BUON GOVERNO E ILLUMINISMO MASSONICO SOTTO LA DINASTIA LORENESE

BUON GOVERNO E ILLUMINISMO MASSONICO SOTTO LA DINASTIA LORENESE

di

Blasco Mucci

Premessa

Anche noi toscani abbiamo appartenuto indirettamente a quella “Austria felix”, così definita dal buon governo di principi illuminati, dall’esistenza di una amministrazione onesta e parsimoniosa, di tecnici attivi e competenti, ma soprattutto da una concezione austera ed armoniosa della vita in cui ognuno, nella sua situazione e nelle sue competenze, trovava soddisfazione, rispetto e dignità.

Gli Asburgo-Lorena, successori dei Medici, diedero alla nostra regione sviluppo artigianale, industriale ed agricolo, strade ancor oggi essenziali ai nostri trasporti, bonifiche di terre trascurate da secoli, regimentazioni delle acque ancor oggi indispensabili e, purtroppo, mai più continuate, con i risultati che tutti i fiorentini ben conoscono. Più ancora, gli Asburgo-Lorena diedero, alla Toscana ed ai Toscani, diritti e libertà che precorsero quelli auspicati dalla Massoneria.

Quelli che furono poi i primi membri fiorentini della Massoneria ebbero un notevole ruolo nell’auspicare prima, e nello stabilizzare poi, il passaggio del Granducato a Francesco di Lorena, sotto il nome di Francesco Ill. Il Marchese Giulio Rucellai, Segretario della Giurisdizione, il Marchese Carlo Rinuccini, Ministro sotto Gian Gastone e poi del primo dei Lorenesi, Giovanni Lami, noto ed influente erudito, ed altri minori personaggi, avevano, infatti, appoggiato l’avvento dei Lorena

La gratitudine di questo sovrano, chiamato dai fiorentini “il fratello lorenese” protesse poi l’Ordine ed i suoi membri, contro lo strapotere ecclesiastico dell’inquisizione, fino alla sua abolizione, il 5 luglio 1782. I Lorena suoi successori mantennero lo stesso benevolo atteggiamento verso la Massoneria. Non è da dimenticare che, proprio in Toscana, a Lucca e Livorno, con il sostegno di Pietro Leopoldo, furono pubblicate le prime due edizioni dell’Enciclopedia, la monumentale opera illuminista, quando era stata già posta all’indice, nel Marzo del 1759.

La concezione politica dei primi Granduchi Lorenesi era improntata agli ideali massonici, che ponevano nella pubblica felicità lo scopo dei governi, attraverso la tolleranza ed il rispetto dei diritti altrui, e, nel loro fine ultimo, la Fratellanza universale. La libertà di culto, l’abolizione della pena di morte, il principio della reciproca collaborazione e fiducia fra governanti e governati, ciò che Pietro Leopoldo stesso definiva la “cooperazione ed il consenso dei soggetti interessati”, fecero scrivere al fratello Mirabeau che:

”L’Europa del XVIII secolo può essere veramente felice perché ha voluto mettere alle due estremità del continente due sovrani, così rari in tutti i secoli, quali Gustavo [di Svezia] e Leopoldo”.

La raffinata ideologia umanistica di Pietro Leopoldo non penetrò purtroppo nell’anima popolare, in cui godeva in ogni caso considerazione e rispetto, ma rimase appannaggio delle classi colte fiorentine, che ebbero modo di formare delle colte accademie tuttora esistenti e culturalmente vivaci.

La validità riformistica indotta dall’illuminismo in Pietro Leopoldo ebbe quindi degli altissimi estimatori, che formarono una élite, cosciente di essere all’avanguardia in Europa. maggiori spiriti toscani, nei principi della costituzione Leopoldina, videro un equilibrato ed efficiente compromesso fra la libertà nazionale e autocrazia illuminata. .

In quest’ambiente la stessa Rivoluzione francese fu vista come derivante da quegli stessi mali debellati pacificamente in Toscana, ed i suoi eccessi furono condannati, anche se compresi nel loro aspetto di dolorosa catarsi sociale.

Quest’equilibrio, politico e sociologico, ha una intrinseca natura massonica; per la sua ideologia umanistica a Massoneria è riformista o anche rivoluzionaria quando a  ciò è necessario all’evoluzione umana, ma, per le stesse motivazioni, ha in se anche elementi, bilancianti, di conservazione e di moderatismo.

Pietro Leopoldo, lasciando la Toscana per l’Impero, nonostante le gravi difficoltà e responsabilità dell’altissimo incarico, e le persistenti dicerie sul complotto massonico contro i troni e gli altari, sfociato nella Rivoluzione, mantenne una profonda coerenza di riformista, proteggendo coloro che, indicati come illuminati dalla propaganda antimassonica, conservarono, sotto il suo regno, proprietà, libertà e titoli. È inoltre nota la protezione e a benevolenza verso la Massoneria di un altro grande Asburgo-Lorena, l’imperatore Giuseppe: in un suo noto editto, l’esistenza della Massoneria nelle nazioni sottoposte all’impero era accettata e regolamentata.

La reazione dei principati europei, e soprattutto quella clericale, vide negli eccessi rivoluzionari la conseguenza dell’illuminismo e del riformismo della Massoneria, che avrebbe invece voluto un equo e pacifico trapasso di una parte dei poteri sovrani ai rappresentanti del popolo.

La leggenda del complotto massonico non ebbe tuttavia troppi estimatori in Europa, tranne che in Italia dove l’esistenza del potere temporale del Papato stravolse ogni possibilità… di contatto e rapporto fra Massoni e grandi masse popolari. Quando un principe come il popolare “Canapone”, ultimo Granduca lorenese di Toscana, prese la strada dell’Austria in carrozza, come un privato cittadino, la Massoneria toscana, nell’entusiasmo dell’unità italiana, non si rese conto di aver perso forse l’ultimo difensore ed assertore nei fatti dell’essenza ideologica più profonda e vera della Massoneria.

Ma dei Lorena, in Toscana, non rimane soltanto il globo chiodato ai crocicchi delle vie, ma un’impostazione di vita e di pensiero che per quanto patrimonio d’élite trova risposta anche nell’istinto del popolo, che, alla fine, ritrova sempre il fiuto per l’odore che distingue i buoni dai cattivi padron

Note

Francesco d’ Asburgo, Duca di Lorena era stato iniziato all’Aia in Olanda, nel 1731.

Il Granduca inviò a Benedetto XIV una lettera in cui difendeva la libertà di stampa vigente in Toscana, in cui si affermava, a proposito del comportamento dell’inquisizione nel caso Crudeli,: ” Prima che io mi partissi di Toscana mi fu domandato l’arresto di due dei miei sudditi per supposti delitti di fede, mai non può immaginarsi un caso più Circostanziato di quello, per poter negarlo. E noto a V. S. l’esito di quel processo, com’è noto a me, ch’ho avuti in mano i documenti autentici, ond’ella avrà una giusta idea dell’impressione che mi deve aver prodotto, e s’io abbia luogo senza offendere il dovere ed il lume della mia ragione medesima di restare ancora in dubbio o nell’indifferenza su questo punto” Traduzione di un biglietto di propria mano della Maestà Imperiale e Reale l’ Imperatore, concernente l’Ordine dei Liberi Muratori.

“La Libera ‘Muratoria si è talmente diffusa nei miei Stati, che non vi è alcuna piccola città di provincia ove non vi sia una Loggia e vi è la più grande necessità di stabilire un certo ordine. Io non conosco i loro misteri, e non ho mai avuto la curiosità di penetrarli; mi è sufficiente di sapere che i Liberi Muratori fanno sempre qualche bene, che sostengono i poveri. coltivano e proteggono le lettere, per fare per essa qualcosa in più che in ogni altro paese.

Ma siccome la ragion di stato ed il buon ordine domandano di non lasciare alcuno a se stesso e senza alcuna particolare ispezione, penso di prenderli sotto la mia protezione e di accordargli la mia grazia speciale se si comportano bene, alle seguenti condizioni:

I – Non vi sarà nella Capitale che una o due Logge, o se fosse impossibile riceverci tutti i Fratelli, tre tuttalpiù. Nelle città ove vi sia un’autorità, si permetterà una, due o tre logge. Tutte le Logge nelle città di provincia dove non vi sia autorità, sono rigorosamente vietate, e l’ ospite che accetta assemblee nella sua casa, sarà punito come un criminale che permette dei giochi proibiti.

2 – Le liste di tutte le Logge e dei loro membri saranno inviate al Governo, i giorni dell’assemblea sempre comunicati; ogni tre mesi si invierà un esatto dettaglio dei membri che sono stati ricevuti nella Loggia, o che l’hanno lasciata, ma senza annunziare i titoli. dignità e gradi che vi sono nelle Logge. Soddisfatto tutto ciò il Governo accorda ai Liberi Muratori accettazione, protezione e libertà; lascia interamente alla loro direzione le questioni interne delle Logge e delle loro costituzioni, senza far mai delle curiose inquisizioni. In questa maniera, l’Ordine dei Liberi Muratori, che è composto da un gran numero di gente onesta da me conosciuta, può divenire utile allo Stato: si comunichi questa ordinanza al Governo delle Provincie”. P. S. L’esecuzione di questa ordinanza cominci dal primo di Gennaio.

Quando. nella metà del XVIII secolo, si venne compiendo una vasta opera riformatrice, questa si ispirò alla necessità di eliminare il dislivello tra città

dominante e provincia soggetta. Infatti tutti i ministri e gli uomini di Stato che promossero queste riforme si sforzarono di dimostrare l’enorme sacrificio

che la provincia aveva sopportato nei confronti della metropoli. L’ industria della capitale. che aveva monopolizzato il mercato e subordinato ai propri interessi  l’economia generale dello Stato toscano, apparve allora come la principale causa di questa sperequazione. L’origine era nel Comune, manifatturiero e commerciale, che aveva combattuto per la conquista dei mercati e per l’egemonia economica, e che nella legislazione protettiva e proibitiva, aveva trovato l’arma più valida per mantenere il contado prima e, dopo le conquiste, il distretto in una condizione di dipendenza.

La dinastia dei Medici aveva sì guardato al di là delle mura cittadine e constatato la necessità di favorire l’evoluzione in certe città del dominio come Pisa e Livorno. ma sempre in correlazione con i privilegi mercantilistici della metropoli che non furono mai intaccati ma anzi rafforzati. In questa contraddizione consiste il difetto maggiore della politica medicea, che da un lato è l’espressione di una unità più coerente dello Stato, e dall’altro è un processo di accomodamento e di compromesso tra i nuovi bisogni di uno Stato accentrato ed i sistemi e gli istituti del vecchio regime.

I ministri della reggenza di Francesco Stefano di Lorena, quando questa dinastia ebbe il governo della Toscana. notarono gli anacronismi, le incongruenze e la eterogeneità del sistema. In Toscana non si era ancora sviluppato nella sua pienezza lo Stato moderno che ha per fine l’assoluto assoggettamento di tutti i sudditi alla sovranità del principe, ponendo fine all’esclusivo dominio di una classe o di un gruppo. Se in uno Stato, col persistere dell’economia cittadina mercantilistica resta in piedi la struttura sociale che da questa è nata, tutte le istituzioni privilegiate conservano la prevalenza perché sono artificiosamente mantenute le condizioni necessarie al loro sussistere. Non essendo perciò in Toscana cambiato indirizzo nella politica economica. la progressiva decadenza del sistema ha reso questo più rigoroso ed ha fatto incrudelire la legislazione.

Al Consiglio di Reggenza di Francesco di Lorena, le condizioni della Toscana apparvero ovviamente artificiali e dovute ad un sistema coercitivo mantenuto saldo da ceti interessati a non rinunciare agli utili che questo sistema loro assicurava. Si presenta la necessità di risolvere il problema del dualismo città-campagna e molte opere furono scritte per combattere I ‘ esclusiva egemonia della metropoli nella sua forma più esosa: la politica annonaria. Questa politica sacrificava agli interessi delle classi cittadine quelle dei contadini e salvaguardava i privilegi di cui godevano le arti e le industrie a danno degli altri ceti produttivi. Il concetto di questa politica è che la capitale è tutto, e lo Stato deve servire ad essa.

Quando si parla di “popolo” e quando si dice  che i prezzi bassi imposti dall’ Annona sono a favore di esso. in realtà non si pensa che ai consumatori cittadini e all’oligarchia sorta dalle manifatture e dai commerci della classe dominante. L’esclusivismo feudale ereditato dal Comune aveva generato il privilegio cittadino e questo privilegio non muore di consunzione ma occorre un coraggioso movimento riformatore per debellarlo completamente. Bisogna arrivare alle riforme leopoldine per assistere ai primi albori di una politica liberale perché il fine di queste riforme mirava ad abbattere il dualismo tra città e provincia. a eguagliare i sudditi nei loro diritti essenziali ed a potenziare l’ agricoltura per ottenere il maggior aumento possibile di prodotti alimentari.

Il successore di Ferdinando. Cosimo II. fu studioso di agricoltura. di botanica e di idraulica ed iniziò una vasta opera di bonifica delle paludi, accordando privilegi ed esenzioni a coloro che si fossero trasferiti nelle zone bonificate. Sotto Ferdinando II. successore di Cosimo II. le cose tornarono al peggio, sia per gli aggravati oneri fiscali e sia per la fissazione dei prezzi di imperio dei cyrani che indussero i contadini ad abbandonare i campi e ad annullare così i benefici delle bonifiche di Ferdinando I.

Verso la fine del Seicento. con Cosimo III, si tentò di mitigare la crisi dell’agricoltura con il diminuire le imposte e ripartire la spesa delle bonifiche tra i vari interessati non tenendo conto alcuno delle resistenze ecclesiastiche. Alcuni risultati positivi furono ottenuti da imprenditori privati, che favoriti da alcuni provvedimenti del principe, si interessarono a considerevoli opere di bonifica delle paludi della Maremma e della Valdichiana. Ma ben altro si rendeva necessario!

Al principio del Settecento. il Granducato di Toscana appariva consunto e disgregato. Nel 1737. con la morte di Gian Gastone. si estingueva la dinastia dei Medici e Francesco Stefano di Lorena assumeva il governo della Toscana. E sotto il nuovo principe che si creano le basi per la nascita di uno Stato moderno ed efficiente. anche se le vecchie istituzioni rimangono ancora in vigore. In Toscana, il principale problema dell’agricoltura era quello della proprietà della terra e della diversità delle leggi tra metropoli e provincia.

Il principe si volge pertanto a tutelare gli interessi dello Stato sottoponendo ad una legge comune quelle classi che avevano consolidato i loro privilegi ed i loro monopoli. Le conseguenze che i riformatori si prefiggono sono: a) sostituire un’economia territoriale all’esistente economia cittadina;

b) sostituire un’economia libera ad una economia di monopoli.

E ovvio quindi che i giuristi e gli uomini di cultura seguaci delle teorie illuministiche elaborino programmi

destinati in futuro a risolvere le aspirazioni dei lavoratori della terra a disporre liberamente sia della conduzione dei terreni sia dei prodotti ottenuti con Io sfruttamento degli stessi.

La tesi fisiocratica del libero commercio dei grani aveva fatto sentire la necessità di abolire le antiquate manomorte ecclesiastiche e di risolvere una volta per sempre i vecchi dissidi tra l’aristocrazia terriera ed il nuovo ceto medio agrario. E poiché al diritto di chiusura e difesa dei fondi coltivati si oppongono i celi più retrivi della società, i grandi proprietari di greggi ed anche le popolazioni più povere delle campagne, il movimento riformatore deve tenere conto di questi contrastanti interessi ed arrivare ad un compromesso che varia da regione a regione, da comunità a comunità, da popolazione a popolazione.

E aumento dei prezzi dei cereali e l’aumento dei profitti favoriscono i provvedimenti presi dai riformatori tendenti a limitare gli usi comunitari del pascolo. a facilitare la chiusura dei fondi, a togliere gli impedimenti alla libertà di coltura c di rotazione ed a riscattare terreni mediante opera di bonifica.

Francesco Stefano di Lorena non governò direttamente la Toscana ma attraverso un Consiglio di Reggenza presieduto dal ministro Emanuele di Richecourt. Francesco non fu ovviamente il restauratore della Toscana, Ina egli ha il grande merito di aver avuto fiducia in collaboratori intelligenti c favorevoli alle più ardite riforme.

La dinastia medicea aveva conservato quasi tutte le forme esteriori della repubblica. Da Cosimo I a Gian Gastone, l’ultimo granduca mediceo, i fiorentini erano stati amministrati da uffici con i nomi repubblicani. Ma non erano ormai più i tempi degli ordinamenti comunali. Se i

 nomi ed i sistemi erano gli stessi diversi erano i desideri. le necessità e le aspirazioni della popolazione del Granducato. Inoltre lo Stato non era formato da una unica struttura omogenea ma da tre parti distinte: Firenze, Pisa e Siena. Di queste. Firenze godeva di una posizione di da privilegio poiché i fiorentini esercitavano una vera e propria tirannia amministrativa nei confronti della provincia a di causa del loro diritto di esercitare gli atti amministrativi per mezzo di uffici  “estrinseci” solo ad essi riservati. es- Il Richecourt era stato profondamente colpito dall’ ingiustizia della diversità di trattamento applicato alle singole parti dello Stato. Il problema più importante era però quel del lo finanziario. Il debito pubblico era enorme e colpiva il consumo dei beni di prima necessità come il pane e il sale con imposte e gabelle che erano applicate con severità perché molto facile ne era la riscossione. Sulla popolazione delle campagne gravavano inoltre delle gabelle di superiori alla popolazione delle città ed era imposta anche l’iniqua tassa sul bestiame da lavoro. Il Richecout si o- adoperò ad alleviare il debito pubblico e ci riuscì operando la conversione della rendita. Fu perciò possibile ridurre il prezzo del sale ed abolire la tassa sul bestiame.

-Sotto Francesco fu iniziata la riforma giudiziaria, continuata e compiuta da Pietro Leopoldo, nello spirito della assoluta  tra le varie parti del Granducato per differenza di legislazione dello Stato ai territori sottoposti alla giurisdizione civile e penale  dei feudatari. liberò le comunità da ogni ingerenza amministrativa degli stessi feudatari. proclamò inviolabile la libertà dei vassalli e adettò ad essi, in caso di abusi. il diritto di ricorso diretto al granduca. Non era ancora abolita la feudalità ma ne era limitato il potere e proibito senz’altro ogni abuso. Francesco attuò anche una nuova politica nei confronti della Chiesa, che incontrò opposizione e contrasti nella parte più retrograda della società ma che, nonostante ciò, continuò per I a energia di governo del Richecourt e di Giulio Rucellai.

Una legge importante fu quella del 1751 che mirava ad arrestare lo sviluppo della “manomorta” ecclesiastica. lega che favorì la libera disponibilità della proprietà terriera e fu il primo passo delle ardite riforme di Pietro Leopoldo. La preparazione della legge fu scrupolosamente accompagnata da preziose tabelle statistiche, risultato di indagini difficilissime per quei tempi. Francesco aveva già dal 1745 riunito la corona di granduca a quella dell’Impero. Stabilì però che alla sua morte la corona granducale, nuovamente staccata da quella imperiale, sarebbe passata al di lui figlio secondogenito, Pietro Leopoldo. Alla di lui morte, avvenuta nel 1765, la Toscana con il nuovo granduca riacquistava la propria autonomia.

Pietro Leopoldo aveva 18 anni quando, nel 1765, divenne granduca di Toscana. Nessun altro principe lo supera per la sua intelligente, ardita e umana opera riformatrice. Iniziò la sua opera con la riforma oraria e trovò nel popolo toscano la comprensione e seguito. Ebbe consiglieri e cooperatori illuminati. Forse per tutte queste convergenze la riforma fu efficace.

Contemporaneamente venivano ripresi con maggior v1gore la bonifica ed il ripopolamento dei territori paludosi e malsani. Questi lavori erano stati iniziati da Ferdinando I ma erano stati interrotti all’inizio del XVII secolo. Pietro Leopoldo staccò la Maremma dal territorio amministrativo senese e ne costituì una amministrazione speciale. ponendovi a capo tecnici idraulici e agrari. Furono costruiti canali. arginati fiumi, fatto colmate, costruite case coloniche e grandi strade di comunicazione. La Toscana ebbe allora una rete stradale che allacciava centri minori ai maggiori e le terre bonificate con i centri di consumo e di mercato.

