VIAGGIO CON PINOCCHIO

Da un pezzo di legno a ragazzo in carne e ossa: da profano ad Iniziato(di  Paolo  Pisani)

L’interpretazione di un’opera lettera­ria offre, in certi casi, aldilà del valore ap­parente e del significato più popolare, contenuti ed esempi simbolici ed esoteri­ci inseriti, magari, in maniera volutamen­te disorganica, ma accertabili ed indivi­duabili. E il caso di quel ‘Pinocchio’, scrit­to da Carlo Collodi, pseudonimo di Car­lo Lorenzini che, laudato da generazioni di commentatori e considerato come uno dei capolavori della letteratura per l’in­fanzia, può essere rivisto con angolazio­ne alternativa, operando un lavoro esege­tico sul mito, sulla ritualità e sulla sim­bologia. Non è, pertanto, una violenza della fantasia, l’andare ad analizzare og­getti, momenti e personaggi di questo co­nosciutissimo libro, con spirito ed atteg­giamento massonico.

Partendo, dunque, dalla genesi collo-diana, quel “pezzo di legno”, a cui po­tremmo anche riconoscere “virtù metal­liche”, connesse ad un diorama filosofico­simbolistico del ‘‘percorso’’, assume l’i­deale significato di’ ‘pietra grezza” che, presa forma di burattino, si ribella al la­voro di Geppetto (figura dell’Iniziato). Pertanto, Pinocchio potremmo interpre­tarlo come un suo sdoppiamento: la par­te più profana, meno tollerante, più egoi­sta, di tanto in tanto, però, recuperata e lievemente “levigata”: come quando, tornato a casa – cap. VII -, Geppetto dà al burattino la colazione e nel successivo capitolo rifà i piedi a Pinocchio e vende la propria casacca per comprargli l’abbe­cedario (simbolico mezzo di conoscenza e ricerca).

Gli stessi doveri del Libero Muratore, di “.. .soccorrere il proprio Fratello, alle­viare le sue disgrazie…”, non sono estra­nei al comportamento di Pinocchio. È il caso dei burattini di Mangiafoco – cap. XI

– che non solo difende, ma che salva dal­le fiamme, offrendo anche se stesso, in una sorta di spontaneo e generoso frater­no olocausto. Un gesto che non è occasio­nale, ma che ritroviamo, con contenuti più vasti, a favore della “bella Bambina dai capelli turchini” (la Fatina). Un per­sonaggio, questo, basilare nella storia del libro, in cui ci imbattiamo nel cap. XVI, quando, dopo l’impiccagione di Pinoc­chio, lo fa raccogliere e, portatolo nella sua casa, chiama tre medici per sapere se sia vivo o morto. Ebbene, quella “Bella Bambina”, potremmo interpretarla come la Libera Muratoria, la sua casa come la Loggia ed i tre medici, come il Maestro Ve­nerabile, il 1° ed il 2° Sorvegliante. Ed è nei suoi stessi confronti che Pinocchio mette in pratica il dovere di un Libero Muratore di aiutare un Fratello con i pro­pri mezzi, allorché – cap. XXXVI – alla notizia che la povera Fata giace in un let­to di Ospedale ed abbisogna di cure ed aiuto, con slancio, offre i suoi unici 40 sol­di. Un gesto che si ripeterà, in senso op­posto, allorché il burattino troverà, ai pie­di del letto, un vestito nuovo ed un pic­colo portamonete d’avorio con una dedi­ca della Fata turchina, con dentro 40 zec­chini.

Ed è qui che risuona alla mente, la fra­se che il Maestro Venerabile rivolge al po­stulante durante la cerimonia di iniziazio­ne: “…come Voi in questo momento, tutti possono trovarsi senza risorse”. La rivisitazione di Pinocchio in chiave di al­legoria massonica, può forse apparire a qualcuno una fabulazione, una persona­le invenzione, ma Collodi, da uomo non solo di “natura”, ma anche “di cultura” qual’era, ha offerto e costruito troppe “si­militudini”, per poterle definire casuali e considerarle fortuite.

La stessa crescita del naso, come casti­go alle bugie dette, può essere interpretata come una ulteriore accentuazione del­la pietra grezza e quindi un aggravio al lavoro di levigatura a cui far fronte. La stessa acqua del mare, in cui si getta il bu­rattino quando – cap. XXIII – vuoi anda­re in aiuto di Geppetto (la figura dell’I­niziato), assurge al ruolo di una purifica­zione ed il corpo del pescecane, altro non è che una sorta di Gabinetto di Riflessio­ne, in cui Pinocchio ritrova se stesso (Gep­petto), mostrando pentimento per ciò che ha commesso: “…ora non vi lascio più, mai più”, sino ad abbandonare le sem­bianze di burattino – cap. XXXVI – e di­ventare un ragazzo in carne ed ossa. Ciò appare come la conferma della sua com­pleta iniziazione, il nascere, o rinascere, di quella condizione indispensabile attra­verso la quale proseguire da “uomo libe­ro e di buoni costumi” la vita muratoria.

C’è da chiedersi se queste avventure ap­partengano ad un’unica mano o si collo­chino a livello di Catena di Iniziati; la ri­sposta non è semplice ma la cosa certa è che le potenzialità di questo libro vanno aldilà delle scontate significatività e di­mensioni, mostrando archetipi occulti e latenti, non estranei al mondo Massoni­co.

Un’opera, dunque, da leggere non so­lo con gli occhi, ma degna della più at­tenta meditazione.

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