AMORE E PSICHE

La favola di Amore e psiche, ovvero: i simboli della ricerca dell’anima.

I miti e le leggende, specie quelle legate alla mitologia greca o romana, nascondono profondi significati esoterici che servivano e servono  (per chi cerca di interpretarli), a meglio conoscere se stessi e riflettere attraverso le allegorie rappresentate. D’altra parte le vicissitudini di tutti gli esseri umani presentano analogie con le avventure meravigliose raccontate nelle favole. Per noi massoni una delle leggende più interessanti e che si snoda come un percorso profondamente iniziatico ed esoterico, è quella di “Amore e Psiche”.

Non si tratta di una semplice favola, all’interno di questo racconto c’è molto da capire, un po’ come nella favola di Pinocchio che, riletta a distanza di tanti anni dall’età dell’adolescenza, si presenta a noi con significati nuovi e nascosti. La particolarità del mito di Amore e Psiche ha stimolato la fantasia di grandi artisti che hanno poi cercato di rappresentarlo nelle loro opere; solo per fare alcuni esempi, basti pensare allo straordinario gruppo scultoreo del Canova al museo del Louvre, oppure ai quadri di Raffaello o agli affreschi di Giulio Romano presenti nel palazzo ducale di Mantova.

         La bellissima favola, scritta da Apuleio nel 2° sec. Dopo Cristo e collocata nel centro del suo romanzo, “Le metamorfosi” (chiamato in seguito da S. Agostino: “L’asino d’oro”), ne costituisce in qualche modo il “cuore”. Il protagonista dell’opera, Lucio, è stato appena trasformato in asino per via di un involontario errore nella scelta dell’unguento che avrebbe dovuto trasformarlo in uccello. Sta dunque trascorrendo in una stalla, insieme con altre bestie, la sua prima triste notte da asino, quando la casa che lo ospita viene all’improvviso assalita dai briganti che, caricatolo del bottino, lo conducono a forza in una caverna sui monti, dove essi abitualmente vivono. Là, il giorno dopo, il povero Lucio – che, nonostante la metamorfosi subita, conserva pienamente la coscienza umana – vede arrivare una fanciulla disperata che gli stessi banditi hanno sottratto al suo promesso sposo nel giorno delle nozze. Una vecchia cuoca, da sempre a servizio dei briganti, per consolarla e placarne almeno in parte l’angoscia, le narra allora la favola di Amore e Psiche. Ed ecco la fiaba:

Un re ed una regina avevano tre figlie di grande bellezza, ma mentre le prime due, sebbene splendide, erano pur sempre degne di essere celebrate da lodi umane, la terza, di nome Psiche, era così straordinariamente bella da non poter essere adeguatamente descritta da alcuno. Tutti infatti l’ammiravano come fosse un’opera d’arte, ma nessuno osava chiederla in sposa, mentre le sorelle, bellezze comuni, avevano già da tempo contratto matrimonio. La bellezza della fanciulla aveva finito per offuscare addirittura la fama di Venere, i cui celebri santuari giacevano da qualche tempo in assoluto abbandono. L’orgoglio ferito, nel vedere che una semplice fanciulla mortale veniva preferita alla sua divina e mitica bellezza, indignò la dea che, incollerita, si rivolse al suo figliolo Cupido-Amore e lo pregò di vendicare il suo onore, facendo sì che Psiche si innamorasse di un uomo orrendo. E il sacrificio sarebbe stato consumato, se a sua volta Amore, alla vista di Psiche non se ne fosse innamorato così profondamente da decidere di condurla con sé nel suo palazzo incantato, pieno di verde, di fiori, di ricchezze ed allietato da suoni e canti meravigliosi, prodotti da esseri misteriosi e invisibili

Amore si recava ogni notte a visitare la sua sposa, la quale, a sua volta, contraccambiava la passione con intensità sempre crescente. Gli incontri avvenivano nel buio più assoluto: la condizione per la quale l’incantesimo non si rompesse era infatti quella che Psiche non vedesse mai le reali fattezze di Amore. Il cedere ad una tale sacrilega curiosità avrebbe causato alla fanciulla pericoli gravissimi e da un rapporto amoroso così intenso sarebbe precipitata nella rovina più nera.

Frattanto le sorelle, venute a conoscenza del luogo in cui Psiche si trovava, chiesero di poterle far visita. La giovane, senza sospettare che dietro a questo si celasse in realtà una malsana curiosità di scoprire dove e con chi viveva Psiche, le introdusse nel palazzo, mostrando loro con gioia le ricchezze e i tesori che vi si trovavano. Un sentimento di profonda invidia invase allora l’animo delle due sorelle che tramarono ai danni della ingenua Psiche una meschina vendetta e con calcolata malvagità, esse riuscirono ad insinuare nella povera fanciulla il dubbio che l’essere da lei amato fosse un mostro pronto a divorare lei stessa ed il frutto del loro amore, che da qualche tempo ella portava in grembo.