Più degli interessi di una città, di quella che era stata la città dominante. la rete stradale serviva ai nuovi centri di popolazione rurale che la bonifica creava. Vi è un impulso che agisce su Pietro Leopoldo: la fede nell’avvenire agricolo del Granducato secondo le nuove c interessanti teorie fisiocratiche del tempo. La legislazione leopoldina è animata da tale fede. Già avevamo osservato che uno dei principali problemi dell’  

agricoltura toscana era quello della proprietà. Furono aboliti tutti i vincoli che inceppavano la libertà di produzione, furono sciolti i fidecommissi che la Reggenza non aveva interamente soppresso, furono abolite le “comandate”, le prestazioni servili da parte delle comunità. furono aboliti i prezzi d’ imperio e confermata la piena libertà del commercio dei grani.

Il problema economico agrario era stato da Pietro Leopoldo collegato a quello sociale per revelazione e l’emancipazione del lavoratore. Prese pertanto concreta forma il sistema livellare leopoldino dopo che il latifondo si era frazionato mercé appunto l’istituzione del contratto di enfiteusi. Al frazionamento del latifondo contributi ovviamente la legge creata per l’abolizione della manomorta. del feudo e dei fideocommissi. Il lavoratore si trovava così per la prima volta nella facoltà di poter disporre della terra da ILIi coltivata essendogli conferito il diritto dell’ alienabilità e dell’affrancazione dei terreni. La Toscana trasse dalla riforma agraria elementi favorevoli ad un rapido sviluppo dell’agricoltura.

La riforma amministrativa. creando un nuovo sistema municipale basato sulle rappresentanze civiche, spostò decisamente l’ assetto economico-sociale dalla città alla campagna, formando una borghesia rurale capace di conoscere e regolare da sé gli interessi propri e delle comunità. Assistiamo pertanto alla frenetica attività dei municipi che. controllati dal potere centrale soltanto negli affari che riguardavano controversie con altre comunità, amministrano con oculatezza il Comune, regolano bene le spese per curare strade e canali. distribuiscono con giustizia tasse e imposte, nella convinzione che tutelare gli interessi delle comunità significa anche porre le basi per l’emancipazione ed il benessere dei singoli individui.

La riforma agraria di Pietro Leopoldo favorì specialmente il sistema   degli affitti. Ordinando la legislatura dello Stato in modo di favorire l’agricoltura, il granduca conseguì lo scopo di formare nel suo Stato una riunione di famiglie patriarcali che popolavano le campagne a preferenza della città, e di riportare la provincia a quel livello morale e culturale che la decadenza dell’agricoltura. provocata dalla inerte oligarchia cittadina. aveva paurosamente abbassato.

I problemi dell’agricoltura toscana all’inizio della riforma leopoldina erano numerosi e complessi ed affondavano le origini nella notte dei tempi. Dopo le bonifiche erano aumentati sì i terreni coltivabili ma non erano aumentate le case coloniche. Erano aumentate le superfici dei singoli poderi ma non si erano divise le famiglie, con la conseguenza di moltiplicare sotto lo stesso tetto il numero degli individui. Questo particolare comportava la mancanza di subordinazione al capo famiglia e creava nei componenti, specialmente i giovani, la volontà di procurarsi redditi fuori del podere. Il bestiame normalmente non stava nella stalla ma alla pastura ed era affidato alle cure di giovinetti spesso non volenterosi ed incapaci. Dove però il bestiame, come nella Valdinievole. era nutrito nelle stalle dalla mano dell’uomo. il prodotto era doppio ed anche triplo.a bonifica della Valdichiana

Nel 1763 Pietro Leopoldo I di Lorena assume la guida del Granducato di Toscana. Visitò personalmente la Valdichiana ed in seguito inviò sul posto a compiere studi e rilievi il matematico padre Leonardo Ximenes, l’altro grande matematico Tommaso Perelli e gli ingegneri Pietro Ferrini e Giuseppe Salvetti. Il Salvetti eseguì il profilo della Valle nel 1769, ove risulta che la platea del Callone di Valiano che pareggia il fondo del canale maestro è più elevata di 15 braccia della cresta della Chiusa dei Monaci, dimostrando così di quanto si fossero sollevati il fondo della Valle e quello del canale maestro dopo il 1551, data della perizia di Antonio Ricasoli.

Tutti questi tecnici suggerirono il loro metodo sui lavori di bonifica da eseguire nella Valle e specialmente sulla convenienza o meno di conservare la Chiusa dei Monaci o demolirla. Alcuni tecnici suggerirono di abbandonare il metodo delle colmate, alcuni addirittura di dare libero sfogo alle acque mediante la costruzione di un nuovo grande alveo. Lo Ximenes sosteneva doversi abbassare la Chiusa dei Monaci, fabbricare diversi sostegni lungo il canale per uso di navigazione e costruire a quattro archi i ponti di Arezzo che allora avevano due arcate.

Di fronte a così diverse opinioni Pietro Leopoldo, in attesa di addivenire ad una decisione, invitò i proprietari dei terreni palustri a bonificarli nell’interesse loro e delle comunità, e molti aderirono all’invito venendo talvolta a patti di temporanea cessione. Infine Pietro Leopoldo affidò la So vrintendenza della bonifica ad una deputazione di sei notabili eletti in Valdichiana, in attesa di conoscere l’esito della progettazione degli esperti. La deputazione non dette però buona prova e Pietro Leopoldo la sciolse nel 1788, istituendone una nuova – composta di tre membri, due di nomina sovrana ed uno eletto dai possessori contribuenti. Infine completò il suo intervento affidando la direzione della bonifica a Vittorio Fossombroni, autore delle “Memorie idraulico-storiche sulla Valdichiana” che tenne la Sovrintendenza dal 1788 al 1827, cioè anche nell’interposto periodo francese. Nel 1794 il Fossombroni fu nominato anche Sovrintendente generale del dipartimento delle acque della Valdichiana dal quale dipendevano oltre ai lavori di bonifica anche la regolazione delle colmate.

Quando il Fossombroni assunse la direzione della bonifica, la maggior parte della Valle era già ridotta a pastura ed a sementa, tranne una piccola parte nel piano di Chiusi ed i due laghi. Non erano però totalmente fruttiferi i terreni adiacenti ai bassi tronchi dei fiumi. Il Fossombroni dichiarò che al presente la Valle non era più bisognosa di bonifica ma necessitava di lavori che la mantenessero in condizione di fruttare. Osservò il Fossombroni che la torre di Valiano, demolita, aveva subito un interramento di oltre 10 braccia ed altri interramenti erano avvenuti in prossimità di Foiano.

Il Salarco entrava nel chiaro di Montepulciano. Il Monaco entrava nel Chiarino, ca datra l’uno e l’altro lago, la Tresa voltava verso il Callone del Campo alla Volta e l’Astrone andava più oltre e passando l’argine di Clemente e la Torre dei Ladri andava nella Chiana .

Il Fossombroni constatando che le colmate avevano servito sino allora a bonificare soltanto appezzamenti di terreno, intese a modificare il piano di ogni bonifica di tutta la Valle, ritenendo che prima di dare libero corso alle acque torbide occorreva dare a tutta la Valle ed alla campagna laterale una pendenza regolare, appunto perché le acque non chiarificate potessero in futuro convogliarsi verso l’Arno, liberamente. Allora la Chiana non sarebbe più stata un canale ma un fiume.

    Nel 1789 i rii dell’Olmo, di S. Anastasio e di Pieve al Quarto facevano “colmata
     presso la Chiana. I rii di Vitiano e di Cozzano venivano a fare una piccola
    colmata presso la piana di Brolio, quasi di fronte a Cesa. Il Vingone, il Biguzzo
  ed il Celone di Castiglione insieme al Cigliolo, al Loreto e all’Esse di Cortona
    mandavano le loro acque a colmare lungo la Chiana, tra la collina di Brolio e quella delle Capannacce ed il Montecchio. La Mucchia di Cortona scaricavasi a
    colmare lungo la Chiana quasi di fronte a Foiano, dove dalla parte opposta
    mandava le sue acque per formare colmata l’Esse di Monte S. Savino. La Foenna
    e la Fuga colmavano lungo la Chiana di faccia quasi ad Acquaviva e ad Abbadia.

Il Torricelli aveva affermato che era impossibile bonificare la Valle sen-

za prima togliere una grossa fetta di terreno verso Arezzo, il che impediva loro la soluzione essendo impossibile convogliare la Chiana in Arno per l’abbassamento di tutto il fondo valle. Fossombroni enunciò la teoria che si poteva fare il contrario: elevare il livello della Valle superiore verso Chiusi mediante

colmata. ln questo modo si rese perciò disponibile a ricevere un influente di più man mano che questi aveva “colmato”. Fossombroni riteneva che entro un secolo si poteva cessare di regolare artificialmente il corso delle acque, lasciando la natura ormai libera di continuare nel ciclo ormai a di +definitivamente stabilito. Proseguendo la bonifica sembrò fosse possibile abbassare la Chiusa dei Monaci ma si preferì invece praticare nella parte destra uno scaricatore fornito di cateratte, la cui soglia inferiore era più bassa della cresta della pescaia, per poterne usufruire all’occorrenza.

Nel 1780 tra il Papa Pio VI e Pietro Leopoldo fu stabilito un trattato per regolamentazione idraulica della Valle e delle acque di confine. Fu stabilita la nuova inalveazione della Tresa, la modifica del recapito del Maranzano nella Tresa stessa per dare sfogo all’uno e all’altra nella palude delle Bozze e nel chiaro di Chiusi, salvo valersene ancora per alcuni anni per “colmare” i luoghi più bassi appartenenti allo Stato Pontificio. E affinché le acque il torbide della Tresa e del Maranzano non turbassero il sistema di quelle quantità di acque chiare orche doveva portarsi liberamente in un più profondo canale al Callone ed alla Chiana romana, si ricostruì un argine di separazione alto 6 braccia e largo 4, attestato dalle colline di Chiusi sino al lato opposto alle colline

di Città della Pieve. Il nuovo argine delimitò il confine tra la Chiana toscana e la Chiana romana in modo definitivo, sebbene fossero sorte quasi subito controversie tra i confinanti e messa anche subito in dubbio la convenienza di conservarlo.

Nel 1790 si pensò anche di abbassare il regolatore di Valiano per concedere uno scarico più abbondante nella Chiana alle copiose acque del chiaro di Chiusi, del chiaro di Montepulciano e delle campagne superiori. A ciò si oppose il Fossombroni per il timore che una maggiore copia di acque nell’alveo della Chiana potesse arrecare pregiudizi alle ubertose e popolate campagne inferiori.

In un atlante composto di oltre 100 tavole attualmente nell’archivio comunale di Foiano, sono rappresentati tutti i terreni strappati alle acque con i terreni di proprietà del granduca colorati in giallo, quello dei privati in bianco e quelli appartenenti alla Religione di Santo Stefano colorati in rosso. Da questo atlante si rileva che salvo limitate proprietà private, il granduca possedeva personalmente le fattorie di Dolciano, di Rigutino, di Policiano e del Bastardo, mentre tutto il rimanente apparteneva ai Cavalieri di S. Stefano.

L’Ordine acquisì anche altri terreni man mano che la bonifica proseguiva e nel 1797 acquistò dai monaci Benedettini di Arezzo il molino di Ponte a Chiani con la famosa Chiusa. Essa serviva all’Ordine a disporre del controllo delle acque della Valle. L’Ordine possedeva anche grandi magazzini per i raccolti, uno al ponte alla Nave, uno a Montevarchi ed uno a Firenze. Aveva inoltre fabbricati e rimesse a Cortona, ad Arezzo e a Monte San Savino. Una perfetta contabilità veniva tenuta in merito alla quantità dei raccolti, delle spese annue, delle medie dei redditi sia dei terreni coltivati sia di quelli tenuti a prateria, in “colmazione” o a bosco.

Non era prevedibile in quel momento di grande prosperità e potenza dell’Ordine di S. Stefano, che entro pochi anni la rivoluzione del 1799 avrebbe travolto proprio direttamente i Cavalieri della Religione di Santo Stefano.

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FATIMA – GLI ETERNI PARADIGMI DEL MITO

FATIMA – GLI ETERNI PARADIGMI DEL MITO

Prodigi e divinazione nel XXI secolo

Vittorio Vanni

Ottimo indovino è colui che abilmente congettura…

Euripide

Plutarco fu sacerdote delfico per più di vent’anni. Gran Gerofante dei Misteri, appassionato neoplatonico, spirito sinceramente religioso, poneva dei precisi limiti alla credenza negli oracoli, criticando per primi quegli stessi che la Pizia profetizzava a Delfi, affermando:

” …l’esalazione profetica provocherà comunque con la sua presenza l’entusiasmo e disporrà al vaticinio non solo l’anima della Pizia, ma anche quella della prima persona che ne venga sfiorata. Da ciò ne consegue che è una sciocchezza impiegare per la divinazione una sola donna, rendendole inoltre penosa la vita con la continua sorveglianza della sua castità’

Ciò che Plutarco intendeva affermare è il concetto che il rapporto dell’uomo e dell’umanità con il divino non è soggetto a regole, e che il Nous, la mente divina, ispira quell’umana per naturale affinità e contatto.

Vi sono purtuttavia delle costanti universali nella necessità umana dei vaticini e dei prodigi, perché “l’uomo ha necessità di segni visibili… “

Il mondo antico proponeva l’eterno femminino faustiano come entità legate alle grotte o alle caverne, alla presenza di acque scorrenti. Le Ninfe, le Driadi, le Ondine, esseri inquietanti e sovrannaturali, si presentano agli uomini come le fate del folklore, benefiche come la Ninfa Egira di Numa o Melusina la bellissima, ma anche con un aspetto oscuro e terribile. Quando si uniscono in unione coniugale con i prescelti pretendono una fedeltà assoluta, come le Fate del Conte di Gabalis. Quando si presentano ai veggenti, questi devono essere puri come alcuni preadolescenti. Il “Camillus”, l’assistente fanciullo nei riti sacrificali romani, le Sibille, la Pitonessa Delfica, le “Pupille” dei magnetizzatori del XVIII e XIX secolo, devono essere vergini e caste, a garanzia di una corretta visione. I paradigmi universali delle teofanie infantili o verginali annunciano in genere terribili avvenimenti, a meno che…

Ed è in quella frase “a meno che” la chiave di tutto. Ma prima di trovare la chiave, bisogna trovare la serratura…

Giovanni Paolo II era stato in Germania pochi mesi prima del 13 maggio del 1981 (anniversario dell’apparizione di Fatima). Nella Rivista tedesca “Stimme des Glaubens” n. 10/81, che afferma di conoscere l’estensore dell’intervista e di possedere l’autenticazione del documento•, è riportato che furono poste a Giovanni Paolo II varie domande, di fronte a piccolo gruppo di persone. Il verbale stilato riportava queste domande e risposte:

Alla domanda “Che n’è stato del terzo segreto di Fatima? Non doveva essere pubblicato già nel 1960?”

Giovanni Paolo Il ha risposto:

Data la gravità del contenuto, per non incoraggiare la potenza mondiale del comunismo a compiere certe mosse, i miei predecessori nell’ufficio di Pietro hanno diplomaticamente preferito soprassedere alla pubblicazione. D’altra parte a tutti i cristiani può essere sufficiente sapere questo: se vi è un messaggio in cui sta scritto che gli oceani inonderanno parti della Terra, che da un momento all’altro milioni d’uomini periranno, non è davvero più il caso di bramare tanto la divulgazione di un tale messaggio segreto. Molti vogliono semplicemente sapere per curiosità e gusto del sensazionalismo, ma dimenticano che sapere comporta anche una responsabilità. Si cerca solo l’appagamento della propria curiosità e ciò è pericoloso se si è convinti che nulla si può fare contro il male, se non si è disposti in pari tempo a far qualcosa. ‘

Alla domanda – “Che cosa avverrà nella Chiesa?” – Giovanni Paolo II risponde:

“Dobbiamo prepararci a subirefra non molto grandi prove, le quali esigeranno da noi la disposizione a fra getto persino della vita e una dedizione totale a Cristo e per Cristo. Con la preghiera vostra e mia è possibile mitigare questa tribolazione, ma non è possibile stornarla, perché solo così la Chiesa può essere effettivamente rinnovata

Quante volte nel sangue è spuntato il rinnovamento della Chiesa! Anche questa volta non sarà diversamente. Dobbiamo essere forti, prepararci, confidare in Cristo e nella Sua Madre Santissima. ‘

Su Fatima ed i suoi segreti si è scritto molto, propriamente o meno. Chi ha un interesse reale ad approfondire la conoscenza dei fatti, può consultare il testo più attendibile ed esauriente As apariçôes e a mensagen de Fàtima conforme os manuscritos de Irmâ Lùcia, Editora Vera Cruz, Rua Dr. Martinico Prado, 246, 00124 — Sio Paulo, SP Antonio A.Borelli Machado.

In questo testo sono riportate i manoscritti di Suor Lucia, con tutti gli imprimatur possibili.

Prima di sintetizzare i castighi minacciati, esaminiamo quali sono le colpe imputate all’umanità dall’Immacolata Concezione:

“Le guerre non sono altro che il castigo per i peccati del mondo. Bisogna far penitenza. Se non si emendano verrà il castigo. Gesù è profondamente indignato per i peccati ed i delitti che si commettono in Portogallo. Per questo un terribile cataclisma d’ordine sociale minaccia il nostro paese e specialmente la città di Lisbona. Si scatenerà, come pare, una guerra civile di carattere anarchico e comunista, accompagnata da saccheggi, uccisioni, incendi e distruzioni d’ogni specie. La capitale si convertirà in un’immagine dell’inferno.”

“I sacerdoti devono occuparsi solo di cose di Chiesa! I sacerdoti devono essere puri, molto puri! La disubbidienza dei sacerdoti e dei religiosi ai loro superiori ed al S. Padre offende molto Gesù. Guai a quelli che perseguitano la Religione di Gesù. Se il governo lasciasse in pace la Chiesa e lasciasse libertà alla santa religione, sarebbe benedetto da Dio”

“I peccati che portano più anime all’inferno sono i peccati della carne. Fuggire le ricchezze, essere amici della santa povertà. Osservare i comandamenti. La confessione è un sacramento di misericordia. La Madre di Dio vuole molte anime vergini, che si leghino a lei con il voto di castità. Chi non adempie le promesse che fa alla Madonna, non avrà più pace

La buona fede e la purezza di cuore dei tre pastorelli non sono assolutamente discutibili e, proprio per questo, neanche l’apparizione, che rientra negli schemi tradizionali ed universali.

La trasmissione di questi schemi è tuttavia legata al contesto religioso, cultuale, culturale e storico in cui la teofania si esprime. I “peccata mundi” che indignano Gesù e la Beata Vergine, e le indicazioni generiche di buon comportamento sono quelle che qualsiasi buon parroco di campagna potrebbe indicare ai suoi ragazzi. La penitenza personale e comunitaria indicata sostituisce i sacrifici cruenti prescritti dalle antichi Sibille. Vi è ancora la sessuofobia tipica del cristianesimo, ancora presente nel nuovo catechismo, ma che sta scomparendo nei paradigmi comportamentali della società cristiana, come del resto la pratica della confessione. Ancora più tipica dei primi decenni del XX secolo è la paura ecclesiastica degli sconvolgimenti politici e sociali che avrebbero minato nei decenni susseguenti il controllo della società da parte della Chiesa. Ma la fase illuminate è quella della Vergine che si dichiara Immacolata Concezione, dogma, a quei tempi, da poco dichiarato e che impedisce qualsiasi ecumenismo nei confronti delle Chiese riformate, così come quello dell’infallibilità papale quando i Pontefici parlano ex cathedra.

