SCAVA, DENUNCIA, APPROFONDISCE: SARA’ MICA UN GIORNALISTA?

Scava, denuncia, approfondisce: sarà mica un giornalista?

Dino Frescobaldi nei panni del Grillo: «Dicendo la verità a volte si finisce per essere schiacciati»
«Non fui ascoltato quando dissi che insieme alla questione ebraica c’era anche quella palestinese»

 

LA STAMPA domenica 5 novembre 2000

 

Tramontata l’era del buon consiglio, chi sono oggi i grilli parlanti? Forse quei giornalisti che possono e vogliono fare il proprio mestiere con passione civile e spirito di denuncia? Forse gli inviati, che per dire la verità spesso rischiano la pelle? A Mario Giordano, forse anche per la sua voce, fu cucita addosso una trasmissione intitolata proprio «Il Grillo Parlante». E Milena Gabbanelli, la giornalista della trasmissione cult «Report», è un Grillo Parlante in piena regola: la sua voce scava, denuncia, approfondisce, rivela. Dino Frescobaldi, grande giornalista toscano, con una lunga carriera che lo ha visto anche nei panni di inviato speciale, accetta volentieri di calarsi nei panni del Grillo Parlante, e spiega: «Tutti i giornalisti in fondo sono grilli parlanti. Molte volte inascoltati. Devono parlare quasi sempre dicendo certe cose al momento opportuno».

Quindi anche i grilli parlanti devono sapere quando far sentire la loro voce?

«Esistono congiunture misteriose e casuali: l’audience, la volontà di ascolto da parte della gente, la situazione politica. Ci sono stanti grandi personaggi, anche politici, venuti fuori in determinati momenti, diventati oracoli dopo un periodo disastroso. Basta pensare a Churchill. O forse anche a De Gaulle. O a Reagan, che passerà alla storia per una casuale congiuntura di motivi ed eventi».

Pinocchio, di primo acchito, tenta di ammazzare il Grillo che gli dice la verità…

«Il rischio di venire schiacciati dicendo la verità esiste sempre».

A lei è capitato?

«Io sono stato il primo a perorare la causa dei Palestinesi quando tutta l’Italia, con il complesso dell’Olocausto, parteggiava per gli ebrei e lo stato d’Israele. Mi trovai isolato, guardato con sospetto: ricordo che quando passai al Corriere della Sera dicevano che ero filoarabo come fosse un’accusa. Soltanto dopo tutti si accorsero che accanto a una questione ebraica esisteva anche una questione palestinese. E si è visto cos’è accaduto e accade ancora: ha trionfato l’odio dei simili».

E’ stata questa l’unica volta che nella sua carriera di giornalista ha avuto il ruolo di Grillo Parlante?
«No. Sono stato il primo a parlare, sul Corriere della Sera, della necessità di una miniOstpolitik che l’Italia doveva attuare con i nostri dirimpettai di là dall’Adriatico. Sostenevo che l’Italia doveva essere fautrice di una politica d’intesa per superare nazionalismi e lotta tra etnie. Ma fui attaccato, e accusato di essere un rinunciatario. Poi si è visto con quanto ritardo l’Italia si è mossa in quel senso».

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