LA PAROLA di Eros Rossi

LA PAROLA

Carissimi fratelli,

         nell’ultima Tornata dei Lavori i ffr. S. e L. hanno presentato

due Tavole incentrate sullo stesso argomento: LA PAROLA, sviluppando su tale tema una serie di considerazioni molto interessanti anche se, come è logico, ognuno dei fratelli ha impostato il proprio Lavoro secondo personali e originali argomentazioni.

           Come spesso succede ascoltando una Tavola in Loggia, ognuno di noi ha avvertito un immediato prurito intellettuale, ha percepito stimoli interessanti, ha afferrato aspetti sui quali forse non aveva riflettuto abbastanza, ha sentito un moto istintivo dell’animo che lo portava a chiedere la parola pur consapevole di non essere preparato in modo adeguato rispetto al tema trattato.

Il più delle volte, dato il poco tempo che abbiamo per riflettere “a caldo” sui concetti esposti da un altro fratello, si finisce con il rimanere bloccati dalle nostre rapide analisi interiori, quasi paralizzati nel tentativo di costruire di getto una bozza di intervento; a quel punto ci ripromettiamo di approfondire in seguito, con la dovuta calma, l’argomento e di farne oggetto di un nostro intervento alla prossima Tornata in modo da contribuire, attraverso una meditata riflessione, al nostro perfezionamento e nel contempo rendere più ricchi e articolati i nostri architettonici Lavori.

           Credo che l’esperienza di ciascuno di noi sia ricca di questi eventi e di queste promesse di studio e di analisi, che purtroppo spesso rimangono solo delle promesse fatte a noi stessi e non riescono a concretizzarsi per una serie di motivi (problemi di lavoro, di famiglia, sociali, forse a volte anche un po’ di pigrizia).

           Sono convinto che l’impegno di ognuno di noi verso la ricerca interiore e verso il proprio miglioramento dovrebbe essere più forte, più determinato, più constante, più concreto e tale da produrre una serie di Lavori capaci di generare quel “brain storm” o tempesta di cervelli che si realizza quando i fratelli espongono le loro meditazioni producendo una sorta di reazione a catena di stimoli, di riflessioni, di analisi, etc.. e che è uno dei risultati più esaltanti dei Lavori di Loggia.

           In questa circostanza ho cercato di superare ogni difficoltà e, sollecitato dagli argomenti esposti dai fratelli Santini e Lari, ho tentato di allargare il campo di riflessione sul tema della parola.

Per fare questo vorrei giungere al nostro presente (chi siamo ?) partendo da lontano (da dove veniamo ?) e più precisamente (e vi prego di non spaventarvi!) da circa 3 milioni di anni fa.

           E’ questa infatti, anno più anno meno, l’epoca nella quale dai primati, dalle scimmie allora esistenti, si cominciò a staccare una sottospecie che, ancora in modo incerto, camminava in posizione eretta e aveva un volume cerebrale leggermente più grosso: gli Ominidi. Da essi poi, nel corso di migliaia di anni, si sarebbero formati per evoluzioni e trasformazioni successive l’Homo Abilis, l’Homo Erectus e infine, circa 200.000 anni fa, l’Homo Sapiens.

           In questo lungo processo evolutivo un organo in modo particolare si modificava progressivamente, aumentando il suo volume e diventando sempre più complesso: il cervello, sede della intelligenza, della ragione, organo nobile per eccellenza per mezzo del quale l’uomo diventerà la specie dominante del nostro Pianeta.

           Un celebre antropologo e anatomista, alla domanda perché le scimmie, abitanti la Terra da molto tempo prima dell’uomo, non parlino rispose: “L’unica ragione per cui una scimmia non parla, è perché non ha niente da dire.”

           Può sembrare una risposta banale e invece queste parole esprimono una profonda verità sulle relazioni strettissime esistenti fra cervello e linguaggio parlato, peculiare della razza umana.

           Ebbene, l’Homo Abilis prima e l’Homo Erectus successivamente, al contrario delle scimmie, probabilmente avevano delle cose da dire, il loro cervello sempre più evoluto evidentemente elaborava in modo semplice ed elementare concetti che premevano per essere riprodotti attraverso i suoni, attraverso la parola.

           Purtroppo la loro laringe era posta molto in alto nel collo, come è ancora adesso nelle scimmie, e impediva loro di articolare i suoni in modo armonico e compiuto. Essi potevano bere e respirare nello stesso tempo, ma non potevano parlare se non emettendo pochi suoni, in quanto una laringe così alta riduceva lo spazio per la faringe che serve a modificare i suoni fondamentali prodotti dalle corde vocali.