Caratteristica delle veggenti è l’espressione di una conoscenza superiore alla loro cultura o qualificazione, una conoscenza che purtuttavia non si discosta da quella media della società in cui vivono. Tradizionalmente una veggente è ispirata da ciò che gli esoteristi potrebbero chiamare eggregore, cioè una sorta d’immaginario collettivo che trae l’energia dagli archetipi eterni (la Virgo, la Diana, la Donna del Lago, la Sophia, la Fata) e la forma dalle idee che turbano la coscienza dei popoli, idee molto spesso più imposte che pensate.

Ma spesso, quando ha finito di parlare il Nume, chi è che continua a parlare? Madre Godinho, la superiora del Convento in cui viveva Giacinta, sorella di Suor Lucia e partecipe delle apparizioni, le domandò chi gli insegnava tante cose. Giacinta rispose “La Madonna, ma alcune cose le penso io. Mi piace tanto pensare. ‘

La missione di Suor Lucia è quella di instaurare la devozione al Cuore Immacolato di Maria, secondo le stesse parole che la Vergine le rivolse: ” Gesù vuole servirsi di te per farmi conoscere ed amare. Vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato” Questa missione ricorda quella di Suor Maria Alacoque, che profetizzava al suo re grandi disgrazie se non si fosse instaurato il culto del Sacro Cuore di Gesù. Il culto del cuore è spesso associato ai misteri femminili. Nelle estasi dionisiache le Menadi e le Baccanti vagavano per i boschi alla ricerca di cerbiatti, e nello stravolgimento e nella possessione del Dio, gli strappavano il cuore, come una riparazione all’offesa fatta al cuore stesso del Dionisio fanciullo, perseguitato e sacrificato. I testi Orfici affermano: “Dalle membra del fanciullo fecero sette parti, ma solo il cuore, dotato d’intelligenza, fu abbandonato” Neanche gli empi Titani osarono mangiare il cuore del Dio. I Pitagorici imponevano “Non mangiare il cuore, non mangiare  il cervello” assieme al più noto tabù per le fave. Il cervello ed il cuore sono, in effetti, nell’essere vivente, secondo le concezioni antiche, il luogo della generazione: genèseôs archè. Il cuore è la fonte del calore e dell’energia divina che si spande in ogni cellula dell’anatomia umana, il generatore del seme, scintilla del fuoco del Padre, sorgente di vita.

Riproporre il culto del Cuore nell’ambito cristiano ha valore di ritorno all’omphalos, al centro generativo della Resurrezione, nel momento stesso che la crisi del concetto di Grazia stava per arrivare al suo momento di acme, al punto di non ritorno. L’etica e la morale laica stava per sostituirsi alla Grazia, indispensabile alla salvezza. La Chiesa, nella sua tradizione, insegna che non è la morale che trae al salvamento, né le opere che da lei derivano. L’umanità può solo mendicare la grazia della pietà divina, il migliore degli uomini è solo un panno sporco di fronte allo sguardo dell’Altissimo. Ma questo ritorno al culto del Cuore, secondo le richieste della Vergine, doveva essere prima di tutto una testimonianza dell’unità di tutti i Vescovi attorno al Papa. Chiede quindi al Papa e tutti i Vescovi la consacrazione della Russia, simbolo geopolitico del comunismo ateo, al suo Cuore Immacolato. Suor Lucia venne riconoscendo come valida la consacrazione fatta da Giovanni Paolo II il 25 marzo 1984, ma con molti dubbi ed interpretazioni contrastanti.

Purtuttavia la distruzione del mondo attraverso la guerra atomica è ormai un incubo quasi finito. Gli avvenimenti dell’est europeo, anche se non si può parlare di un’effettiva “conversione” della Russia, sembrano aver placato la furia divina.

Ma gli uomini non sono affatto cambiati e gli “errori” ed i “peccati” continuano e diventano anzi sempre più complessi, più difficili ad inserirsi con chiarezza nei dieci comandamenti e nella legge dei noachiti. La morale di un cattolico praticante di oggi farebbe arrossire Voltaire.

Quindi, i segreti non finiscono mai, con la loro conseguente serie di richieste perentorie e di castighi terribili se non verranno soddisfatte. È stato diffusa una versione del terzo segreto molto generica, che indica come il male ed il demonio siano ormai vicini anche al Soglio Pontificio, (ma Papa Borgia è stato un santo?), come il Falso Messia ed il Falso Agnello, aspetti dell’Anticristo, navighino ormai intrepidi su Internet ed impestino le demenziali fiction televisive. Di recente è stato diffusa ufficialmente una versione del terzo segreto come una semplice preveggenza dell’attentato al Papa, nell’attesa di una “spiegazione” autorevole, che nega intanto la preveggenza di una catastrofe universale. Ma alcune attività del Papa, alquanto anomale nel consueto atteggiamento prudente del Vaticano, fanno congetturare altre possibili rivelazioni, d’altro canto prevedibili.

Il Santo Padre ha chiesto a Dio perdono di alcune attività di antichi Pastori, che un tempo erano considerate lodevoli, ma oggi evidentemente non rientrano più nel “religiosamente corretto”. Perdono richiesto a Dio però, non agli uomini nella loro innocenza. La volontà ecumenica di riconciliazione, soprattutto nei confronti dell’islamismo e dell’ebraismo, con frequenti ed importanti viaggi nei luoghi santi, non comporta un ordine mariano di conversione delle religioni uscite dal seno d’Abramo, piuttosto difficile da ottenere? E se questo non succederà, finirà finalmente questo mondo, suoneranno le trombe del giudizio? E ammettendo che questo succeda, che cosa dovrebbero temere i credenti, che saranno accolti come agnelli alla destra di Dio? Ma nemmeno i reprobi, se ci credessero, dovrebbero temere, trovando il riposo e l’oblio della seconda morte.

Nel Fatimismo, che è forse l’ennesimo divertimento mediatico, tipico dei nostri tempi, o la concorrenza pessimista allo stupido ottimismo del New Age, vi sono dei lati oscuri, incoerenti, forse strumentali.

Tutte le forme del Sacro, da quello più numinoso e sublime a quello studiato e pubblicizzato dal marketing, stanno nuovamente e potentemente influenzando i paradigmi della società attuale ed ancor più di quella futura. Più che l’illuminismo, che ha visto morire i suoi figli più amati, il positivismo ed il materialismo, le grandi religioni monoteiste temono la Gnosi, che non è lo gnosticismo religioso, ma la ricerca libera dell’uomo di un piano superiore cui tendere, senza dogmi e senza intermediari. L’occidente ha concesso per duemila anni l’esclusiva religiosa al cristianesimo, ma sembra oggi orientato ad un pluralismo spirituale in cui l’etica e la morale diventano un fatto esclusivamente

laico e civile. L’occidente non crede più ad un dio indignato e corrucciato che conta sul pallottoliere gli atti carnali di ognuno, che minaccia morte e distruzioni se si adora, ad esempio, un fegato ed un cervello piuttosto che un cuore, come diceva Tommaso Crudeli. Come si può amare e credere in un dio che non ci conceda, con supremo amore, la libertà di non amare, di non credere, di non dubitare. Che non guarda, con misericordia e con rigore assieme, le nostre opere ed i nostri pensieri, che ci concede salvezza e liberazione con gli ingiusti favori di un satrapo orientale, o con l’intermediazione sacramentale di una casta d’uomini come noi, migliori o peggiori che siano?

Spenti i roghi, crollate le forche, chiuse le galere ai reati di pensiero, l’umanità intera ha la libera possibilità di porsi questi interrogativi eterni, di fronte ad un dio che è indefinibile, inimmaginabile, ineffabile, un’energia incomprensibile che ha tutti i nomi e tutte le forme. Di fronte a questo scabro mistero impenetrabile alla ragione, di fronte all’amore che in ogni modo l’umanità prova per questo mistero, e che riesce a superare l’indescrivibilità dell’indefinibile, dell’infinito, dell’eterno, cosa diventano i misteri di Fatima? Ciò che Maria Rosa dos Santos, madre di Lucia, disse quando la bambina raccontò di aver visto, assieme ai suoi fratelli, un angelo, l’angelo del Pace: “Sciocchezze”.

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L LAVORO MASSONICO

IL LAVORO MASSONICO

Dall’insegnamento di Wirth si evince che l’uomo comune lavora per vivere, mentre è privilegio dell’uomo saggio (e quindi anche del massone) vivere per lavorare. Più i massoni cercano di costruire e non di distruggere, di testimoniare e non di contendere, più risultano idonei al ruolo di perfezionatori dell’umanità che li contraddistingue da secoli.

Tavola del fr.’. A.’. Z.’.

La vita nel mondo profano è spesso caotica, ingarbugliata e perennemente accelerata… Le persone sono costrette a correre sempre più, a forzare tutti i ritmi, a cercare di incorporare, nelle ore che hanno a disposizione durante la giornata, il lavoro ordinario, spesso e volentieri quello straordinario, quello che riguarda la professione e quello che riguarda la famiglia.

Il lavoro, all’uomo, è sempre stato presentato come una sorta di castigo divino, come un pegno che siamo obbligati a pagare per poter raggiungere gli obiettivi minimi della nostra esistenza.

Basti pensare a Adamo ed Eva, cacciati dal Paradiso e condannati ad una vita di lavoro e fatiche. Ma non c’è bisogno di scomodare i nostri primi antenati per costatare che, anche al giorno d’oggi, la maggior parte delle persone vive il loro lavoro come una sorta di schiavitù, di condanna ai lavori forzati; si consumano quotidianamente drammi che vedono protagonisti uomini e donne, ostaggi del sistema che non riescono a liberarsi da questa terribile piaga: il lavoro.

Leggendo alcuni autorevoli scrittori massonici mi sono trovato in completo accordo con la tesi di O. Wirth: “La vita consiste nell‘azione: senza l’azione la vita non differisce in nulla dalla morte. Vivere oziosi non è vivere, è vegetare…”. “. Da queste parole si evince che l’uomo comune lavora per vivere, mentre è privilegio dell’uomo saggio (e quindi anche del Massone) vivere per lavorare. Questa maniera di intendere la parola LAVORO come un’attività assolutamente positiva, vitale, che riesce a nobilitare l’uomo che la compie, è ciò che mi suggerisce maggiormente il concetto di “lavoro massonico”.

Qual è dunque il “lavoro massonico” che i Liberi Muratori sono desiderosi di compiere? Penso si tratti soprattutto di un lavoro di costruzione e testimonianza di ciò che è stato edificato.

Più i Massoni cercano di costruire e non di distruggere, di testimoniare e non di contendere, più risultano idonei al ruolo di perfezionatori dell’umanità.

Forse è proprio questo desiderio di perfezionamento che ci contraddistingue e ci caratterizza. Il Libero Muratore compie il suo lavoro massonico soprattutto compiendo un perfezionamento su se stesso, cercando di migliorarsi in maniera autocritica e propositiva; diciamo perfezionamento e non progresso: progresso, oltre che essere un termine estremamente inflazionato., ha un senso più corale, mentre perfezionamento è prima di tutto degli individui.

E’ il perfezionamento delle varie individualità che dà senso compiuto alla crescita corale e innesca quell’”egregio”, quella vibrazione che a questo stato più elevato, più perfezionato, attraversa il cuore di tutti i fratelli seduti tra le Colonne.

Per riuscire a raggiungere questo particolare momento, dobbiamo compiere un ulteriore lavoro su noi stessi: sostando in silenzio quei pochi minuti nella Sala dei Passi Perduti, prima di entrare nel Tempio, la nostra mente torna momentaneamente nel Gabinetto di Riflessione, “visitando interiora terrae” per poi rigenerarsi e rinascere.

I pensieri profani sembrano così sbiadirsi, il nostro corpo subisce una decelerazione e si creano quella concentrazione e quella tranquillità interiore che ben dispongono l’animo e creano i presupposti al nostro scopo principale, che è il perfezionamento dell’umanità.

Possiamo perseguirlo, non lanciando precetti o programmi, ma edificando, all’interno del Tempio, l’Uomo Nuovo: l’INIZIATO!

A:. Z:.

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I QUATTRO REGNI

    I QUATTRO REGNI

    I tre Mondi del nostro pianeta sono attualmente il campo di evoluzione per un certo numero di differenti regni di vita giunti a diversi stadi di sviluppo. Solo quattro di questi ci riguardano ora, e cioè i regni minerale, vegetale, animale e umano. Questi quattro regni sono in rapporto con i tre Mondi in modi diversi, secondo il progresso che questi gruppi di vita in evoluzione hanno fatto alla scuola dell’esperienza. Per quello che si riferisce alla forma, i corpi densi di tutti i regni sono composti delle medesime sostanze: solidi, liquidi e gas della Regione Chimica.

    Il corpo denso di un uomo è veramente un composto chimico quanto lo è la pietra, sebbene quest’ultima sia animata solo da vita minerale. Ma, anche parlando dal solo punto di vista fisico, lasciando da parte per ora tutte le altre considerazioni, molte e importanti sono le differenze fra il corpo denso dell’essere umano e il minerale della terra. L’uomo si muove, cresce e propaga la sua specie; il minerale al suo stato nativo non fa nessuna di queste cose.

    Paragonando l’uomo con le forme del regno vegetale, noi troviamo che, tanto la pianta quanto l’uomo possiedono un corpo denso, capace di sviluppo e di propagazione. Ma l’uomo possiede facoltà che il vegetale non ha. Egli sente, ha il potere di muoversi, e la facoltà di percepire le cose al di fuori di sé.

    Se noi compariamo l’uomo con l’animale, vediamo che l’uno e l’altro hanno le facoltà di sentire, di muoversi, di crescere, di propagarsi e la percezione dei sensi. In più l’uomo possiede la facoltà di parlare, una struttura superiore del cervello e infine le mani, che costituiscono un grandissimo vantaggio fisico. Notiamo in modo particolare la conformazione del pollice, che rende la mano molto più efficiente di quella degli antropoidi. L’uomo ha anche sviluppato un determinato linguaggio mediante il quale esprime i suoi sentimenti e pensieri, e tutto ciò pone il corpo denso dell’essere umano in una classe a sé al di sopra dei tre regni inferiori.

    Onde spiegare tali differenze nei quattro regni, noi dobbiamo passare nei Mondi invisibili e cercarvi le cause che danno ad un regno quello che è negato all’altro. Per funzionare in qualunque Mondo ed esprimere le qualità che ad esso sono peculiari, dobbiamo per prima cosa possedere un veicolo fatto dei suoi materiali. Per funzionare nel Mondo Fisico denso, è necessario avere un corpo denso, adatto al nostro ambiente. Altrimenti saremmo come fantasmi, e invisibili alla maggior parte degli esseri fisici. Così dobbiamo possedere un corpo vitale prima di poter manifestare la vita, crescere od esternare le altre qualità inerenti alla Regione Eterica.

    Per mostrare sentimento ed emozione, è necessario avere un corpo formato della materia del Mondo del Desiderio; ed una mente formata della sostanza della Regione del Pensiero Concreto, è necessaria per poter pensare.

    Se noi esaminiamo i quattro regni in relazione con la Regione Eterica, troviamo che il minerale non possiede un corpo vitale separato, e ci rendiamo subito conto del perché non possa crescere, propagarsi e manifestare una vita cosciente.

    Per spiegare certi fatti riconosciuti la scienza materiale si serve dell’ipotesi che, sia nel solido più denso come nel gas più rarefatto, non ci siano due atomi a contatto fra loro; essa afferma che ciascun atomo è avvolto in un involucro di etere e che gli atomi nell’universo fluttuano in un oceano di etere.

    I cultori di occultismo sanno che questo è vero per la Regione Chimica e che il minerale non possiede un corpo vitale separato. E siccome il solo etere planetario avvolge gli atomi del minerale, ne deriva la differenza descritta. E’ necessario, come abbiamo mostrato possedere un corpo vitale, un corpo del desiderio ed un corpo materiale separati, per esprimere le qualità inerenti a ciascun regno, perché gli atomi del Mondo del Desiderio, del Mondo del Pensiero e anche quelli dei Mondi superiori interpenetrano tanto i minerali quanto il corpo umano denso, e se l’interpenetrazione dell’etere planetario il quale è l’etere che avvolge gli atomi dei minerali, fosse sufficiente per renderli atti alla sensazione e alla riproduzione, la stessa interpenetrazione a mezzo del Mondo del Pensiero planetario sarebbe ugualmente sufficiente per farli pensare. Ma il minerale non può far questo, appunto perché manca di veicoli separati composti della sostanza di ciascun Mondo. Esso è penetrato soltanto dall’etere planetario e quindi è incapace di sviluppo individuale. Solo il più denso dei quattro stati dell’etere – l’etere chimico – è attivo nei minerali e ciò spiega le loro proprietà chimiche.

    Se noi consideriamo i rapporti dei vegetali, degli animali e dell’uomo con la Regione Eterica, notiamo che ciascuno ha un corpo vitale separato, oltre ad essere penetrato dall’etere planetario, il quale forma questa Regione. Tuttavia esiste una differenza fra il corpo vitale della pianta e il corpo vitale dell’animale e dell’uomo. Nel corpo vitale della pianta sono completamente attivi soltanto gli eteri chimico e vitale. Perciò la pianta può crescere per mezzo dell’azione dell’etere chimico, e può propagare la sua specie per mezzo dell’attività dell’etere vitale del corpo vitale separato che essa possiede. L’etere luminoso è presente, ma è parzialmente latente o inattivo, e l’etere riflettore è mancante. E’ quindi evidente che le facoltà della percezione sensibile e della memoria, che costituiscono le qualità di questi due eteri, non possono essere espresse dal regno vegetale.

Figura B: I quattro Regni

    Volgendo la nostra attenzione al corpo vitale dell’animale, noi troviamo che in esso gli eteri chimico vitale e luminoso sono dinamicamente attivi. Perciò l’animale possiede le facoltà di assimilazione e di sviluppo, prodotte dalle attività dell’etere chimico, e la facoltà di propagazione dovuta all’etere vitale; ciò analogamente alle piante. Ma inoltre, in conseguenza dell’azione dell’etere luminoso, l’animale ha la facoltà di produrre il calore interno ed ha la percezione sensibile. Tuttavia il quarto etere è inattivo nell’animale e perciò esso non possiede né pensiero né memoria. Vedremo in seguito come ciò che può sembrare tale, sia di diversa natura.

    Se analizziamo l’essere umano troviamo che in lui tutti i quattro eteri sono dinamicamente attivi nel suo corpo vitale altamente organizzato. Per mezzo delle attività dell’etere chimico, l’uomo può assimilare il cibo e svilupparsi; le forze che operano nell’etere vitale lo rendono atto alla propagazione della specie; le forze dell’etere luminoso forniscono il corpo denso di calore, stimolano il sistema nervoso ed i muscoli, aprendo così le porte di comunicazione col mondo esterno per la via dei sensi, e l’etere riflettore permette allo Spirito di controllare i suoi veicoli per mezzo del pensiero. Quest’etere accumula inoltre le esperienze passate costituendo così la memoria.

    Il corpo vitale della pianta, dell’animale e dell’uomo si estende al di là della periferia del corpo denso, come la regione eterica, che è il corpo vitale del nostro pianeta, si estende al di là della sua parte densa, dimostrando ancora una volta la verità dell’assioma ermetico: ” Come in alto così in basso “. L’estensione del corpo vitale dell’uomo oltre il suo corpo fisico è di circa quattro centimetri. La parte che eccede il corpo denso è molto luminosa ed ha approssimativamente il colore dei fiori di pesco appena sbocciati. E’ sovente visibile anche da persone che posseggono una lieve chiaroveggenza involontaria. L’autore si è accorto, parlando con tali persone, che esse non avevano coscienza di vedere qualcosa d’insolito, e non sapevano che cosa vedevano. Il corpo fisico è costruito nella matrice di questo corpo vitale durante la vita prenatale: e, con una sola eccezione, ne è la copia esatta, molecola per molecola. Come le linee di forza dell’acqua che gela sono le vie di formazione dei cristalli di ghiaccio, così le linee di forza del corpo vitale determinano la forma del corpo denso. Durante tutto il corso della vita, il corpo vitale è il costruttore e il restauratore della forma densa. Senza l’attività del cuore eterico, il cuore denso si spezzerebbe rapidamente sotto lo sforzo costante cui è sottoposto. Tutti gli abusi ai quali noi assoggettiamo il corpo fisico sono neutralizzati, per quanto è in suo potere, dal corpo vitale, che combatte senza posa contro la morte del corpo fisico.