 Sconvolta, Psiche credette alle loro parole e la notte seguente, presa una lucerna ad olio ed un rasoio affilato, voleva staccare la testa del presunto mostro. Ma, illuminate le fattezze di Amore, che si era abbandonato ad un profondo sonno, vide la testa bionda con i riccioli sparsi sul petto e le ali leggere che vibravano come percorse da un palpito segreto. Ma mentre la fanciulla si apprestava a baciare il capo del suo misterioso sposo, la lucerna lasciò cadere sulla spalla del dio una goccia di olio ardente. Egli allora, sentendosi scottare e vedendo tradita la propria fiducia, si sottrasse immediatamente alla vista della sposa, volando via. Iniziò a questo punto una lunga serie di peripezie per Psiche che, sconvolta, cominciò a vagare per giorni in cerca del suo sposo, il quale raggiunse la madre Venere. Un’ira irrefrenabile invase la dea che, furibonda, minacciò vendetta e, rintracciata Psiche con l’aiuto di Mercurio, le lacerò le vesti, le strappò i capelli, sottoponendola infine a delle prove sempre più difficili ed assurde.

E sono queste prove che ci interessa analizzare, perché sono quelle che Psiche (cioè l’anima) deve superare. La metamorfosi della bestia in uomo, della curiosità per la magia in ricerca di sapienza, divengono metafore dell’umano percorso dal vizio alla virtù, dall’ignoranza alla consapevole rivelazione misterica. Il loro contenuto simbolico ci esorta ad andare oltre ciò che vediamo.

La prima prova: Venere mette davanti a Psiche un mucchio di semi di papavero, di ceci, lenticchie, fave e le impone di separarli. Psiche porta a termine questa prima prova grazie all’aiuto delle formiche. In questa prima fase è riscontrabile l’elemento Terra. Psiche, dividendo i semi, lavora la pietra grezza, inizia a districare i suoi disordini interiori, trovando l’equilibrio e l’Armonia necessaria ad intraprendere il cammino scelto. Separare ciò che è buono da ciò che non lo è, il bianco dal nero, ciò che è degno di essere seminato dallo scarto, i semi inutili. Insomma, separare ciò che è veramente importante da ciò che non lo è. Tutto ben rappresenta la prima fase del Cammino Iniziatico.

La seconda prova: consiste nel recarsi presso un gregge di pecore con il vello d’oro purissimo, riportando a Venere una quantità consistente di quella lana. Prima che sia troppo tardi, una canna palustre spiega a Psiche che, finché il sole è alto nel cielo, le pecore incornano e mordono con ferocia, instillando un veleno mortale in chiunque si avvicini loro. Occorre, prosegue la canna, attendere che il sole superi il mezzogiorno e poi le pecore diverranno mansuete e la lana potrà essere raccolta senza pericolo. Psiche segue il consiglio della canna e raccoglie poi i boccoli di lana d’oro rimasti impigliati nella vegetazione della boscaglia. In questa fase, con la canna del fiume è presente l’elemento Acqua. Adesso Psiche è in condizioni di fare ciò che è necessario, ed impara che spesso è meglio aspettare, riflettere, piuttosto che agire d’impulso. 

Nella terza prova: Venere conduce Psiche sulla cima di una montagna, le mostra un fiume impetuoso che scorre in una valle inaccessibile e le dà un’ampolla: la fanciulla dovrà attingere l’acqua del fiume, un affluente dello Stige. La stessa acqua di quel fiume si oppone a chiunque voglia avvicinarsi. A guardia della fonte ci sono terribili draghi che Psiche affronta con coraggio dimostrando di saper superare le proprie paure. Ma sarà comunque un’aquila a raccogliere per lei l’acqua della fonte. L’aiuto dell’aquila, simboleggia dell’elemento Aria, cioè la capacità di visione, lo sviluppo delle facoltà superiori, il saper attingere alla propria “acqua interiore” superando l’abisso che ci separa da quella sorgente. 