           E’ lo stesso fenomeno che avviene nel bambino appena nato: egli riesce a bere e respirare con naturalezza, altrimenti non sarebbe in grado di poppare; proprio perché la sua laringe è in alto come nelle scimmie egli vocalizza come gli animali.

           Dopo il primo anno di vita la laringe comincia a scendere alterando in modo sostanziale il meccanismo con cui il bambino deglutisce, respira e vocalizza. Il processo appare ancora misterioso, ma alla fine un uomo adulto ha la laringe molto più in basso che alla nascita: egli ha perso la capacità di bere e respirare contemporaneamente ma ha acquistato una grande cavità faringea sopra le corde vocali, chiave indispensabile per una migliore articolazione e differenziazione dei suoni.

           Questo processo, che nei bambini avviene in un arco di tempo brevissimo, nel cammino evolutivo dell’uomo ha impiegato decine di migliaia di anni per realizzarsi. Ma il cervello, nella sua crescita imperiosa, spingeva perché l’uomo potesse parlare, potesse trasmettere agli altri uomini le sue esperienze, le sue riflessioni, i suoi pensieri, le sue piccole intuizioni, e piano piano l’anatomia del cranio e del collo si sono modificate per poter consentire l’emissione di  fonemi singoli che combinati opportunamente fra loro producono parole.

           Oggi noi sappiamo che le parole nascono come modello prefigurato nel cervello, per cui i muscoli preposti al linguaggio si predispongono in attesa di emettere un suono, in modo sempre diverso in funzione del fonema che precede e che segue quello da pronunciare. Il concetto, stimolato dal cervello, ha una sua corrispondenza nei muscoli che si preparano ad agire.

           Per ottenere questo effetto tutto l’apparato muscolare del collo dell’uomo ha dovuto subire nel tempo profonde modificazioni, senza le quali oggi noi vocalizzeremo come le scimmie.

           Ebbene, carissimi fratelli, dopo questo lungo e sofferto processo evolutivo che ha interessato il cranio, il collo, i muscoli, finalmente circa 200.000 anni fa l’uomo ha cominciato a parlare, realizzando l’evento più straordinario e importante della storia dell’Umanità: nasceva in tal modo la cultura, la capacità cioè di tramandare nel tempo le proprie esperienze, i propri pensieri, le proprie emozioni, attraverso la trasmissione orale agli altri e soprattutto alle nuove generazioni. Si ponevano le basi della vita di gruppo, dell’organizzazione sociale e utilizzando il formidabile strumento della parola, in tutte le sue manifestazioni, l’uomo ha accelerato in modo incredibile la sua evoluzione, fino a dominare incontrastato su tutta la Terra.

           Per noi il linguaggio, la parola, la possibilità di esprimersi e di comunicare con gli altri appaiono cose semplici, come il respirare o il camminare, quasi che il parlare fosse una cosa naturale e innata nell’uomo. Ma dobbiamo sapere che non è così, che l’uomo ha sempre posseduto tutta una serie di funzioni fondamentali, che ha conquistato la postura eretta e la camminata bipede e la capacità di opposizione del pollice già milioni di anni fa, mentre per appropriarsi dell’uso della parola ha dovuto lottare con fatica per circa 3 milioni di anni.

           E nel momento che si realizzava questo straordinario evento (o forse prima) nasceva e si sviluppava la parola interiore, quella capacità cioè di pensare (cogito, ergo sum; penso, quindi sono, esisto) di analizzare, di riflettere, di collegare gli eventi e i fatti, di meditare su sé stessi e il mondo che ci circonda, di elaborare una serie di ragionamenti capaci di far emergere la nostra spiritualità, la nostra sensibilità, la nostra creatività, la nostra emotività.

           Vedete, carissimi fratelli, anche questo fenomeno a noi appare naturale e scontato: quando leggiamo sentiamo la nostra voce interiore che trasmette al cervello le frasi che scorrono sotto i nostri occhi, quando riflettiamo intensamente sentiamo la nostra voce interiore che elabora, razionalizza, confronta.

           Ma pensiamo ai nostri lontani antenati, nel buio delle caverne, sentire emergere nel silenzio una voce che veniva dal di dentro, che si inter rogava, che ripercorreva gli avvenimenti della giornata, che si spingeva ad immaginare il futuro, che dava corpo e contenuto ai loro sentimenti, che meditava su tutto ciò che stava fuori dal loro io. Ci possiamo immaginare il loro stupore, il loro desiderio di fissare, magari  con pitture rupestri, i loro pensieri, di farne oggetto di confidenza con qualche altro uomo, di confrontare riflessioni, chissà, forse in modo molto riservato parlando solamente con colui o coloro che sentivano più vicini al loro modo di pensare per non essere fraintesi o derisi.