    La sola eccezione menzionata sopra consiste nel fatto che il corpo vitale di un uomo è femminile, o negativo, mentre quello di una donna è maschile, o positivo. Troviamo in ciò la spiegazione a molti problemi imbarazzanti della vita. Che la donna si abbandoni alle sue emozioni, è dovuto alla polarità cui si è accennato, poiché il suo corpo vitale positivo produce un eccesso di sangue e la costringe ad agire sotto l’effetto di un’enorme pressione interna, che infrangerebbe la sua struttura fisica, ove non soccorresse una valvola di sicurezza costituita dal flusso periodico, e un’altra fornita dalle lacrime che attenuano quella pressione in determinate occasioni, perché le lacrime sono come ” un’emorragia bianca “.

    L’uomo può provare, e prova, emozioni tanto forti quanto quelle della donna, ma può, di solito, superarle senza lacrime, perché il suo corpo vitale negativo non produce più sangue di quanto egli ne possa facilmente controllare.

    Contrariamente a quanto fanno i veicoli superiori dell’uomo, il corpo vitale (meno in alcune circostanze, che saranno illustrate quando tratteremo dell’”Iniziazione”) non abbandona ordinariamente il corpo fisico fino a che questo venga a morte. Le forze chimiche del corpo denso allora non sono più tenute a freno dalla vita evolventesi. Esse provvedono a ricondurre la materia alla sua condizione primordiale mediante la decomposizione, per renderla idonea alla costituzione di altre forme, nell’economia della natura. La decomposizione è perciò dovuta all’attività delle forze planetarie nell’etere chimico.

    Il tessuto del corpo vitale può essere grosso modo paragonato a quelle cornici fatte di centinaia di pezzetti di legno concatenati fra loro, che presentano innumerevoli piccole asperità. Il corpo vitale presenta milioni di punti. Questi punti penetrano dentro i centri cavi degli atomi fisici, li imbevono di forza vitale che li spinge a vibrare ad un ritmo più alto di quello del minerale della terra, che non è così accelerato ed animato .

    Se una persona sta per affogare o cade da una grande altezza, o è sul punto di morire per congelamento, il corpo vitale lascia il corpo fisico e i suoi atomi divengono, in conseguenza, temporaneamente inerti; ma non appena la persona rinviene, il corpo vitale rientra nel corpo fisico e i ” punti ” tornano di nuovo ad inserirsi negli atomi fisici. Lo stato di inerzia spinge questi ultimi a resistere alla ripresa della vibrazione, e ciò è causa della pungente pena e della sensazione di ronzio che si avverte in tali momenti, ma non abitualmente, per la stessa ragione che noi diveniamo consci dell’inizio del moto di un orologio o del suo arresto, mentre non ci accorgiamo del suo ticchettio quando esso cammina.

    Ci sono alcuni casi nei quali il corpo vitale abbandona parzialmente il corpo fisico, come quando una mano s’intorpidisce per aver assunto una cattiva posizione. Allora la mano eterica del corpo vitale si può vedere pendente sotto il braccio fisico come un guanto.

    Quando la mano ritorna in posizione normale e la circolazione non è impedita, la mano eterica riprende il suo posto e i suoi ” punti ” producono una particolare sensazione di formicolio. Talvolta, nell’ipnosi, la testa del corpo vitale si divide in due parti e pende fuori dalla testa fisica, metà sopra ciascuna spalla, o giace attorno al collo come il colletto di una maglia. L’assenza della sensazione di formicolio al risveglio, in casi di questo genere, deriva dal fatto che, durante l’ipnosi, una parte del corpo vitale dell’ipnotizzatore ha sostituito quella dell’ipnotizzato.

    Se vengono somministrati anestetici, il corpo vitale è spinto fuori coi veicoli superiori, e se la dose è troppo forte e l’etere vitale viene espulso, ne può seguire la morte. Lo stesso fenomeno si può anche osservare nelle materializzazioni prodotte dai medium. Infatti la differenza fra un medium materializzatore ed un uomo o donna comuni è proprio questa: nell’uomo o donna comuni il corpo vitale ed il corpo fisico sono, allo stadio attuale di evoluzione, saldamente uniti insieme, mentre nel medium sono debolmente connessi. Non è sempre stato così, e verrà il giorno in cui il corpo vitale potrà lasciare agevolmente il corpo fisico, come era capace di fare una volta; ma ciò non si può di regola effettuare attualmente. Quando un medium abbandona il suo corpo vitale per farlo usare da entità del Mondo del Desiderio, che desiderano materializzarsi, il corpo vitale defluisce in generale dolcemente dal lato sinistro, attraverso la milza, che è la sua ” porta ” particolare. Allora le forze vitali non possono circolare nel corpo come fanno normalmente; il medium diviene fortemente esausto, e molti di essi ricorrono a stimolanti per combattere questo indebolimento, divenendo col tempo bevitori incurabili.

    La forza vitale del Sole, che ci circonda allo stato di fluido incolore, è assorbita dal corpo vitale mediante la parte eterica della milza, dove subisce una curiosa modificazione di colore: essa diviene di un color rosa pallido e si espande poi lungo i nervi attraverso tutto il corpo denso. La forza vitale è per il sistema nervoso quello che l’elettricità è per un sistema telegrafico. Se anche ci sono fili, apparecchi e telegrafisti completamente efficienti, quando manca la corrente il messaggio non può essere trasmesso. L’Ego, il cervello ed il sistema nervoso possono similmente essere in perfetto ordine; ma se la forza vitale mancasse per trasmettere il messaggio dell’Ego ai muscoli attraverso i nervi, il corpo denso rimarrebbe inerte. Accade proprio così quando una parte del corpo è paralizzata. Il corpo vitale si è ammalato e la forza vitale solare non può ulteriormente fluire. In questi casi, come nella maggior parte delle malattie il guasto interessa i veicoli più sottili e invisibili. Riconoscendo consciamente od inconsciamente questo fatto, i medici che hanno maggior successo usano la suggestione, che agisce sui veicoli superiori, a sussidio della medicina. Quanto più un medico può infondere nel suo paziente la fede e la speranza, tanto più sollecitamente la malattia sparirà per dar luogo ad una salute perfetta.

    Finché dura la salute il corpo vitale produce una quantità sovrabbondante di forza vitale, la quale, dopo esser passata attraverso il corpo fisico, s’irradia in linee rette in ogni direzione, a partire dalla sua periferia, come i raggi di un cerchio dal suo centro; ma quando subentra lo stato di malattia, il corpo vitale s’indebolisce e non può attrarre a sé la stessa quantità di energia e per di più il corpo fisico vive a sue spese. Le linee del fluido vitale che s’irradiano dal corpo sono allora contorte e ricurve, la qual cosa indica una riduzione della forza di espansione. Nello stato di salute, la grande forza di queste radiazioni trascina con sé i germi ed i microbi nocivi alla salute del corpo fisico; ma nella malattia, essendo debole la forza vitale, queste radiazioni non hanno la forza di eliminare tanto facilmente i germi del male. Perciò, se le forze vitali sono depresse, il pericolo di contrarre una malattia è molto maggiore di quando si è in buona salute.

    Nei casi in cui vengono amputate parti del corpo fisico, soltanto l’etere planetario accompagna la parte separata. Il corpo vitale distinto ed il corpo fisico si disintegrano sincronicamente dopo la morte. Così avviene con la controparte eterica del membro amputato. Esso si disintegra gradatamente a misura che il membro denso si decompone; ma poiché l’uomo possiede ancora il membro eterico, si spiega facilmente come egli possa sentire secondo le sue asserzioni, l’arto mancante o anche provarvi dolore. Tra il membro amputato e la parte eterica esiste cioè un certo legame, indipendentemente dalla distanza. Si riferisce il caso di un uomo che provava un forte dolore, come se un chiodo fosse stato conficcato nella carne dell’arto che gli era stato amputato; tale dolore era così persistente che l’arto venne dissotterrato e si trovò che nel chiuderlo nella cassa nella quale era stato sotterrato, un chiodo si era realmente infisso in esso. Il chiodo fu rimosso e il dolore cessò. Concorda con questo fatto, il dolersi che qualcuno fa di sofferenze ad un arto amputato, perfino dopo due o tre anni dall’avvenuta operazione. Trascorso un certo tempo il dolore cessa. Questo avviene perché, anche dopo l’amputazione, la malattia persiste nell’arto eterico non distaccato; ma appena la parte amputata si disintegra l’arto eterico la segue ed il dolore ha fine.

    Dopo avere osservato le relazioni dei quattro regni con la Regione Eterica del Mondo Fisico, volgiamo la nostra attenzione alla loro relazione col Mondo del Desiderio.

    Qui troviamo che tanto i minerali come le piante mancano di un corpo del desiderio separato. Essi sono permeati soltanto dal corpo del desiderio planetario. Mancando di un veicolo separato, sono incapaci di sentimento, desiderio ed emozione, che sono facoltà pertinenti al Mondo del Desiderio. Se una pietra è spezzata, essa non soffre; ma sarebbe errato dedurne che nessun sentimento è connesso con siffatta azione. Questo è il punto di vista materialistico, accettato dalla moltitudine incomprensiva. Gli occultisti sanno che non c’è nessuna azione, grande o piccola, che non sia avvertita in tutto l’universo, e sebbene la pietra, priva com’è di un corpo del desiderio separato, non possa soffrire, lo Spirito della Terra sente, poiché è appunto il corpo del desiderio della Terra che permea la pietra. Se un uomo si taglia un dito, il dito, non avendo alcun corpo del desiderio separato, non sente il dolore, ma lo sente l’uomo il cui corpo del desiderio permea anche il dito. Se una pianta è strappata dalle radici, ciò è avvertito dallo Spirito della Terra, come un uomo avverte se un capello gli viene strappato dalla testa. La nostra Terra è un corpo vivente e sensibile e tutte le forme sprovviste di corpi del desiderio individuali, per mezzo dei quali gli Spiriti in evoluzione che le animano potrebbero sperimentare delle sensazioni, sono comprese nel corpo del desiderio della Terra il quale è dotato di sensibilità. Lo spezzare una pietra e il cogliere fiori producono piacere alla Terra, mentre lo strappare le piante dalle radici produce pena. La ragione di ciò verrà data in una parte successiva di quest’opera, perché a questo punto del nostro studio la spiegazione sarebbe prematura e incomprensibile al comune lettore.

    Il Mondo planetario del Desiderio pulsa nei corpi vitale e fisico dell’animale e dell’uomo, allo stesso modo che nei minerali e nelle piante; i primi hanno inoltre un corpo del desiderio separato, che permette loro di provare desideri, emozioni e passioni. C’è tuttavia una differenza fra gli animali e l’uomo. Il corpo del desiderio dell’animale è formato interamente col materiale delle regioni più dense del Mondo del Desiderio, mentre, anche nel caso delle razze umane più primitive una piccola quantità di materia delle regioni più elevate entra nella composizione del loro corpo del desiderio. I sentimenti degli animali e delle razze umane meno evolute sono quasi del tutto rivolti alla soddisfazione dei desideri e delle passioni più basse, che trovano la loro espressione nella materia delle regioni inferiori del Mondo del desiderio. Perciò, affinché possano avere emozioni che li conducano ad un grado superiore di sviluppo, è indispensabile che essi abbiano i materiali corrispondenti nei loro corpi del desiderio. Via via che un uomo avanza nella scuola della vita, le sue esperienze lo ammaestrano ed egli desidera di divenire più puro e migliore. Così, gradatamente, nella materia del suo corpo del desiderio interviene un cambiamento corrispondente. Il materiale più puro e più brillante delle regioni superiori del Mondo del Desiderio sostituisce gli oscuri colori delle regioni inferiori. Il corpo del desiderio cresce anche di dimensioni, così che in un santo esso è veramente una cosa meravigliosa a vedersi la purezza dei suoi colori e la sua luminosa trasparenza non trovano adeguata similitudine. Occorre vederlo per apprezzarlo.

    Attualmente i materiali, sia delle regioni inferiori che di quelle superiori, entrano nella composizione dei corpi del desiderio della grande maggioranza dell’umanità. Non c’è nessuno che sia tanto cattivo, da non possedere qualche buona qualità. Questa trova espressione nei materiali delle regioni superiori, che si trovano nei loro corpi del desiderio. Ma, d’altra parte, pochi, pochissimi, sono tanto buoni da non usare affatto i materiali delle regioni inferiori.

    Allo stesso modo che i corpi planetari vitale e del desiderio. interpenetrano la materia densa della Terra come abbiamo visto nell’esempio della spugna, della sabbia e dell’acqua così i corpi vitali e del desiderio interpenetrano il corpo denso della pianta, dell’animale e dell’uomo. Ma durante la vita dell’uomo sulla Terra il suo corpo del desiderio non ha la stessa forma dei corpi denso e vitale. Assume quell’aspetto dopo la morte. Durante la vita ha l’apparenza di un ovoide luminoso il quale, nelle ore di veglia, avvolge completamente il corpo fisico, come l’albume avvolge il tuorlo di un uovo. Esso si estende da 30 a 40 centimetri al di là del corpo fisico. In questo corpo del desiderio ci sono numerosi centri di percezione ma, nella maggioranza delle persone, essi sono ancora allo stato latente. Il risveglio di questo centri corrisponde all’acquisizione del senso della vista da parte del cieco del nostro primo esempio. La materia del corpo del desiderio dell’uomo è in movimento incessante, di una rapidità inconcepibile. Non esiste nessun posto fisso per nessuna delle sue particelle, come è invece il caso per il corpo fisico denso. La materia che ora è alla testa, un istante dopo può essere ai piedi, e così di seguito. Nel corpo del desiderio, non esiste alcun organo di senso, come nel corpo fisico o nel corpo vitale; ma ci sono dei centri di percezione i quali, quando sono attivi, appaiono come vortici, che rimangono sempre nella stessa posizione relativamente al corpo fisico. Nella maggioranza delle persone questi centri sono dei semplici vortici, e non sono di alcuna utilità come centri di percezione. Essi sono, tuttavia, suscettibili di essere risvegliati in ciascuno; ma, a seconda dei diversi metodi usati per il loro risveglio, si hanno risultati differenti.

    Nel chiaroveggente involontario, sviluppato con metodi negativi, questi vortici girano da destra a sinistra ossia nella direzione opposta a quella delle lancette di un orologio.

    Nel corpo del desiderio del chiaroveggente volontario sviluppato in modo corretto, i vortici girano nella stessa direzione delle lancette di un orologio, rilucendo di straordinario splendore, di gran lunga maggiore della luminosità scintillante del corpo del desiderio ordinario. Questi centri lo provvedono dei mezzi adatti alla percezione delle cose del Mondo del Desiderio, ed egli vede ed investiga a volontà, mentre il medium i cui centri girano in senso inverso, somiglia ad uno specchio che riflette solo ciò che passa davanti ad esso. Egli è incapace di indagare per ottenere informazioni, poiché non può osservare quello che desidera. La ragione di ciò sarà spiegata in un altro capitolo; ma quella esposta è una delle differenze fondamentali fra un medium ed un chiaroveggente, correttamente esercitato. La maggior parte della gente, non fa distinzione fra i due; tuttavia c’è una regola infallibile, alla quale ognuno può attenersi: Nessun veggente correttamente formato eserciterà la chiaroveggenza a scopo di lucro, sia esso denaro od altra cosa; non la userà per soddisfacimento di curiosità, ma unicamente per aiutare il genere umano.

    Nessuno che sia capace di insegnare il metodo adatto per lo sviluppo di questa facoltà, darà una tale lezione a scopo di lucro. Coloro che chiedono denaro per esercitare la chiaroveggenza o per impartire lezioni su queste cose, non posseggono effettivamente nulla che meriti di esser pagato. La regola data è una guida sicura che può esser seguita da tutti con piena fiducia.

    In un futuro molto lontano, il corpo del desiderio dell’uomo diverrà tanto completamente organizzato quanto lo sono ora il corpo vitale e il corpo fisico. Quando quello stadio sarà raggiunto, avremo il potere di funzionare nel corpo del desiderio come facciamo ora con il corpo fisico, che è il più antico ed il meglio organizzato dei nostri veicoli, mentre il corpo del desiderio è il più recente (1). Il corpo del desiderio ha la sua sede nel fegato, come il corpo vitale l’ha nella milza.

    Le creature a sangue caldo sono le più evolute nella scala degli esseri; esse provano sentimenti, passioni ed emozioni che si esteriorizzano nel Mondo col desiderio; creature delle quali si può dire vivano realmente nel più vasto senso della parola, e non semplicemente vegetino; in esse le correnti del corpo del desiderio fluiscono all’esterno del fegato. La materia del desiderio scaturisce in ruscelli o correnti, che procedono per linee curve verso ogni punto della periferia dell’ovoide e fanno poi ritorno al fegato attraverso una quantità di vortici, pressappoco come fa l’acqua bollendo, che scaturisce continuamente all’esterno dalla sorgente del calore e vi ritorna dopo aver compiuto il proprio ciclo.

    Le piante sono prive di questo principio dinamico ed energetico e per questo esse non possono esprimere la vita ed il movimento, come fanno gli organismi più altamente sviluppati. Dove esiste vitalità e movimento, ma non sangue rosso, non esiste un corpo del desiderio separato. La creatura si trova semplicemente in un periodo di transizione dalla pianta all’animale e quindi si muove interamente sotto il controllo dello Spirito-gruppo.

    Negli animali a sangue freddo, che hanno un fegato e sangue rosso, esiste un corpo del desiderio separato, e lo Spirito-gruppo dirige le correnti verso l’interno perché nel loro caso, lo Spirito individuale (del singolo pesce o del rettile, per esempio) è del tutto al di fuori del veicolo fisico.

    Quando l’organismo si è sviluppato al punto che lo Spirito individuale possa cominciare a penetrare nei suoi veicoli, comincia a dirigere le correnti verso l’esterno, e noi vediamo allora l’inizio del periodo di esistenza caratterizzato dalle passioni e la comparsa del sangue caldo. E’ dunque il sangue rosso e caldo nel fegato dell’organismo sviluppato al punto da possedere in sé uno Spirito individuale (2) – il quale dirige col suo dinamismo le correnti della materia del desiderio verso l’esterno – che produce la manifestazione del desiderio e della passione nell’animale e nell’uomo. Nel caso dell’animale, lo Spirito non dimora ancora interamente in lui.

Figura C: Il corpo del desiderio nell’uomo ordinario

Figura D: Il corpo del desiderio nel chiaroveggente involontario

Figura E: Il corpo del desiderio nel Chiaroveggente Volontario

    Ciò non avviene finche i punti del corpo vitale e del corpo fisico non vengono in corrispondenza fra loro, come vedremo nel capitolo XII. Per questa ragione l’animale non vive tanto completamente quanto l’uomo, non essendo capace di desideri ed emozioni così elevati, in quanto esso non è altrettanto cosciente. I mammiferi odierni si trovano su di un gradino più elevato di quello raggiunto dall’uomo quando si trovava nella fase animale della sua evoluzione, perché essi posseggono sangue rosso e caldo, che l’uomo a quello stadio non possedeva. Questa differenza di condizione è spiegata dal sentiero dell’evoluzione a spirale; l’uomo attuale appartiene ad un più alto tipo di umanità che non gli attuali Angeli, quando si trovavano allo stadio umano. I mammiferi che ai nostri giorni attraversano la loro fase animale, hanno conseguito il possesso del sangue rosso e caldo, e sono quindi atti a sperimentare in certa misura desideri ed emozioni; essi saranno nel Periodo di Giove un tipo di umanità più puro e migliore di quello che non siamo noi ora, mentre fra la nostra presente umanità ci sarà qualcuno, anche nel Periodo di Giove, che sarà manifestamente ed apertamente malvagio. Questi non potranno allora dissimulare la loro vera natura, come fanno ora; ma non si vergogneranno affatto delle loro malvagità.

