, soprattutto a guerra finita. Tutte memorie scomode, queste. Memorie dimenticate. Memorie che l’omologazione culturale e l’appiattimento su una visione storiografica di sinistra aveva pressoché cancellato. Ma c’è anche chi risponde che questo è “revisionismo storico”, che ci si deve attenere all’unico grande massacro riconosciuto, consacrato, ricordato ed esecrato da tutto il mondo, che è opera dell’unico demone anch’esso riconosciuto, ricordato ed esecrato da tutti: il nazismo… Tutto il resto è silenzio. Anzi: ai cattolici che, timidamente, hanno ricordato Fatima e le sue terribili predizioni di persecuzione contro il popolo di Cristo; risponde una certa storiografia televisiva ricordando i massacri perpetuati “nel nome di Cristo”. Senza arrivare alle aberrazioni di Adel Smith, abbiamo assistito a vergognosi filmati “storici” sulla conquista dell’America del Sud nei quali l’avvento degli spagnoli e del cristianesimo, ai danni delle culture e delle religioni pre-esistenti, veniva presentato come una strage di proporzioni bibliche. Fortemente anti-cristiani sono stati anche i toni di molte commemorazioni pubbliche del 27 gennaio, durante le quali esponenti ebraici hanno sottolineato (anche in televisione) il ruolo persecutorio della Chiesa contro un popolo accusato di “deicidio”. Non sono mancati, infine, gli ormai consueti filmini truculenti sulla Santa Inquisizione… Dunque si può dire che esiste un vero e proprio borsino delle memorie “politicaly correct”, nel quale – per esempio – sono in calo le femministe (niente streghe bruciate quest’anno in tv), mentre sono in netta ripresa i gay (che si sono visti consacrare come “co-martiri” nei campi di sterminio) e persino gli sloveni che, nascondendo le mani ancora sporche di sangue italiano, sono stati gratificati dal sindaco di Trieste di un bel discorso commemorativo nella loro lingua gutturale. Insomma, la Memoria non è un gioco facile, anzi, è un’arma pericolosa, soprattutto quando è manovrata, manipolata, esaltata o cancellata in nome delle ideologie, delle fedi religiose, delle appartenenze etniche o razziali. L’unica cosa certa, a questo punto, è che il Novecento ci ha lasciato un patrimonio di orrori e di dolori che sarà lungo e difficile smaltire. Da parte nostre ci permettiamo qualche considerazione finale.
Giustizia vorrebbe che ci fossero “giornate della memoria” per tutti gli orrori… così, al 27 gennaio, è già stato chiesto di affiancare il 10 febbraio in ricordo delle vittime delle Foibe; poi la giornata della memoria del martirio cristiano… e così via.
A questo punto, però, sarebbe stato meglio istituire una sola giornata del comune ricordo, in cui tutti potessero piangere i propri morti e, comunemente, commemorare olocausti, martirii, genocidi, stragi e persecuzioni… Un giorno per piangere insieme, per capire, esecrare, impegnarsi a non più commettere simili orrori, evitando quindi di spargere altro odio e di fomentare altre divisioni.
A ben pensarci, tuttavia, un giorno così c’era già, ma ce ne siamo dimenticati… C’era il 4 novembre, il giorno in cui si commemorano i morti…tutti i morti… Il giorno in cui i nostri cari sono accomunati, nella preghiera, a milioni di altri che non consociamo… Il giorno in cui, portando un fiore al cimitero e passando tra tante lapidi, immagini, monumenti e frasi, ci rendiamo conto del comune senso del dolore… altra faccia del comune senso dell’amore. Esisteva già la “Giornata del ricordo” ma era una giornata di pietà e di preghiera… Poi arrivò Furio Colombo…
Guido Giraudo

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