           In estrema sintesi, con la nascita della parola esteriore e di quella interiore iniziava il cammino intellettuale e spirituale dell’umanità, la sua spinta verso il trascendente, il suo travaglio fatto di inter rogativi, di ansietà di sapere, di conoscere, di scoprire, di capire, un cammino che, pur cominciato circa 200.000 anni fa, si può considerare solo agli inizi.

          A questo punto, carissimi fratelli, interrompo le mie riflessioni, anche per non abusare oltre misura della vostra pazienza e attenzione; ma prima di concludere vorrei formalizzare un piccolo elenco di argomenti che hanno sfiorato il mio pensiero durante la stesura di questa Tavola e che potrebbero rappresentare, se opportunamente sviluppati, un ulteriore contributo al tema della Parola. E’ sicuramente un elenco non completo e che certamente ognuno di voi potrebbe ampliare aggiungendo altri elementi importanti.

a)    –   conosciamo qualcosa del nostro passato (da dove veniamo?) molto del nostro presente (chi siamo?), ma il futuro (dove andiamo?) si apre interamente alla nostra indagine intellettuale, così come ancora immensi sono i dubbi sui perché della vita. Gli scienza ti sostengono che il processo evolutivo dell’uomo è tuttora in corso, non si arresta; anche in questo momento noi siamo sottoposti alle forze che per milioni di anni hanno contribuito alla formazione della nostra specie: verso quale direzione queste forze ci stanno spingendo?;

b)  –  oggi noi conosciamo, dopo studi e ricerche approfondite, con l’ausilio dell’archeologia, dell’antropologia, etc. la genesi della parola, sappiamo che l’uomo ha dovuto conquistare con grande fatica il privilegio del linguaggio orale. 5. Giovanni Evangelista, che non aveva il supporto della scienza e quindi non conosceva queste cose, da quali filoni esoterici e iniziatici ricavava quelle stupende frasi sulla PAROLA nel prologo al suo Vangelo? I messaggi nascosti in quella sublime pagina, che noi ad ogni Tornata solennemente apriamo sovrapponendovi la Squadra e il Compasso, meritano certamente lo studio e l’approfondimento da parte dei Massoni, per scavare e trovare i significati esoterici che egli ha voluto probabilmente lasciare ai futuri iniziati;

c)  –  qual è il significato profondo del “silenzio” dell’Apprendista ? A lui noi impediamo di usare nel Tempio la parola esteriore e non certamente quella interiore, che anzi dovrebbe fortificarsi proprio nella riflessione durante i Lavori Rituali. Quale senso esoterico sottintende a questo atteggiamento imposto all’Apprendista ?;

d)   –   come dobbiamo interpretare il modo di trasmissione, bocca contro orecchio, della Parola Sacra, delle Parole di Passo, delle Parole semestrali ? Noi promettiamo solennemente di non rivelare ciò che vediamo e udiamo nel Tempio; allora potrebbe essere sufficiente che il M.. V.. annunciasse tali Parole ad alta voce, ben sapendo che ognuno le terrebbe gelosamente per sé, anche in forza della ripetuta promessa che alla fine dei Lavori ogni fratello ribadisce a sé stesso e agli altri fratelli. A tali esigenze esoteriche risponde il nostro modo di agire ? A quali ancestrali bisogni di riservatezza i filoni iniziatici si richiamano ?

           Io spero di avere la capacità e la forza di approfondire ulteriormente ogni argomento e mi auguro che altre voci di fratelli si uniscano per arricchire ancora di più il tema.

           Vedete, carissimi fratelli, il fr. Santini ha gettato un sasso nello stagno delle nostre riflessioni provocando una serie di onde circolari; il fr. Lari ha fatto altrettanto e le sue onde si sono unite a quelle del fr. Santini aumentandone l’effetto; io stasera ho gettato il mio sasso e spero che le onde prodotte accentuino ulteriormente il movimento dei pensieri di tutti voi.

           Concludo pertanto invitandovi a produrre Tavole, riflessioni e contributi, in modo che le onde aumentino progressivamente di intensità producendo in ognuno di noi un vero arricchimento interiore, che è poi, in fondo, la principale via per il nostro concreto miglioramento spirituale e intellettuale, affinché la crescita massonica e il cammino iniziatico di ciascuno di noi procedano in maniera armonica e serena, verso quella Luce che aneliamo fortemente di raggiungere.

Follonica 09/10/1992

EROS ROSSI

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