    Alla luce di questa esposizione circa il rapporto fra il fegato e la vita dell’organismo, è curioso notare che in parecchie lingue europee (l’inglese, la tedesca e le lingue scandinave) la parola che indica l’organo del corpo (liver = il fegato) ha anche il significato di persona che vive, ” vivente “.

    Se rivolgiamo la nostra attenzione ai quattro Regni per quanto riguarda la loro relazione col Mondo del Pensiero, troviamo che minerali, piante ed animali mancano di un veicolo che li metta in relazione con quel Mondo. Tuttavia sappiamo che alcuni animali pensano; ma questi sono gli animali domestici superiori, che sono stati in stretto contatto con l’uomo per numerose generazioni ed hanno in tal modo sviluppato una facoltà non posseduta dagli altri animali privi di siffatto vantaggio. Ciò in base allo stesso principio per cui un filo percorso da una carica elettrica ad alto potenziale “indurrà” una corrente più debole in un filo portatovi vicino. Incontriamo un fenomeno simile nell’ordine morale: un uomo di salda moralità farà sorgere un’uguale tendenza in una natura meno nobile; mentre una natura moralmente debole sarà sopraffatta e trascinata dall’influenza di caratteri malvagi. Tutto ciò che noi facciamo, diciamo o siamo si riflette nel nostro ambiente. Ed è in tal senso e per tale motivo che gli animali domestici superiori pensano. Essi sono i più elevati della loro specie, quasi sul punto della individualizzazione, e le vibrazioni del pensiero dell’uomo hanno ” indotto ” in loro un’analoga attività ad un livello inferiore. A parte le eccezioni notate, il regno animale non ha acquistato la facoltà del pensiero. Gli animali non sono individualizzati: questa è la grande e cardinale differenza fra il regno umano e gli altri regni. L’uomo è un individuo distinto; gli animali, le piante, i minerali sono divisi in specie. Essi non sono individualizzati nello stesso senso in cui lo è l’uomo.

    E’ vero che noi dividiamo l’umanità in razze, tribù e nazioni; rileviamo la differenza fra il caucasico, il negro, l’indiano, ecc.; ma non sta in ciò l’importanza della questione. Se noi desideriamo studiare le caratteristiche del leone, dell’elefante o di altre specie inferiori è sufficiente prendere in esame un solo membro di quella specie. Conosciute le caratteristiche di un solo animale, conosciamo anche quelle della specie a cui esso appartiene. Tutti i membri di una stessa tribù animale sono simili: questo è il punto importante. Un leone, o suo padre, o suo figlio appaiono tutti simili fra loro; non c’è nessuna differenza nel modo in cui essi agiscono di fronte a circostanze analoghe. Tutti hanno le stesse simpatie ed antipatie; uno è simile all’altro.

    Non è così con gli esseri umani. Se noi desideriamo conoscere le caratteristiche dei negri, non ci servirebbe prendere in esame un singolo individuo. Sarebbe necessario esaminare ciascun negro individualmente e anche con ciò non arriveremmo a nessuna conoscenza intorno ai negri considerati come un tutto, semplicemente perché ciò che era la caratteristica di un singolo individuo, non è applicabile a tutta la razza collericamente.

    Se noi desideriamo di conoscere il carattere di Abramo Lincoln, non ci servirà affatto studiare quello di suo padre, o di suo nonno o di suo figlio, perché essi differirebbero fra loro completamente. Ciascuno avrà le sue particolarità del tutto distinte da quelle di Abramo Lincoln.

    Al contrario, per descrivere minerali, piante ed animali, è sufficiente che noi dedichiamo la nostra attenzione ad un solo esemplare di ciascuna specie. Ci sono invece, fra gli esseri umani, tante specie quanti sono gli individui. Ogni persona è una ” specie “, una legge in sé, del tutto separata e appartata da ogni altro individuo; essa è tanto diversa dai suoi simili quanto una specie dei regni inferiori è diversa dall’altra. Possiamo scrivere la biografia di un uomo, ma l’animale non ha nessuna biografia. E ciò perché in ciascun uomo esiste uno Spirito individuale interiore, il quale dirige i pensieri e le azioni di ogni singolo essere umano, mentre vi è uno Spirito-gruppo comune a tutti i diversi animali o piante della medesima specie. Lo Spirito-gruppo agisce in essi dall’esterno. La tigre che vaga nei deserti selvaggi della giungla indiana e la tigre chiusa nella gabbia di un circo, sono entrambe espressione del medesimo Spirito-gruppo. Esso influenza entrambe dal Mondo del Desiderio in cui risiede e dove le distanze sono un fattore pressoché insignificante.

    Gli Spiriti-gruppo dei tre regni inferiori sono variamente situati nei Mondi superiori, come vedremo fra breve quando investigheremo la coscienza dei diversi regni; ma per intendere correttamente la loro rispettiva posizione, è necessario rammentare e chiaramente comprendere quello che è stato detto intorno a tutte le forme che si trovano nel mondo visibile e che sono cristallizzazioni dei modelli e delle idee esistenti nei Mondi superiori, come è stato esemplificato con la casa dell’architetto e la macchina dell’inventore. Come gli umori del molle corpo della chiocciola si cristallizzano nel duro guscio che essa si porta dietro, così gli Spiriti dei Mondi superiori cristallizzano all’esterno di se stessi i corpi materiali densi dei diversi regni.

    Così, i veicoli che chiamiamo ” superiori “, benché tanto sottili e nebulosi da essere invisibili, non sono affatto ” emanazioni ” del corpo denso; ma i veicoli solidi di tutti i regni corrispondono per così dire al guscio della chiocciola, che è cristallizzato dai suoi umori mentre la chiocciola rappresenta lo Spirito; gli umori del suo corpo nel loro processo di cristallizzazione, rappresentano la mente, il corpo del desiderio e il corpo vitale. Questi diversi veicoli furono emanati dallo Spirito stesso allo scopo, grazie ad essi, di acquisire esperienza. E’ lo Spirito che muove il corpo fisico a suo piacimento, come la chiocciola muove la sua casa, e non è il corpo che controlla i movimenti dello Spirito. Più strettamente entra lo Spirito in contatto col suo veicolo, meglio può controllarlo ed esprimersi attraverso quel veicolo e viceversa. Questa è la chiave per i diversi stati di coscienza nei diversi regni. Lo studio delle Tavole schematiche n. 2 e n. 3 darà una chiara idea dei veicoli di ciascun regno e del modo col quale essi sono in correlazione coi diversi Mondi, e lo stato di coscienza che ne risulta.

Tavola Schematica B: Relazione tra i veicoli ed i Mondi

Tavola Schematica C: Stati di Coscienza di ciascun Regno

    Dalla Tavola schematica n. 2 impariamo che l’Ego separato è completamente racchiuso entro lo Spirito Universale nella Regione del Pensiero Astratto. Questa Tavola mostra che solo l’uomo possiede la completa catena dei veicoli che lo mettono in relazione con tutte le divisioni dei tre Mondi. All’animale manca un anello della catena: la mente; alla pianta ne mancano due, la mente e il corpo del desiderio; ed al minerale mancano i tre anelli della catena di veicoli necessari per funzionare in modo autocosciente nel Mondo Fisico: la mente, il corpo del desiderio e il corpo vitale.

    La ragione delle varie differenze consiste nel fatto che il regno minerale è l’espressione dell’onda di vita in evoluzione più recente, il regno vegetale è animato da un’onda di vita che da più lungo tempo si trova sul sentiero dell’evoluzione; l’onda di vita del regno animale ha un passato ancora più antico; mentre l’uomo e cioè la vita che ora si esprime nella forma umana, ha dietro di sé il più lungo viaggio di tutti i quattro regni, e quindi è in testa a tutti. Col tempo le tre onde di vita che ora animano i tre regni inferiori, raggiungeranno la condizione umana mentre noi avremo allora raggiunto un più alto grado di sviluppo.

    Per comprendere il grado di coscienza risultante dal possesso dei veicoli che la vita evolvente usa nei quattro regni, consideriamo la Tavola schematica n. 3, la quale mostra che l’uomo pensante, l’Ego, è disceso nella Regione Chimica del Mondo Fisico. Qui egli ha coordinato tutti i suoi veicoli pervenendo così allo stato di risveglio della coscienza. Ora sta imparando a controllare i suoi veicoli. Gli organi del corpo del desiderio e quelli della mente, non sono ancora evoluti. Quest’ultima non è ancora neppure un corpo. Attualmente, è solo un involucro, una guaina, usata dell’Ego come punto focale in cui concentrare le sue energie. E’ l’ultimo veicolo costruito. Lo Spirito, lavorando, passa gradatamente dalla sostanza più sottile alla più grossolana, ed i suoi veicoli sono prima formati di sostanza sottile e poi di sostanza sempre più densa. Il corpo fisico fu costruito per primo ed ha ora raggiunto il quarto grado di densità; il corpo vitale è al terzo stadio; il corpo del desiderio al secondo, e perciò è ancora nebuloso; infine la guaina della mente è ancora più sottile. Poiché questi veicoli non hanno finora sviluppato alcun organo, è chiaro che, da soli, essi non potrebbero servire come veicoli di coscienza. L’Ego, tuttavia, penetra all’interno del corpo denso, collega questi veicoli privi di organi coi centri dei sensi fisici e perviene così a risvegliare la coscienza allo stato di veglia nel Mondo Fisico.

    Lo studioso dovrebbe osservare in modo particolare che è a causa del loro legame col meccanismo meravigliosamente organizzato del corpo fisico, che questi veicoli superiori acquistano valore. Egli eviterà un errore nel quale incorrono frequentemente coloro che, giunti a conoscere l’esistenza dei corpi superiori, cominciano a disprezzare il veicolo fisico, lo definiscono ” basso ” e ” vile “, volgendo gli occhi al cielo desiderosi di presto lasciare questa terrena massa di creta e prendere il volo nei loro ” veicoli superiori “.

    In generale, queste persone non rilevano la differenza fra ” superiore ” e ” perfetto “. Certamente il corpo fisico è il veicolo più basso, nel senso che è il più pesante e che unisce l’uomo al mondo sensibile con tutte le limitazioni che ne derivano. Come già detto, esso ha un lunghissimo periodo di evoluzione dietro di sé ed ha ora raggiunto un grande e meraviglioso grado di efficienza. Col tempo raggiungerà la perfezione, ma, anche ora, è il meglio organizzato dei veicoli dell’uomo. Il corpo vitale è al suo terzo stadio di evoluzione ed è organizzato meno completamente del corpo fisico. Il corpo del desiderio e la mente sono, per ora, semplici nubi quasi del tutto disorganizzate. Negli esseri umani meno evoluti, questi veicoli non sono ancora ovoidi ben definiti, ma hanno forma più o meno indecisa.

    Il corpo fisico è uno strumento costruito meravigliosamente e degno dell’ammirazione di chiunque sia in possesso di una qualche conoscenza della costituzione dell’uomo. Osservate il femore, per esempio. Quest’osso sopporta l’intero peso del corpo. All’esterno è formato da un delicato involucro di osso compatto, rafforzato internamente da fibre ossee cellulari incrociate in modo così meraviglioso che il ponte più perfetto e la migliore opera d’ingegneria non potranno mai giungere a formare con tanto poco peso, un pilastro così forte. Lo stesso dicasi per le ossa del cranio: sempre col minimo impiego di materiale si ottiene il massimo di forza. Considerate la sapienza che si rivela nella formazione del cuore e poi chiedetevi se questo superbo meccanismo meriti di essere disprezzato. L’uomo saggio è grato per il suo corpo fisico e ne ha la massima cura ben sapendo che esso è il più prezioso dei veicoli di cui per ora dispone.

    Nella sua discesa lo Spirito dell’animale non ha raggiunto che il Mondo del Desiderio. Questo Spirito non è ancora evoluto fino al punto di poter ” penetrare ” in un corpo fisico. Perciò, l’animale non possiede uno Spirito individuale interiore ma uno Spirito-gruppo che lo guida dal di fuori. L’animale possiede il corpo fisico, il corpo vitale, e il corpo del desiderio, ma lo Spirito-gruppo che lo dirige è esterno. Il corpo vitale ed il corpo del desiderio dell’animale non si trovano interamente dentro il corpo denso, specialmente per quel che riguarda la testa. La testa eterica di un cavallo, per esempio, si proietta assai al di là e al di sopra della testa fisica. Quando, come avviene in rari casi, la testa eterica di un cavallo entra dentro la testa fisica, il cavallo può imparare a leggere, a contare ed a fare semplici operazioni di aritmetica. A questa peculiarità è anche dovuto il fatto che cavalli, cani, gatti ed altri animali domestici, percepiscono il Mondo del Desiderio sebbene non sempre si accorgano della differenza fra tale Mondo ed il Mondo Fisico. Un cavallo si adombrerà alla vista di una forma invisibile al conduttore; un gatto cercherà di strofinarsi contro gambe invisibili per noi: non si accorge che non ci sono gambe dense utilizzabili per strofinarcisi contro. Il cane, che è più intelligente e savio del cavallo e del gatto, spessissimo sente che c’è qualcosa che egli non comprende quando vede che gli si appressa l’ombra del defunto padrone alla quale non può lambire la mano in segno di affetto. Allora esso mugolerà cupamente e si nasconderà in un cantuccio con la coda fra le gambe. L’esempio che segue sarà forse utile per chiarire la differenza fra l’uomo col suo Spirito interiore e l’animale diretto dal suo Spirito-gruppo.

    Immaginiamo una stanza divisa per metà da una tenda, e che una parte della tenda rappresenti il Mondo del Desiderio e l’altra il Mondo Fisico. Vi sono due uomini nella stanza, uno da ciascun lato della tenda; essi non si possono vedere, né possono riunirsi dalla stessa parte. Ci sono dieci buchi nella tenda, e l’uomo che si trova dalla parte che rappresenta il Mondo del Desiderio può introdurre le sue dieci dita attraverso questi buchi verso l’altra parte rappresentante il Mondo Fisico. Egli ci fornisce ora un’eccellente rappresentazione dello Spirito-gruppo che si trova nel Mondo del Desiderio. Le dita rappresentano gli animali appartenenti alle singole specie. L’uomo può muoverle a volontà, ma non può farne uso così liberamente e così intelligentemente come l’uomo che passeggia nella parte che rappresenta il Mondo Fisico può usare il suo corpo denso. Quest’ultimo vede le dita spinte attraverso la tenda e osserva che tutte si muovono, ma non si accorge di alcun legame fra loro. A lui appaiono come se fossero separate e distinte una dall’altra. Non può vedere che esse sono le dita dell’uomo che si trova di là dalla tenda e che vengono governate nei loro movimenti dalla sua intelligenza. Se egli ferisce una delle dita, non ferisce soltanto quel dito, ma principalmente l’uomo invisibile che si trova dietro la tenda. Se un animale è ferito, soffre, ma non quanto soffre lo Spirito-gruppo. Il dito non possiede coscienza individuale, si muove come l’uomo comanda; così l’animale si muove come comanda lo Spirito-gruppo. Parliamo di ” istinto animale ” e di” istinto cieco “, ma non esiste una cosa così vaga e indefinita come il ” cieco ” istinto. Non v’è nulla di ” cieco ” nel modo col quale lo Spirito-gruppo guida i suoi membri; vi è la SAPIENZA e scritta a lettere maiuscole. Il chiaroveggente addestrato, quando agisce nel Mondo del Desiderio, può entrare in relazione con questi Spiriti delle specie animali e li trova molto più intelligenti di una larga percentuale di esseri umani. Egli può constatare il meraviglioso discernimento che essi dimostrano nel dirigere gli animali che sono i loro corpi fisici.

    E’ lo Spirito-gruppo che in autunno raccoglie gli uccelli in stormi e li spinge a migrare verso il sud, né troppo presto né troppo tardi, per sfuggire al vento gelido dell’inverno; è lui che dirige il loro ritorno a primavera, spingendoli a volare alla giusta altezza, diversa per le diverse specie.

    Lo Spirito-gruppo insegna al castoro come costruire con giusta angolatura la sua diga attraverso la corrente del fiume con una notevole precisione. Esso considera la rapidità del corso delle acque e tutte le circostanze, proprio come farebbe un esperto ingegnere mostrandosi al corrente di ogni particolare dell’arte come un professionista tecnicamente istruito in una scuola. E’ la sapienza dello Spirito-gruppo che dirige la costruzione delle celle esagonali dell’ape con tanta geometrica esattezza, che insegna alla chiocciola a modellare la sua casa in una magnifica e precisa spirale e al mollusco dell’oceano l’arte di decorare la sua iridescente conchiglia. Saggezza, saggezza ovunque! Così grande, così sublime che chiunque osservi con occhio attento è riempito di meraviglia e di venerazione.

    A questo punto sorgerà spontanea la domanda: se lo Spirito-gruppo dell’animale è tanto saggio, considerando il breve periodo di evoluzione dell’animale rispetto a quello dell’uomo, perché mai quest’ultimo non si mostra più sapiente e perché è obbligato a studiare l’algebra e la geometria per poter costruire una diga o altre opere, cose tutte che lo Spirito-gruppo dell’animale fa senza alcun ammaestramento ?

    Noi risponderemo che la causa di ciò è dovuta alla discesa progressiva dello Spirito Universale nella materia di sempre crescente densità. Nei Mondi superiori, dove i suoi veicoli sono meno numerosi e più sottili, esso è in più stretto contatto con la sapienza cosmica che rifulge in modo ineffabile nel Mondo Fisico denso; ma, via via che lo Spirito discende, la luce della sapienza si offusca temporaneamente sempre di più finché, nel più denso dei Mondi, essa è quasi del tutto spenta.

    Un esempio varrà a rendere questo più chiaro. La mano è lo strumento più prezioso dell’uomo e la sua destrezza le permette di rispondere al minimo comando di lui. In alcune professioni, come quella di cassiere, il delicato tocco della mano diviene così sensibile, da distinguere una moneta falsa da una buona in modo tale da far quasi pensare che essa sia dotata di intelligenza individuale.

    E’ nell’esecuzione di un pezzo musicale che la mano può forse meglio mostrare la sua abilità. Essa è capace di produrre le melodie più belle e commoventi. Il tocco delicato e gentile della mano fa scaturire dallo strumento i più teneri accenti del linguaggio dell’anima che esprimono angosce, gioie, speranze, timori, desideri, come solo la musica può fare. E’ il linguaggio del Mondo celeste, la vera dimora dello Spirito, e giunge alla divina scintilla imprigionata nella carne come un messaggio dalla sua terra natale. La musica parla a tutti qualunque sia la loro razza, la loro religione o la loro posizione sociale. Più elevato e più spirituale è l’individuo, più chiaro diventa per lui quel linguaggio, che tuttavia giunge anche al cuore di un’anima primitiva.

    Immaginiamo ora un celebre violinista che si metta i guanti e poi cerchi di suonare il violino. Noteremo subito che il tocco è meno delicato, che l’anima della musica è svanita. Se egli calza sui primi un altro paio di guanti, la mano resta intralciata in misura tale da produrre solo delle stonature. Se, infine, aggiungesse alle due paia di guanti che già lo imbarazzano un altro paio di guanti, il violinista sarebbe assolutamente incapace di suonare, cosa che farebbe dubitare, a chi non l’avesse mai sentito suonare in condizioni normali, della sua abilità.

    Così accade per lo Spirito: ogni passo in giù, ogni discesa verso la materia più densa costituisce per esso ciò che il calzare un paio di guanti costituirebbe per il musicista del nostro esempio. Ogni passo verso l’involuzione limita il suo potere di espressione fino a che poi si abitua alle limitazioni, e vi si adatta, così come l’occhio deve adattarsi alle variazioni d’intensità della luce. La pupilla si contrae al massimo nella luce abbagliante del sole, se noi entriamo allora in casa tutto sembra oscuro; ma via via che la pupilla si dilata e lascia passare la luce si finisce per veder così bene nella penombra della casa come in pieno sole.