Infine l’ultima prova: Venere dà a Psiche una scatola e le chiede di portarla nell’oltretomba, a Proserpina, per farsi dare da lei un poco della sua bellezza eterna. Le ordina tuttavia di non aprire la scatola e di riportargliela indietro ancora ben chiusa. Sopraffatta da quel compito impossibile, Psiche sta per gettarsi giù a capofitto da una torre ed uccidersi, quando proprio la torre su cui è salita decide di aiutarla. Le spiega la strada per raggiungere l’entrata degli inferi e le dà alcuni buoni consigli: Psiche dovrà portare con sé due monete e due focacce impastate col miele. Incontrerà sulla sua strada un uomo zoppo con un asino che le chiederà di aiutarlo a raccogliere la legna caduta in terra. Psiche dovrà tirare dritto senza ascoltarlo. Quindi dovrà farsi traghettare lungo il lago sotterraneo che conduce al regno di Ade pagando Caronte con una moneta che questi raccoglierà dalla bocca di Psiche. Non dovrà dare ascolto né a un vecchio morto che tornerà a galla nel lago per chiedere di essere traghettato, né alle tessitrici che chiederanno il suo aiuto. Dice la Torre: “laggiù la pietà ti è interdetta dalle leggi. Tutti questi sono tranelli di Venere” E così soddisferà il feroce cane Cerbero, che sta a guardia dell’Ade, con una delle focacce. Una volta giunta agli inferi, Persefone le offrirà un pasto sostanzioso, ma Psiche dovrà chiedere un tozzo di pane secco e mangiare solo quello. Ripresa la scatola con il suo prezioso contenuto, potrà tornare indietro dando a Cerbero e a Caronte l’altra focaccia e l’altra moneta. “Soprattutto” – si raccomanda la Torre – “non aprire mai la scatola!”. Ma Psiche, che vuole riconquistare Eros ed essere ancora più bella, apre la scatola e un sonno mortale la assale. La risveglierà Eros per condurla con lui in cielo. In questo passaggio si intuisce il simbolo del Fuoco, l’ultima prova che il deve superare prima di diventare iniziato. Psiche, seguendo i consigli della torre, riesce a compiere il suo viaggio nelle tenebre, risalendo quindi alla luce senza essere offesa. Le anime dei morti alle quali Psiche deve rifiutare aiuto, rappresentano invece gli ostacoli del cammino Iniziatico. Psiche deve proseguire, ha uno scopo e non deve fermarsi davanti a niente. Il sonno della morte è ciò che la porterà al risveglio della nuova vita, divina ed immortale. Quando si sveglia, Psiche non è più la fanciulla che era all’inizio della storia, ma assurge ad una condizione divina, ora, finalmente, può conoscere Amore e con lui iniziare il Cammino della Conoscenza.

Le formiche: rappresentano la pazienza. La canna: l’intelletto, Psiche ora è più riflessiva. L’aquila: la sicurezza, la fiducia in se stessi. I draghi: rappresentano i nostri dubbi, le nostre paure più grandi, ma Psiche affronta le sue insicurezze. La torre: Psiche deve scendere nell’Ade dove si trova faccia a faccia con il lato più oscuro di se stessa

La scatola che contiene la bellezza rappresenta un po’ il Segreto Massonico, non rivelabile ad altri fino a che il profano non è completamente iniziato, fino a che non ha acquisito completamente la conoscenza e la coscienza di se stesso. Andando nell’Ade, Psiche, con uno sforzo congiunto di mente e di cuore, supera i propri limiti, vince il guardiano della soglia, penetra nel mistero di se stessa e si guarda all’interno. Alla fine delle prove, se nella novella Psiche acquista l’immortalità, in Massoneria un profano diventa massone.

Curiosità, voglia di conoscere di più, anche se a volte questo può comportare dei problemi. E’ la favola della crescita dell’anima, fino a trovare la Verità. Il mito dolcissimo di Amore e Psiche cela un marcato carattere iniziatico e simbologie capaci di parlare direttamente alla nostra essenza più intima. Psiche rappresenta la vita stessa, con le sue gioie e le sue difficili prove da superare con coraggio.

 L’affascinante racconto di Apuleio nasconde quindi, dietro l’apparenza di una bella favola, l’iter dell’anima, la cui purezza e la cui naturale inclinazione verso l’Amore (come manifestazione terrena della suprema Bellezza) vengono momentaneamente compromesse da eventi e sentimenti legati all’umano che ne turbano la serenità fino a condurla ad un letargo che è soglia di morte. Ma la sofferenza ed il momentaneo distacco da Amore non fanno che potenziare le virtù dell’Anima che, a suggello della ritrovata dimensione divina, riceve il dono dell’immortalità e alla loro figlia che nascerà, verrà dato il nome di Voluttà.

La storia di Cupido e Psiche è, come dice Voltaire, la favola più bella che gli antichi ci abbiano lasciato, è una storia complessa e ricca di significati allegorici, tratta argomenti che toccano la coscienza, i sentimenti e l’inconscio dell’essere umano ed alterna il magico all’epico, il tragico al comico. E’ la storia di Anima (Psiche) e Amore (Cupido), che è anche Dio, e quindi è la storia del sentimento più forte e potente che muove il mondo.

A pag. 8 del rituale, durante la elevazione al XXX° grado del RSAA si legge: “il Tempio non è di pietra, ma di carne, operante nello spirito, e Dio non è una immagine né un idolo da adorare, ma una irradiazione proveniente da quel focolare misterioso, generatore dell’atomo e dell’energia: è la realtà assoluta della vita, è la suprema verità del bene, è l’Amore”.

Carissimi Fratelli, le fiabe, come i simboli che ci circondano in questo Tempio, possono avere molte interpretazioni. Non è necessario trovare quella più giusta, ma forse quella che può essere più utile per una maggiore comprensione di questa storia e, soprattutto, per comprendere meglio noi stessi.                          M. L.  Maggio 2017

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