    Scopo dell’evoluzione dell’uomo quaggiù è di metterlo in grado di trovare il suo centro nel Mondo Fisico dove, ora, la luce della saggezza sembra oscurata. Ma quando, a tempo debito, avremo ” trovato la luce “, la saggezza dell’uomo rifulgerà nelle sue azioni sorpassando di gran lunga quella espressa dallo Spirito-gruppo dell’animale.

    Inoltre bisogna distinguere fra lo Spirito-gruppo e gli Spiriti Vergini dell’onda di vita che ora sta esprimendosi negli animali. Lo Spirito-gruppo appartiene ad un’evoluzione diversa ed è il guardiano degli Spiriti animali.

    Il corpo fisico, per mezzo del quale noi agiamo, è composto di numerose cellule aventi ciascuna una coscienza propria pur se di ordine molto basso. Mentre queste cellule fanno parte del nostro corpo, esse sono soggette alla nostra coscienza e da essa dominate. Uno Spirito-gruppo animale funziona in un corpo spirituale che è il suo più basso veicolo. Questo veicolo consiste di un numero variabile di Spiriti Vergini attualmente immersi nella coscienza dello Spirito-gruppo. Quest’ultimo dirige i veicoli costruiti dagli Spiriti Vergini in sua balìa, prendendone cura, ed aiutandoli a sviluppare i loro veicoli. Mentre gli Spiriti Vergini si evolvono, si evolve anche lo Spirito-gruppo passando per una serie di trasformazioni in modo analogo a quello col quale noi cresciamo ed acquistiamo esperienza assimilando nel nostro corpo le cellule nutritive che ingeriamo, suscitando la loro coscienza coll’arricchirle per un certo tempo della nostra.

    Così, mentre un Ego separato autocosciente si trova in ogni corpo umano e domina le azioni del suo veicolo particolare, lo Spirito del singolo animale non è ancora individualizzato né autocosciente ma fa parte del veicolo di una entità autocosciente appartenente ad una diversa evoluzione: lo Spirito-gruppo.

    Questo Spirito-gruppo domina le azioni degli animali in armonia con la legge cosmica, finché gli Spiriti Vergini in sua balìa non abbiano raggiunto l’autocoscienza e siano individualizzati allo stato umano. Allora essi manifesteranno gradatamente una volontà personale, emancipandosi sempre più dallo Spirito-gruppo e divenendo responsabili delle loro azioni. Lo Spirito-gruppo le influenzerà tuttavia (sebbene in misura decrescente) come Spirito di razza, tribù comunità, o famiglia, sino a che ogni individuo non acquisti la capacità di agire in piena armonia con la legge cosmica. Finché non sia giunto un tal momento l’Ego non sarà completamente libero ed indipendente dallo Spirito-gruppo e quando ciò avverrà s’inizierà una fase superiore della evoluzione.

    Il fatto che lo Spirito-gruppo si trovi nel Mondo del Desiderio conferisce all’animale una coscienza diversa da quella dell’uomo, il quale possiede una coscienza di veglia chiara e precisa. L’uomo vede le cose esteriori con contorni ben netti e distinti. In virtù del sentiero dell’evoluzione che si svolge a spirale, gli animali domestici superiori, specialmente il cane, il cavallo, il gatto e l’elefante, vedono gli oggetti quasi allo stesso modo benché, forse, non proprio distintamente.

    Tutti gli altri animali posseggono una ” coscienza rappresentativa ” interiore simile a quella dell’uomo quando sogna. In presenza di un oggetto, essi percepiscono interiormente un’immagine accompagnata da una forte impressione che inquadra l’oggetto come favorevole o contrario al loro benessere. Se il sentimento che suscita è di paura, esso si associa ad una suggestione proveniente dallo Spirito-gruppo che gl’indica come sfuggire al minacciato pericolo. Questo stato negativo di coscienza facilita allo Spirito-gruppo la guida dei corpi fisici degli animali mediante la suggestione, perché gli animali non posseggono volontà individuale.

    L’uomo non è facilmente guidato dall’esterno con o senza il suo consenso. Via via che l’evoluzione avanza e la volontà dell’uomo si sviluppa sempre di più, egli si affrancherà dalle suggestioni esteriori e sarà libero di agire secondo il proprio volere, indipendentemente dalle influenze altrui. Questa è la principale differenza fra l’uomo e gli altri regni. Questi agiscono secondo la legge e gl’imperiosi ordini dello Spirito-gruppo (che noi chiamiamo istinto), mentre l’uomo diviene sempre più legge a se stesso. Noi non chiediamo al minerale se si vuol cristallizzare o no, né al fiore se vuole o non vuole sbocciare, né al leone se vuole o non vuole cessare di predare. Essi sono tutti, nelle cose piccole come nelle grandi, sotto il dominio assoluto dello Spirito-gruppo, in quanto privi di libero arbitrio e di iniziativa, qualità possedute invece, in diverso grado, da ogni essere umano. Tutti gli animali della stessa specie appaiono approssimativamente uguali, perché essi sono l’emanazione dello stesso Spirito-gruppo, mentre fra il miliardo e mezzo di esseri umani che popolano la terra (3), non due soli esseri umani appaiono esattamente simili neppure i gemelli nell’adolescenza, perché il segno posto su ciascuno dall’Ego individuale, produce la differenza nell’aspetto come nel carattere.

    Che tutti i buoi si nutrano d’erba e tutti i leoni mangino carne, mentre ciò che costituisce un buon nutrimento per un uomo, non sempre conviene ad un altro uomo, è ancora una prova dell’universale influenza dello Spirito-gruppo sugli animali, in contrasto con l’Ego, il quale fa sì che ogni essere umano richieda una proporzione di cibo specialmente adatta al proprio organismo. I medici notano perplessi la stessa particolarità negli effetti delle loro medicine. Queste agiscono in modo differente nei vari individui, mentre la stessa medicina produrrà identici effetti in due animali della stessa specie, in virtù del fatto che tutti gli animali seguono gli ordini dello Spirito-gruppo e della Legge Cosmica, ed agiscono sempre in modo simile nelle identiche circostanze. Soltanto l’uomo è, in qualche misura, capace di seguire, entro certi limiti, i suoi propri desideri. Che i suoi errori siano molti e gravi, si concede, ed a molti potrebbe sembrare preferibile che egli fosse obbligato a seguire la retta via; ma, se così fosse, egli non imparerebbe mai ad agire correttamente. Le lezioni per discernere il bene dal male, non possono essere imparate se non a condizione che egli sia libero di scegliere il proprio genere di vita, ed abbia appreso ad evitare il male come una vera ” fonte di dolore “. Se egli agisse correttamente solo perché non ha altra scelta, e non avesse alternativa di agire in modo diverso, sarebbe un automa e non un Dio in evoluzione. Come il costruttore impara dai suoi errori a correggersi nelle future costruzioni, così l’uomo, mediante i suoi errori ed il dolore che ne deriva, consegue (perché autocosciente) una sapienza superiore a quella dell’animale, il quale agisce saggiamente perché forzato dallo Spirito-gruppo. Col tempo l’animale giungerà allo stadio umano, avrà libertà di scelta e, attraverso gli errori, imparerà come noi facciamo adesso.

    La Tavola schematica n. 3 mostra che lo Spirito-gruppo del regno vegetale ha il suo più basso veicolo nella Regione del Pensiero Concreto. Esso si trova a due gradini di distanza dal suo veicolo denso e, in conseguenza, le piante hanno coscienza corrispondente a quella del sonno senza sogni. Lo Spirito-gruppo del minerale ha il suo più basso veicolo nella Regione del Pensiero Astratto e dista quindi di tre gradini dal suo veicolo denso; perciò il minerale è in uno stato di profonda incoscienza simile alla condizione di trance.

    Vediamo così, dunque, come l’uomo sia uno Spirito individuale, un Ego separato da tutte le altre entità, che dirige ed opera in una serie di veicoli dall’interno e come le piante e gli animali sono guidati dall’esterno per opera di uno Spirito-gruppo avente giurisdizione su un certo numero di animali e di piante nel nostro Mondo Fisico. Essi sono separati solo in apparenza.

    Le relazioni della pianta, dell’animale e dell’uomo con le correnti vitali che circolano nell’atmosfera della Terra sono simbolicamente rappresentate dalla croce. Il Regno Minerale non è compreso in questo simbolo perché, come abbiamo veduto, non possiede un corpo vitale individuale e perciò non può essere il veicolo per le correnti dei regni superiori. Platone, che era un iniziato, enunciò spesso verità occulte. Egli disse: ” L’Anima del Mondo è crocifissa “.

    Il braccio inferiore della croce indica la pianta con le sue radici che affondano nel terreno chimico minerale. Gli Spiriti-gruppo delle piante si trovano al centro della Terra. Essi dimorano, ricordiamolo, nella Regione del Pensiero Concreto che interpenetra la Terra così come fanno tutti gli altri Mondi. Da questi Spiriti-gruppo fluiscono correnti in tutte le direzioni verso la periferia della Terra passando all’esterno attraverso il fusto della pianta o dell’albero.

    L’uomo è rappresentato dal braccio superiore; egli è la pianta rovesciata. La pianta assorbe il suo nutrimento attraverso la radice; l’uomo prende il cibo dalla testa. La pianta spinge i suoi organi della generazione verso il sole; l’uomo, pianta rovesciata, volge i suoi verso il centro della terra. La pianta riceve le correnti spirituali dello Spirito-gruppo proveniente dal centro della terra, che penetrano in essa attraverso la radice; vedremo in seguito che la più alta influenza spirituale giunge all’uomo dal sole i cui raggi penetrano in lui attraverso la testa. La pianta inala il velenoso biossido di carbonio esalato dall’uomo ed esala l’ossigeno, datore di vita, inalato da lui.

    Gli animali, simbolizzati dal braccio orizzontale della croce, stanno fra la pianta e l’uomo. La loro spina dorsale è in posizione orizzontale ed attraverso di essa vibrano le correnti dello Spirito-gruppo, correnti che circolano intorno alla Terra.

    Nessun animale può rimanere costantemente in posizione eretta, perché in questo caso le correnti dello Spirito-gruppo non potrebbero guidarlo, e non essendo abbastanza individualizzato da sopportare le correnti spirituali che attraversano la spina dorsale verticale dell’uomo, morirebbe.

    E’ necessario che un veicolo, affinché possa servire per l’espressione di un Ego individuale, soddisfi a tre condizioni:

        un’andatura eretta che gli permetta di mettersi in contatto con le correnti ora menzionate;

        una laringe verticale, perché solo questa rende possibile il parlare (ai pappagalli, alle gazze e agli stornelli, che hanno una laringe verticale, si può insegnare a parlare);

        un sangue caldo, capace di ricevere le correnti solari.

    Quest’ultima condizione è della massima importanza per l’Ego, come in seguito razionalmente spiegheremo e illustreremo. Per il momento ci limitiamo alla menzione degli elementi necessari all’Ego, terminando questo studio sui rapporti dei Quattro Regni, fra loro e con i differenti Mondi.

    (1) Poiché ” (la mente) non è ancora neppure un corpo. Attualmente è solo un involucro “.

    (2) L’Ego.

    (3) Max Heindel scrisse questo libro nel 1909.

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JOSEPH “RUDYARD” KIPLING- LA SUA VITA

JOSEPH “RUDYARD” KIPLING

(1865-1936)

LA SUA VITA

di

Riccardo Isnenghi

Joseph “Rudyard” Kipling, nacque a Bombay, in India, il 30 Dicem bre 1865, da genitori inglesi ivi trasferitisi per motivi professionali. Nacque in quel momento uno dei personaggi più significativi nell’ambito della letteratura inglese, grande iniziato e punto fermo della Massoneria moderna. A 5 anni fu mandato in Inghilterra, per ricevere un’istruzione adeguata; studiò a Londra e, successivamente, in un college del North Devon; questo fu per lui un periodo terribilmente triste in quanto, ragazzo molto sensibile, soffriva della mancanza dei genitori, ancora molto impegnati in India.

Finito il college, Joseph ritornò finalmente in India, a Lhaore, dove pur essendo giovanissimo, diventò vicedirettore della “Civil and Military Gazette”, importante notiziario informativo in lingua inglese. Egli rimase profondamente colpito ed estasiato dalla tipicità di quel paese, trovò nelle piccole cose comuni della strada e nelle persone di tutti i giorni, le più frequenti basi per le sue storie e i suoi poemi. Il suo ingresso nell’istituzione massonica avvenne nel 1886 quando egli, ancora ventenne, non aveva conseguito la maggiore età. Ciò avvenne però ugualmente in quanto fu presentato da due colonnelli dell ‘esercito inglese che gli fecero da garanti.

La scelta di essere iniziato Libero Muratore fu per lui forte e decisa poiché anche suo padre era massone. L’iniziazione avvenne nell’Aprile del 1886 nella “Hope and Perseverance” n. 782 all’oriente di Lhaore, loggia di cui fu subito segretario.

Negli anni successivi, molti spostamenti per motivi di lavoro portarono Kipling a frequentare assiduamente diverse logge in tutta l’India, paese allora molto eterogeneo, e ciò diede sicuramente al Kipling massone un’impronta che egli manterrà per tutta la vita. L’anno 1889 vide il suo definitivo ritorno in Inghilterra, paese in cui rimase fino al suo matrimonio e in cui intrattenne fitti rapporti con altri importanti letterati del tempo, primo fra tutti A. C. Doyle, anch’egli massone e famosissimo creatore di S. Holmes.

Nel 1892 si sposò con Caroline Balestier e si trasferì nel Vermount negli Stati Uniti, ove rimase quattro anni, fino al 1896 anno durante il quale ritornò in Inghilterra. Cominciò in seguito a viaggiare come inviato di guerra in numerose nazioni tra cui il Sudafrica, l’Italia e la Francia, continuando però nel frattempo a frequentare con devozione ed assiduità l’Istituzione

         alla quale era così attaccato. Nel 1900 entrò nella Società dei Rosacroce e nel 1910 fu tra i fondatori di una loggia, la “Authors” n.3456. Avendo ricevuto, primo tra gli scrittori inglesi, nel 1907 il premio Nobel per la Letteratura, venne invitato a presenziare ai lavori di numerose logge di cui diverrà poi socio onorario (tra tutte ricordiamo la famosa Loggia “Motherland” n.3861 all’Or. di Londra).

Lo sconforto per la ravvicinata perdita dei due figli lo fece fortemente tentennare ma, anche in questo caso, i Fratelli di Loggia furono con lui per sostenerlo dopo questo dolore immenso, aiutandolo a ritrovare la forza morale per continuare la professione e rinsaldare la sua profonda vocazione di Framassone. Joseph “Rudyard” Kipling, muore nel 1936, dopo una lunga malattia che strapperà al mondo letterario e soprattutto alla Fratellanza Universale uno dei suoi più grandi esponenti in senso assoluto.

Kipling: La Massoneria. Come anticipato in precedenza, l’iniziazione di Kipling avvenne nell’aprile del 1886, tra le colonne della Loggia “Hope and Perseverance” di Lhaore, officina estremamente eterogenea, composta da Fratelli di almeno cinque confessioni diverse e con differenti caratteristiche sociali, si trovavano, infatti, in essa componenti di religione Mussulmana, Ebraica, Cattolica, Induista e Shik ed altresì vi erano Fratelli militari, agricoltori, popolani e di alto censo.

Questa loggia rappresentò quindi per lui, uomo di grande tolleranza e di buona indole, la perfetta sintesi di ciò che in buona sostanza definisce ancora oggi l’essenza Massonica: Tolleranza, Fratellanza e Uguaglianza. A Lhaore, la gente credeva che nella Loggia ci fosse qualcosa di magico; infatti si pensava che solo in questo modo persone di così differenti caste e di diversa religione potessero convivere in grande fraternità e armonia, diventando addirittura un esempio per il mondo profano. Dopo un solo mese, nel maggio dello stesso anno, si ebbe il suo passaggio al superiore grado di Compagno d’Arte e, sette mesi più tardi, quello ulteriore a Maestro. Segretario e M.D.C. nel febbraio del 1887, dovette però lasciare la sua amata Officina in quanto pressanti impegni di lavoro lo portarono a trasferirsi ad Allahbad, lì entrò nella loggia “Indipendence with Fidelity” n.391, ove restò fino al suo definitivo ritorno in Inghilterra nel 1889. Tristissimo fu il suo addio all’amata terra orientale. Appena giunse a Londra, venne chiamato tra le colonne della più antica e famosa Loggia del mondo, la “Cannongate Kilvsânning” n. 02, di cui divenne membro onorario. Il lavoro lo portò inviato di guerra in Sudafrica e lì, insieme a Sir Arthur Conan Doyle, dottore in un ospedale da campo, fondò nel 1900 un’officina cui fu dato nome di “Emergency Lodge”.

Nel 1900, rientrato in Inghilterra, entrò a far parte della Società dei Rosacroce, momento questo che gli permise di ampliare notevolmente le sue conoscenze esoteriche e di conseguenza migliorarsi anche sotto il profilo massonico. Il suo assiduo lavoro di grande iniziato, lo portò a fondare nel 1910 un’altra loggia di ispirazione culturale, che prese il nome di “Authors” e il numero distintivo di 3456. Nel 1918 anche la “Motherland Lodge” in Londra lo volle come membro onorario e la sua presenza nelle più grandi ed importanti logge europee diventò molto ambita. Nel 1922, per conto della G.’.L.’ di Francia fondò un’ulteriore officina chiamata “The Builder of the Silent Cities”.

Ulteriori esperienze Massoniche minori dell’autore inglese non sono state riportate in quanto, volendo essere concisi, si sono narrate solo le fasi salienti del suo lungo ed intenso impegno nell’Istituzione, impegno che lo pone innanzi a noi “Massoni Posteri”, come uno dei più grandi letterati iniziati, non solo del diciannovesimo secolo, ma dell’intera storia Massonico-letteraria mondiale.

Kipling: un vero Maestro

Immaginiamo per un momento di non avere letto i primi due punti di questo breve lavoro, pur non essendo a conoscenza dell’appartenenza di Kipling alla Libera Muratoria potremmo capire ciò semplicemente leggendo alcune delle sue opere in cui i concetti basilari dell’essenza iniziatica vengono posti in evidenza, talvolta in modo quasi lapalissiano, talvolta più velatamente ma comunque sempre con un vigore e una profondità spirituale e morale raramente riscontrata in altri autori. Comodo sarebbe a questo punto, avendo una fornita bibliografia sotto gli occhi, fare una sorta di resoconto e di elenco delle sue “Opere Massoniche” ma scrivendone una lunga lista, oltre ad annoiare il lettore e a rischiare di risultare prolissi, non si renderebbe giustizia ad un autore che fu “Universale” e che in tale maniera deve essere conosciuto e considerato. Kipling può dunque essere considerato un “Maestro Globale”, i cui insegnamenti Massonici, basati fortemente sui principi del Compagnonaggio inglese, vertono sui tre famosi principi di Tolleranza, Uguaglianza e Fratellanza.

I principi classici della Liberomuratoria nell’opera Kiplingiana sono espressi limpidamente in un’opera come “ln the Interest of Brethern” (1926), breve storia narrante i lavori svolti in una Loggia d’Istruzione inglese all’epoca della guerra, lavori descritti con una profondità ed al tempo stesso una semplicità degni proprio di un maestro. Durante i Lavori di Loggia in quell’epoca, si dava priorità all’aspetto comunitario, inteso come il ritrovarsi tra fratelli, uniti dall’ideale comune di una società migliore. Nel  caso delle Logge di Istruzione, le facce cambiavano quasi continuamente essendo Londra una metropoli di grande passaggio e, all’epoca, di un continuo ricambio di visitatori molti dei quali, essendo militari, ed appartenente  spesso alla Massoneria, passavano di Loggia in Loggia spostandosi per i  loro compiti militari di città in città. Ricordiamo che in Inghilterra, fino a

qualche decennio fa, l’esercito era un fonte molto forte da di buoni Massoni, che cambiando spesso città per servizio, portavano le loro personali esperienze nelle varie Logge ove lavoravano. Ciò andava quindi visto in maniera assolutamente positiva, in quanto era proprio in casi come questi, ove molti dei fratelli partecipanti ai lavori non si erano mai ne visti ne conosciuti, che la fraternità e la comunione di intenti, evidenziati dall’identico percorso iniziatico da essi compiuto, legavano fortemente le persone e davano a queste riunioni una profondità ed un serietà riscontrabili solo in un ambito come appunto quello Massonico.

A questo punto mi sembra doveroso ricordare, tra le tante, l’opera che più esalta lo spirito massonico dell’autore, la splendida poesia dedicata alla Loggia in cui egli fu iniziato, poesia che racchiude pur nella sua brevità, l’essenza principale e portante di tutto il Kipling grande iniziato e che a mio modo di vedere, può permetterci di vivere intensamente e con profondità anche le ulteriori opere a carattere iniziatico da lui elaborate. Nella “Mother Lodge”, poesia del 1896, un intero mondo con tutte le sue varie caratteristiche viene ritrovato nello stesso luogo,  nello stesso istante, con le stesse finalità e lo stesso sentimento; nel Tempio Massonico di Lhaore, infatti, uomini provenienti da luoghi diversi, con differenti percorsi, religioni dissimili e talvolta anche diversi linguaggi, sono insieme come fratelli, in un’unità totale di intenti morali e spirituali. Questa importante universalità viene ricordata dall’autore con estrema emozione e grande nostalgia, a voler spiegare all’attento lettore, la magia immensa ed incredibile che la Massoneria portava, ed ancora porta con se, in un mondo dove gli uomini per diverse idee politiche o credo religiosi differenti arrivano a combattere guerre assurde, che potrebbero essere evitate applicando i semplici ma profondi principi della Tolleranza e della Fraternità. Della Loggia Madre, Kipling ricorda la pace interiore provata lavorando coi Fratelli, le estreme diversità riscontrabili tra i suoi vari appartenenti all’esterno della Loggia, la totale uguaglianza che per contro vi era all’interno di essa, l’estrema tolleranza dimostrata per esempio nel non celebrare agapi per non offendere le varie caste o i vari credo religiosi e il profondo spirito di fratellanza mostrato da ognuno nei confronti dell’altro. Pare a tutti chiaro l’aspetto fortemente universalistico e fraternalistico da lui fortemente espresso.

Vi sono però altri aspetti iniziatici da non trascurare altresì presenti nella sua opera in maniera profonda: il simbolismo e l’uso di segni e comportamenti a forte carattere iniziatico e rituale che si trovano ne “L’uomo che volle farsi Re” e ne “La Gran Guardia”, opere in cui si fa esplicito riferimento a segni e parole tipiche dell’Arte Reale; la definizione sintomatica di come dovrebbe essere l’iniziato viene invece chiaramente espressa in un’opera che Kipling stesso ha dedicato e letto al figlio durante la sua iniziazione, poesia intitolata “I F” (se), considerata a pieno titolo una delle opere Massoniche per eccellenza, ove egli traccia una sorta di profilo interiore ideale del “Massone Illuminato”. Menzione a parte per “La Notte del Banchetto”, poesia in cui l’autore descrivendo un’agape, non esprime opinioni o traccia linee guida, ma sprona semplicemente il Fratello a dimenticare tutti i problemi che l’assillano nel mondo profano ed a godere appieno della compagnia che lo circonda beandosi di quella, quindi in questo caso esaltando la fratellanza non in senso prettamente esoterico, ma cogliendone maggiormente l’aspetto compagnonistico, inteso in senso quasi cameratesco.

“La Notte del Banchetto”, può comunque essere avvicinata nello spirito alla “Loggia Madre”, in quanto dispensatrice di sentimenti di fraternità e di tolleranza, ed è questo, a mio modestissimo parere, il vero cuore della “Maestria Massonica” di Rudyard Kipling, scrittore e Fratello illuminato che ancora oggi ci traccia una strada, insegnandoci cosa significhi non solo chiamarsi Fratelli, cosa che tra noi generalmente accade, ma anche a sentirsi tali ed a viverlo intensamente, sia nella quotidiana vita profana, che lungo il nostro percorso iniziatico nei momenti passati insieme nelle rispettive officine.

Dobbiamo comportarci anche e soprattutto tra noi con correttezza e fraternità, seguendo quell’insegnamento di virtù che ci ha lasciato questo illuminato Fratello, che ha dedicato tutta la sua vita alla nostra Istituzione facendo nascere nuove Logge, scrivendo opere di estremo spessore ed acutezza, iniziando tanti nuovi Fratelli e soprattutto amando ciò in cui credeva visceralmente.

Ringraziamolo infinitamente per ciò che ci ha lasciato, una grande eredità fatta di bontà, di rettitudine morale e di amore per la Massoneria. Tanto e altro ancora si potrebbe scrivere di lui, non basterebbe un libro intero, ma in questo mio piccolo lavoro ho provato ad esternarvi e, spero, a farvi capire, non tanto i più profondi e complessi concetti dell’esoterismo Kiplinghiano bensì, dal profondo del mio cuore, la visione del carissimo Joseph “Rudyard” Kipling riguardo il senso del termine Fratello, che è simile a ciò che io, modesto Compagno d’Arte e giovane Libero Muratore, ritengo sia alla base di quello che dovrà essere il mio percorso iniziatico: segni, simboli, esoterismo, ritualità e soprattutto tanto amore per gli altri, siano essi sconosciuti profani oppure amati e stimati Fratelli di Loggia. •

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LE MASSAIE E I LETTERATI

LE MASSAIE E I LETTERATI

CULTURA Dl MASSA E NICHILISMO NEL POST-MODERNO

Antonio d’Alon:o

Ndell’affermarsi dell’idea spengleriana di tramonto dell’Occidente è implicita  a una concezione estetizzante d’origine pseudo-romantica, che rimanda quest’allegoria all’immagine di un qualcosa che si spegne lentamente, ma dolcemente.

Proprio i romantici, tuttavia, – in particolare Blake, Shelley, Keats, Byron, e, in ambito germanico Hôderlin — prediligevano (e, comunque, questo sarebbe stato l’ineluttabile destino di molti di loro) vivere le loro esistenze in modo estremo ed esaustivo, bruciando prematuramente le loro vite in morti tragiche, o finendo per sprofondare le loro visioni nelle tenebre della follia.

L’idea, mutuata dalla tragedia greca, dell’eroe che finisce per soccombere, anzitempo, ad un fato avverso; evidentemente racchiudeva una dimensione implicita di grandezza, che solo agli eletti era riservata, e non ai comuni mortali. Alla vecchiaia arrivavano solo i mediocri. E quindi erroneo attribuire una valenza romantica all’idea di tramonto. Si può quindi riportare questa chiarificazione concettuale a quella sulle sorti dell’occidente, al suo tramontare, e all’inevitabile decadenza che questo lento agonizzare comporta.

Se si prescinde dal prediligere unilateralmente la Weltaunschung del materialismo storico che identifica, arbitrariamente e grossolanamente, la civiltà con il progresso sociale legato al miglioramento delle condizioni lavorative delle masse operaie di questo secolo, non si può — fermo restando che alcune conquiste salariali sono state importanti — non avvertire, per dirla con Heidegger, il senso di una carenza.

La società capitalistica contemporanea sembra  cominciare solo recentemente ad avvertire gli effetti di quest’eclisse del sacro, di questa perdita del Centro, che produce disperazione ed un’affannosa e frustrante vivere solo per rincorrere ossessivamente i “feticci” del consumismo mondiale.

L’economia — ed in questo aveva veramente ragione Marx — è divenuto il nostro destino, ma nel suo carattere totalitario e panteistico è racchiusa

anche la cifra di una maledizione. In quest’epoca in cui gli Dei sono fuggiti, essendosi dissolta anche qualunque vaga idea di una realtà metafisica trascendente Al piano sensibile, domina incontrastato l’uomo massa. I principi etici non sono più dedotti da assiomi metafisici, a loro volta determinati da un ‘intuizione trascendente. L’esempio più tipico di questo procedimento metafisico, ormai obliato, è dato dall’assiologia cristiana: la carità d’animo è la caratteristica del credente, e lo è perché vi è un Dio misericordioso, la cui esistenza è provata, a sua volta, dalla validità dell’argomentazione aristotelica della causa prima, dal motore immobile. Senza questa superiore riconduzione dell’ethos ad un piano metafisico, si arriva a quella che la filosofia contemporanea chiamata condizione postmoderna, avvero all’assenza di un fondamento che fondi la conoscenza.

La condizione necessaria del postmoderno è l’assenza di un fondamento trascendente rispetto alle varie conoscenze, che ne determini anche la gerarchia: è la mancanza di una causa sui che strutturi una qualsiasi assiologia. L’esempio più classico per dimostrare l’assenza di fondamento della scienza moderna è quello platonico sulla matematica: quest’ultima si preoccupa soltanto di trarne conseguenze dai suoi postulati, che assume peraltro come principi, senza preoccuparsi di indagarne preventivamente la validità.

Se quindi sia assente un qualsiasi fondamento su cui si basi il conoscere, e se, soprattutto, questa base sia necessariamente la metafisica come conoscenza dei principi primi rispetto alla scienza applicata, il risultato non può essere che di relativismo

culturale. In questo caso perverso ogni disciplina essendo priva di un principio primo trascendente e universale che ne determini la gerarchia e l’importanza — è assolutamente uguale rispetto alle altre. La sua importanza risiede solo nel particolare contesto storico e secondo l’utilità del momento.

Negli anni settanta sembrava che la ricerca astronautica dovesse dispiegare la conquista di nuovi orizzonti per l’umanità, invece n’è seguito un’impasse di quasi vent’anni e l’interesse sociale contemporaneo si è ora spostato, secondo gl’interessi dell’industria culturale, sull’ingegneria genetica.

Finché anche quest’ultima non cadrà in oblio, perché ritenuta non più proficua all’industria, ma pronta a ritornare in auge qualora il sistema trovi una qualsiasi applicazione commerciale anche per essa. La scienza non ricerca più per incrementare la conoscenza, ma unicamente per soddisfare gli interessi industriali: essa, infatti, si manifesta essenzialmente come tecnica.

Tutto diventa ciclico ed effimero come le mode che vanno e vengono. La psicoanalisi ha conosciuto fortune alterne nel corso di questi anni, ed oggi sembra un ritorno d’interesse per la neurofisiologia. Ogni cosa è provvisoria e relativa. Questo relativismo si riflette anche e soprattutto sul piano del sapere: non esiste più una cultura nel senso classico del termine. Nel suo libro Apocalittici ed integrati, Umberto Eco tenta, addirittura, di conferire una dignità avveniristica Ai fumetti ed alla cultura di massa, contrapponendola alla cultura classica: si vede la ripartizione di questa nei tre livelli: Low — Middle — High.

I Talk-show delle nostre reti fanno a gara nel cercare di abbinare assieme sui palchi televisivi letterati e massaie: come se la “verità” di queste ultime fosse equiparabile al sapere dei primi.

Il nichilismo epocale finisce non solo per obliare la metafisica, e la ricerca di una manifestazione trascendentale all’interno della dimensione esistentiva. Il nichilismo, di cui il postmoderno è l’espressione compiuta, finisce per obliare anche la stessa cultura “profana”, a condizione che non si tratti della cultura di massa.

L’obiettivo dichiarato della società dei consumi (del resto, già pensatori di sinistra come Adorno, Marcuse, Horkeimer, avevano riconosciuto ciò) è di livellare e massificare in maniera assoluta lo sviluppo intellettuale e spirituale dei suoi membri, che essa considera essenzialmente come suoi” consumatori. Il suo intento è di classificare gli individui secondo una tipologia e di creare i bisogni corrispettivi per ciascun campione di essa. La metodologia consiste nel creare prima il prodotto e poi, attraverso l’induzione dei media, crearne un bisogno fasullo nelle folle, che non devono più pensare, ma solo lasciarsi controllare attraverso la pubblicità.

Noi riteniamo utopico pensare di cambiare questo stato di cose a livello sociale. Altri nel passato hanno tentato di farlo con le cosiddette contro-culture degli anni sessanta, senza raggiungere alcun risultato apprezzabile, e finendo poi emarginati come outsider da questo sistema, che non uccide e imprigiona più – come nel passato più recente — i dissidenti, ma li isola completamente.

L’unica via di scampo consiste nella forza interiore di chi la vorrà (e potrà) averla, ed avendo preso conoscenza della situazione generale, dovrà continuare, per dirla con Nietzsche — ad attraversare il deserto che cresce del nichilismo.

facendo affidamento unicamente alle loro risorse intellettuali, nella testimonianza dello spirito e della libertà, preparandosi per l’ora in cui questa nostra era oscura finirà, lavorando per la propria e quindi per l’altrui Grande Opera. È questo il compito cui attendono gli iniziati alle soglie del nuovo millennio. •

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EVOLUZIONE DELLA MASSONERIA: LA MASSONERIA OPERATIVA

EVOLUZIONE DELLA MASSONERIA:

LA MASSONERIA OPERATIVA

di

Blasco Mucci

Massoneria operativa significa, in senso lato, un insieme di tecniche professionali e di ierofanìe della pietra, della geometria e del lavoro. Così intesa la Massoneria operativa abbraccia, in anticipo sull’universalità della Massoneria speculativa, un intero universo di esperienze di cui il tempo ha conservato splendide tracce ovunque. Così, anche recentemente, c’è stato chi ha creduto di trovare suggestive memorie ancestrali della Massoneria speculativa nella struttura megalitica di Stonehenge, verosimilmente un tempio druidico, o, più indietro, nella piramide di Cheope in Egitto.

Ci si avvicina maggiormente ai ricorsi storici della Massoneria operativa quando si fa riferimento alle Corporazioni muratorie d’età romana (Collegium fabrorum). I “Collegia” ebbero alterna fortuna durante le successive epoche repubblicana e imperiale ma, al di là della loro collocazione sociale o delle pratiche cultuali che si celebravano, ciò che può essere legato all’origine di una “vetero Massoneria” sono i gradi di sacralità che venivano attribuiti ai vari membri dell’attività muratoria e la simbologia rituale adottata, legata agli strumenti pertinenti la realizzazione dell’Opera.

La Massoneria cosiddetta “operativa” sorge all’interno delle Corporazioni dei muratori e degli scalpellini che iniziano, dopo l’anno mille, la costruzione delle cattedrali della Cristianità, realizzate prima in forme romaniche e, successivamente, in forme gotiche.

Adiacente al cantiere sorgeva la “loggia”, struttura aperta e schermata sui lati ove, all’interno, venivano tagliate e levigate le pietre da costruzione. Sono i componenti di queste “gilde” i primi “franc-maçon” o ” liberi muratori” della storia. Per secoli e secoli i costruttori di cattedrali si sono tramandati, di generazione in generazione, i segreti e le tecniche costruttive secondo una prassi operativa che affonda leggendariamente le sue radici, come già menzionato, nel mondo antico.

Da quel momento divenne necessario un linguaggio architettonico comune, che fosse riconoscibile dappertutto da ogni libero muratore e ci si ispirò, principalmente, agli elementi del Tempio di Salomone e, in via subordinata, alle tipologie egizie e a particolari ornamenti delle cattedrali medievali. La cattedrale era un cantiere perenne. Gli architetti erano insieme appaltatori, urbanisti e ingegneri e non mancavano personalità eroizzate e paragonate al mitico Deda lo. Un esempio per tutti: il maestro Anton Pilgrim.

Gli scalpellini e i muratori erano organizzati in “gilde”, basate su codici se greti e su almeno tre gradi di iniziazione: apprendista, compagno e maestro. I liberi muratori si riunivano nella “loggia” costituita, come già detto, da un laboratorio al coperto dove si poteva “levigare” e “scolpire” la pietra grezza e, talvolta, elaborare un dibattito sociale e morale oltre a quello professionale.

Vi si insegnava il significato spirituale della Congregazione leggendo brani dell’Ecclesiaste di Salomone — Ecclesiaste significa “Congregatore”  cercavano le analogie delle Corporazioni dei muratori con le Comunità religiose ebraiche prima della nascita di Cristo e con le prime Congregazioni cristiane nate nel primo secolo della nostra era, oltre all’interpretazione simbolica degli strumenti legati all’arte muratoria: il compasso, la squadra, la livella, il filo a piombo e lo scalpello. Questi ‘misteri” erano considerati determinanti per la perfetta realizzazione della costruzione e ogni libero muratore possedeva un proprio simbolo che lasciava scolpito su una pietra appositamente deputata.


Sono noti gli strumenti che. venivano adoperati nonché i segni che le Corporazioni e gli artefici lasciavano impressi. Meno note tutte quante le tecniche progettuali, gelosamente però tutelate dal segreto le tecniche costruttive. Eredi dei “francmaçon” sono, come ancora oggi in Francia, le tante corporazioni dei “compagnons’ .

La “loggia” era anche il luogo ove si celebravano i riti di iniziazione dei nuovi operai, ammessi solo se considerati uomini “liberi e di buoni costumi”. Insieme alle tecniche costruttive si imparavano le buone usanze, un modo di parlare appropriato, i simboli — che poi intagliati o scolpiti nella pietra avrebbero testimoniato l’origine della realizzazione — e infine certi graffiti o segni individuali che costituivano le vere firme personali di coloro che avevano prestato la loro fatica per il compimento dell’opera finita. Nella corporazione l’operaio era qualcosa di più di un semplice “manovale”. Attraverso il proprio lavoro imparava una forma nuova di vita. La costruzione di un tempio era una impresa materiale ma anche spirituale. Vi era la convinzione che la stessa pianta dell’edificio fosse tracciata dalla mano di Dio. Tutti i componenti della Congregazione si consideravano fratelli, non vi era distinzione fra artisti, artigiani, scultori e tra architetti e muratori. L’unica distinzione era al grado di iniziazione. La loro scienza si nutriva anche di viaggi. Come gli antichi pellegrini, il libero muratore camminava, seguendo gli antichi sentieri, da un cantiere all’altro cercando la via di unione con Dio nella perfezione del proprio mestiere. II simbolismo consentiva di riconoscersi tra di loro nonostante la diversità di idiomi. Dalla Francia all’Inghilterra, dalla Galizia al Gargano, dall’Irlanda alla Germania esiste ancora oggi una catena esoterica fatta di incisioni, bassorilievi, sculture che agli occhi profani sono semplici ornamenti, ma che invece manifestano una regola ove, seguendo una spirale come nel popolare “gioco dell’oca” , ogni cantiere era una prova in più da sostenere e da superare prima di arrivare al “centro” ove dimora l’Essere Supremo.

“Là dove costiuirete grandi edifici fate i segni di riconoscimento”. Era una delle regole dei Templari che erano diventati i custodi dei luoghi sacri e protettori dei “liberi muratori”, quella mano d’opera fluttuante che percorreva una Cristianità senza frontiere costruendo opere di carattere religioso, e in seguito anche di carattere laico, ispirandosi anche a una architettura orientale, come quella della “Cupola della Roccia” che gli arabi avevano  costruito nello stesso luogo dove era esistito il Tempio di Salomone. Quel tempio costruito da Hiram-Abif, il primo “libero muratore” della storia e dal quale, secondo la leggenda, discendono tutti gli altri.

Sorgono contemporaneamente codici e statuti corporativi. Nella seconda metà del dodicesimo secolo Ugo di S.Vittore divide l’architettura in due rami: la Massoneria o Cementaria a cui appartenevano i tagliatori di pietre (latomus) e i muratori (massoni o cementarios) e la Carpentaria a cui appartenevano il falegname e l’ebanista. (carpentarius e tignarus).

Nel “Poema Regius” redatto in Inghilterra nell’anno 1390 dalla “gilda”, ovvero maestranza, dei costruttori appaiono diversi articoli che disciplinavano sia la pratica professionale sia lo sviluppo della filosofia simbolica. Tra l’altro si raccomanda ai “maestri” di accogliere solo uomini di “nobile stato” e di insegnare loro la “buona geometria” così che possano guadagnarsi il cielo.

Nello statuto dei tagliatori di pietre tedeschi, emanato a Coblenza nel 1419, troviamo codificati certi obblighi con le norme per l’iniziazione dei nuovi membri e la loro suddivisione in Apprendisti, Compagni d’Arte e Maestri.

Ma già dal 1248, a Bologna, era stato redatto e trascritto in un rotolo di pergamena, lo “Statuta et ordinamenta societatis magistrorurn muri et lignaminis“. In data 8 agosto 1248 il Podestà di Bologna, Bonifazio De Caro, ne ordinò la conservazione nell’Archivio del Comune ove tuttora trovasi depositato.

Questo codice, per semplicità chiamato “la Carta di Bologna”, precede di ben centoquarantadue anni il “Poenza Regius”inglese del 1390, di duecentodiciannove anni lo “Statuto di Strasburgo ” e di centonovantadue il “Manoscritto di Cooke”.

Tanto per l’aspetto giuridico, quanto per quello simbologico, “la Carta di Bologna” ci appare importante perché in essa troviamo la conferma su quanto asserito nel libro delle Costituzioni di Anderson, ove si precisa che il medesimo fu redatto dopo aver esaminato copie di Codici e Statuti provenienti dall’Italia, dalla Svezia, dalla Germania e da diverse parti dell ‘Inghilterra.

Successive integrazioni de “la Carta di Bologna” modificarono l’ordinamento iniziale. Nel 1257 si determinò la separazione dei “Maestri del muro” dai “Maestri del legno”, sino allora riuniti in una unica Corporazione. Nel 1271 fu compilata una ” matricola ” — oggi si chiamerebbe piedilista —contenente ben trecentosettantuno nomi di maestri muratori. Anche questo documento è oggi conservato nell’Archivio Comunale di Bologna.

Tutte le Corporazioni medievali dei costruttori del dodicesimo e del tredicesimo secolo della nostra era, erano improntate a una sentita religiosità cristiana e a una scrupolosa osservanza dei precetti della Chiesa. Si ritiene che l’osservanza del culto cristiano sia stato rigorosamente osservato durante le ‘Tornate” associative e nelle cerimonie di “iniziazione”. Il rito, il rituale, il simbolismo e le allegorie furono, in gran parte, di matrice cristiana.

   

La religione cristiana aveva fatto propri, adattandoli ad essa, culti di altre religioni monoteistiche o pagane assimilando allegorie, miti, leggende e simboli sopravvissuti nella memoria dei popoli e nelle usanze locali. La trasfusione di questi simboli nelle statue, nelle pitture e nelle allegorie delle chiese cristiane, divennero così il bagaglio culturale dell’arte muratoria e oggetto di meditazione per i maestri muratori. Inoltre il disordine morale religioso e i fermenti culturali ed etici di alcuni Ordini monastici, che

divennero centri di misticismo e di rinnovamento, condussero ad una “identità” tra questi Ordini e le Corporazioni dei mestieri, sviluppando quel fenomeno associativo tardo medievale, favorito anche dalla generale espansione economica, demografica e urbanistica della città.

Molte eresie dell’epoca erano il prodotto di istanze riformatrici, ma il compito di condizionare queste innovazioni in senso evolutivo fu assunto da movimenti religiosi legati a ordini monastici che si rendevano partecipi ad attività artigianali e operative in un regime purtroppo, era  di servitù del lavoro. Gli Ordini Benedettini, Cluniacensi, Cistercensi ed in particolare il laico Ordine Templare, erano aperti per molti aspetti alle nuove speculazioni filosofiche che si ricollegavano alla cultura classica ma anche a quella araba e ebraica. È facile pertanto comprendere come una tacita intesa di mutuo rispetto e forse di collaborazione, si creasse tra gli Ordini monastici riformatori e le Corporazioni muratorie anche se il legame principale fu quello che intercorre tra il committente e il costruttore. Gli Ordini monastici volevano innalzare cattedrali, chiese e conventi, i liberi muratori li costruivano! Una notevole affinità emerse anche nella conduzione e nella vita delle Corporazioni e dei monasteri. Esemplare è il caso del monaco cistercense Gioacchino da Fiore, fondatore dell’Ordine Florense che, di ritorno dalla Terrasanta e rigettando lo spirito della Crociata armata, si ritirò in una località montana della Sila, il monte Fiore, creando una Comunità monastica dedita al lavoro oltre che alla preghiera. Gioacchino rivolse sì i suoi interessi ai problemi dello spirito, ma avvertì anche la concretezza della quotidianità dell’esistenza e mostrò di conoscere la dinamica della vita civile compilando un libro di “Figure” ove assegna a ciascuno il proprio posto di lavoro, compreso anche quello per coloro che si dedicano integralmente alla preghiera.

Negli scritti di Gioacchino non è solo presente il lavoro dei campi ma si sente anche l’eco delle varie attività artigianali e principalmente quelle legate all’edificazione di monasteri. In base alle tendenze e capacità umane dei componenti la  Comunità, venivano assegnati i diversi compiti e le diverse mansioni.

Nella Comunità era organizzata la divisione del lavoro, il tempo dedicato allo studio, alla preghiera e all’elaborazione di un “Quadro” simbolico che sintetizzava, con un linguaggio visivo immediato, i motivi fondamentali della dottrina gioachimita, e che veniva sostituito ogni volta che si modificava il tema posto all’esame della “Tornata”. Evidente analogia con il “Quadro di Loggia” che veniva tracciato sul pavimento del cantiere dagli antichi liberi muratori durante le “Tornate” rituali e che noi massoni moderni abbiamo mantenuto nel nostro Rituale. Molti di questi disegni sono conservati nella raccolta denominata “liber figurarum”.

Il “liber figurarum” è uno splendido albo di figure e di grafici, con ampie didascalie illustrative, che riassume in grandi quadri simbolici i principi fondamentali del “sistema” di Gioacchino.

L’azione di Gioacchino destò grande interesse anche nel mondo profano, già aperto anche a concetti esoterici ed iniziatici. Persino Dante Alighieri lo ricorda nel dodicesimo canto del Paradiso con questa terzina.

lucemi da lato

il calavrese abate Giovacchino

di spirito prefetico dotato. (Paradiso 12, 138—140)

A partire dal quattordicesimo secolo si impose in Inghilterra la parola “freestone-mason” interpretabile come “muratore che lavora la pietra libera”. Questa parola, esemplificata in seguito in “free-mason”, si diffuse in tutta Europa quando, nel diciassettesimo secolo, la utilizzò per denominare i propri adepti la Massoneria speculativa o filosofica che aveva sostituito quella operativa.

Abbiamo visto che il simbolismo operativo in Massoneria deriva da antiche sorgenti professionali, e allo stesso tempo spirituali, di gran lunga precedenti la svolta speculativa del diciottesimo secolo. Intendiamo con ciò affermare che la possibilità di leggere la strumentazione muratoria e l’operatività in termini di realizzazione spirituale, fu intravista da uomini di fede ancor prima che tale possibilità fosse esplorata e codificata dai “liberi muratori”. Allo stesso tempo il simbolismo operativo, trasportato all’interno della “loggia”, consente ai massoni moderni di giungere alla compressione del cammino iniziatico che si sono prefissi di percorrere. I simboli più noti dell’operatività massonica sono la squadra e il compasso. Essi discendono in linea diretta dalla Massoneria operativa medievale.

Una squadra è scolpita sulla tomba dell’architetto Hues liberger che fu sepolto a Reims nel 1263 e che lavorò alla costruzione di quella cattedrale gotica.

Sulla tomba dello “squire” William Warmington nell’Abbazia di Croyland, ove fu sepolto nel 1423, troviamo effigiate squadra e compasso.

Un compasso è raffigurato in un manoscritto anglosassone databile intorno all’anno mille e conservato al British Museum. Ad impugnarlo è il Creatore e il richiamo è evidente: Antico Testamento, Libro dei Proverbi, Capitolo 8,27 “… tracciava un cerchio sulla faccia dell’Abisso”.

La squadra è preminentemente legata al grado di Apprendista. Il compasso al grado di Maestro. Nella squadra si può identificare la morale, nel compasso la spiritualità. La squadra è uno strumento fisso, il compasso è uno strumento mobile. Quindi il lavoro dell’Apprendista è passivo, mentre quello del Maestro è attivo. Altri simboli che derivano dalla Massoneria operativa sono:

Il filo a piombo. Simbolo verticale che indica l’idea dell’ascesa stabile e lineare. Serve infatti ad irmalzare le colonne del Tempio e costituisce una linea verticale idealmente indefinita perché conducente alla massima perfezione.

 La Perpendicolare e livella. Danno rispettivamente la verticale e l’orizzontale. Troviamo ancora in essi l’Attivo e il Passivo. (Perpendicolare è lo stesso filo a piombo). La livella, che indica l’orizzontale, è munita anche della verticale. È formata da una squadra con l’angolo alla sommità di novanta gradi e i due bracci di uguale lunghezza. La perpendicolare abbassata dalla intersezione dei due bracci è anche l’asse del segmento. La livella simboleggia l’eguaglianza sociale, base del diritto civile. È anche il simbolo del potere eguagliante della Morte.

Maglietto e scalpello. Il maglietto rappresenta la forza della volontà. Lo scalpello la forza del discernimento. 1 due utensili servono allo sgrossamento della pietra grezza. Essi si riferiscono principalmente al grado di Apprendista e rappresentano, come la squadra e il compasso, l’Attivo e il Passivo. Il maglietto è anche l’insegna del Maestro Venerabile e del Primo e del Secondo Sorvegliante.

Regolo da 24 pollici. Strumento di misurazione del lavoro diventa, nel simbolismo massonico, la rappresentazione emblematica delle “24 ore del giorno” parte delle quali deve essere dedicata alla preghiera, parte al lavoro e al riposo e parte al servizio del prossimo in stato di bisogno.

La cazzuola. Questo strumento, che serve per impastare la calce e a

cementare le pietre della costruzione, è il simbolo dell’amore fraterno che deve unire tutti i massoni. L’amore che rappresenta l’unico cemento che i massoni possono adoperare per costruire il simbolico Tempio della Virtù.

La tavola da tracciare. Simbolo della possibilità creativa della Maestria, appartiene al grado di Maestro così come la matita e il sisaro.

Appartiene alla Massoneria operativa anche il simbolismo dei cinque Ordini architettonici: Toscano, Dorico, Ionico, Corinzio e Composito. Essi simboleggiano la crescita e l’affinamento della Muratoria che procede “mano nella mano”.

Anche i tre gradi della Massoneria speculativa derivano dalla Massoneria operativa. Nella Muratoria medievale l’Apprendista era ristretto in una figura “servile” e non rappresentava un elemento stabile nella struttura della Corporazione. L’accesso vero e proprio all’Arte Reale coincideva con il grado di Compagno d’Arte.

Nella Massoneria speculativa l’Apprendista, seppur privo di alcuni diritti e tenuto a rispettare il silenzio all’interno della “loggia” è considerato membro della stessa a tutti gli effetti.

Il grado di Compagno d’Arte è mediano nel percorso dell’Ordine. Sul piano storico esso deriva dalla Massoneria operativa medievale e i temi fondamentali del Compagno sono la perseveranza nella ricerca e ‘lo sviluppo creativo nel lavoro massonico.

La Maestria costituisce invece l’approdo, prima esteriore e poi interiore, della ricerca muratoria. “Maestro” deriva dal latino “Magister”, il più grande, il più forte, colui che conosce l’arte di dare forma alla vita, creando nuove strutture e tramutando alcune possibilità in altre. I “magister” delle Corporazioni medievali erano figure monocratiche preposte tanto alla progettazione quanto alla  supervisione del lavoro, nonché al controllo della mano d’opera subalterna.

Quando, nel diciottesimo secolo, in Inghilterra, la Massoneria operativa si trasformò in speculativa e cioè in una Comunione universale iniziatica, di carattere e simbolico che tende al perfezionamento e alla elevazione dell’Uomo e dell’Umanità, non fu creato il grado di Maestro. Solo nel decennio 1720-1730 prese corpo il grado in parola che, tuttavia, incamerò poche valenze operative specifiche, assumendo piuttosto i connotati di un “mistero” di morte-rinascita.

Ma il significato originale di “Magister” si ritrova oggi nella disciplina mas sonica. Sedendo nella “loggia” all’Oriente il Maestro Venerabile, analogica mente al sole, illumina i Fratelli con la propria scienza muratoria. Illuminare significa anche trarre dalla oscurità indistinta alla chiarezza formale.

A loro volta tutti i Maestri della “loggia” hanno il dovere di formare gli Apprendisti loro affidati e di portarli al grado di Compagno d’Arte che configura la piena acquisizione della disciplina massonica. Il Maestro è dunque colui che amministra la rinascita simbolica dell’Apprendista e del Compagno d’Arte.

 simbolismo speculativo è integralmente derivato dal simbolismo operativo senza nessuna eccezione di livello inserendovi anche un insegnamento morale: gli strumenti sacri del lavoro che servono per creare e animare la materia possono diventare strumenti di morte se in possesso di mani malvagie. Per questa ragione le mani di un “libero muratore” devono sempre essere “candide”.

Ma anche altre simbologie derivate dalla Massoneria operativa arricchiscono il patrimonio della Libera Muratoria. Grande importanza rivestono rispettivamente:

Il simbolismo geometrico. Il punto, il cerchio, il triangolo, la spirale-labirinto, il pentalfa, l’esagramma, la sfera, la piramide, ecc.

Il simbolismo numerico. L’uno, il tre, il quattro, il cinque, il sette, il dieci, il dodici, il trentatré, la tetractys pitagorica, ecc.

Inoltre altri simbolismi quali, per esempio, il cromatico, il minerale, l’astronomico, il vegetale, l’animale, l’alfabetico e il crittografico, il biblico e il cultuale. Qualunque indagine sul simbolismo e l’antropologia massonica ha accostato l’universo di simboli della Libera Muratoria all’opera delle maestranze delle Corporazioni edili medievali. Basti pensare all’Essere Supremo che per i massoni è il Grande Architetto dell’Universo, oppure alle tre Grandi Luci massoniche che sono: il Libro della Legge Sacra (per esempio la Bibbia per i cristiani e il Corano per i musulmani), la Squadra e il Compasso. In ultimo rammentiamo che i raggruppamenti dei massoni moderni si chiamano “logge” come quelle dove si riunivano i “liberi muratori” medievali. I massoni, che possono definirsi giustamente “architetti costruttori di uomini” si avvalgono, per questo arduo compito, di attrezzi simbolici che sono stati nel passato gli strumenti operativi dei mitici costruttori delle Cattedrali.

La Libera Muratoria speculativa moderna deve oggi rispondere a questa domanda: esiste un senso per aderire ad una Comunione iniziatica? Cosa è rimasto nel mondo di oggi del messaggio esoterico trasmesso dalle grandi Associazioni iniziatiche del passato? E mai possibile oggi conciliare il bagaglio culturale e esoterico tradizionale delle “gilde” medievali con le istame di una società fondata sulla tecnologia?

Si può senz’altro rispondere in modo affermativo. La Massoneria deve essere un punto sicuro di riferimento e un modello per una società nella quale alle periodiche crisi di valori tradizionali non si sono saputi offrire valori alternativi. L’ansia di modernità e di innovazione, il desiderio di edonismo, l’indifferenza verso il dolore altrui e la fuga dalle proprie responsabilità verso il prossimo e verso sé stessi portano gli uomini a mitizzare il superfluo e a trascurare l’essenziale. Essi si pongono traguardi sempre più ambiziosi e chiedono alla natura di aprire il proprio libro per carpirne i segreti da trasformare in ritmi di vita sempre più accelerata e in affermazioni di supremazia e di potere.

La Massoneria deve riproporre con tutta la forza della sua tradizione l’unico strumento di pace che è la Fratellanza tra gli uomini. All’egoismo deve essere contrapposta la Solidarietà, come dimostrò l’operato del Fratello Schweitzer, alla ricerca sfrenata del benessere deve essere contrapposto l’insegnamento che viene dato al neofita massone con l’iniziatico abbandono dei “metalli” al momento del suo ingresso nella Comunione. La Massoneria può contribuire alla espressione di una alternativa opponendo, alle fantasie e ai giochi di potere che tanto allietano la vita delle classi politiche dirigenti, il silenzio dell’Apprendista che sgrossa la “pietra grezza” e la leggenda di Hiram.

Al materialismo e alla sfrenata corsa alla ricchezza la Libera Muratoria deve confrontarsi con l’umile e soave poesia del “Tronco della Vedova

La vedova che rappresenta la stessa Massoneria ma che si riferisce anche alla parabola del Vangelo, Luca 21,2:

. Quindi vide una vedova bisognosa gettarvi due monetine di minimc valore, e disse: veramente vi dico che questa vedova, benché povera, ha gettato più di tutti. Poiché questi hanno gettato doni del loro avanzo, ma questa donna nella sua indigenza ha gettato tutti i suoi mezzi di sostentamento”.

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“OSSERVATE LE OCHE”

“OSSERVATE LE OCHE”

Il prossimo autunno, quando vedrai le oche dirigersi verso il Sud per passare l’inverno, osserva che volano formando una “V”. Forse ti interesserà sapere quello che la scienza ha scoperto e del perché volano in questa forma?

Si è verificato che, quando un pennuto batte le ali, produce nell’aria un movimento aiutando l’uccello che vola dietro. Volando in formazione di “V”, lo stormo completo aumenta il suo potere del 71% in più, che se volasse da solo.

Le persone che condividono un indirizzo comune e hanno senso della comunità, possono arrivare dove desiderano più facilmente e più rapidamente, perchè si aiutano mutuamente.

Ogni volta che un’oca esce dalla formazione, sente immediatamente la resistenza dell’aria. Si rende conto della difficoltà di farlo da sola, e così velocemente ritorna nella formazione, per beneficiare se stessa del potere del compagno che vola avanti.

Se noi uomini avessimo l’intelligenza di un’oca, seguiremmo coloro che vanno nella nostra stessa direzione.

Quando il leader delle oche si stanca, e passa ad occupare uno degli ultimi posti, un’altra oca prende il suo posto alla testa della formazione.

Anche noi riusciamo ad ottenere migliori risultati allorquando, impegnati in lavori difficili, rispettiamo le turnazioni.

Le oche che volano dietro starnazzano. Così facendo, incitano con i suoni emessi quelle che volano davanti a mantenere la stessa velocità.

Una parola di sostegno produce grandi benefici.

Quando un’oca si ammala, o cade ferita da un cacciatore, altre due oche escono immediatamente dalla formazione per proteggerla, facendole compagnia fino al recupero delle forze, oppure fino alla morte. E, solo allora, i due volatili rientrano nel gruppo o si uniscono ad un altro. Se noi avessimo l’intelligenza di un’oca, ci sosterremmo l’uno con l’altro, facendoci compagnia supportandoci fraternamente.

Leggendo questo scritto di autore anonimo, avverto la necessità’ di parafrasare le parole del Maestro: “Osservate le oche. Non vanno all’Università, né tantomeno pretendono di essere cristiane. Neanche Salomone, nonostante la sua immensa sapienza, si è comportato come una di loro!”

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SI PUO’ UCCIDERE IL MARE?..L’UOMO CI PROVA

SI PUO’ UCCIDERE IL MARE?

ln pericolo la “catena di

trasferimento di energie vitali”,

  base della sopravvivenza.

Oltre trent’anni fa, alcuni scienziati

già preconizzavano

la “morte del mare”.

L’uomo sta mettendo in seria crisi

tutto l’ecosistema marino

Le balene suicide

Queste frasi verranno distribuite come note evidenziatrici

Nel 1979 un biologo tedesco di chiara fama, il dottor Gottèif Hempel, si esprimeva nei confronti della situazione biologica dei mari, con queste parole: “Dieci anni or sono avrei risposto ne gativamente alla domanda, se l’uomo potesse inquinare irrimediabilmente il mare. Oggi direi che è possibile.”

Da anni moltissimi ecologi sostengono il pericolo incombente di una lenta morte del mare, a causa dell’inquinamento provocato dall’azione umana.

La “morte” del mare sarebbe l’inizio di un irreversibile processo, che a sua volta condurrebbe alla “morte” del nostro pianeta.

L’uomo, per millenni, ha considerato il mare con una certa ir responsabile fiducia. Per lui il mare è stato sempre un’immensa e meravigliosa distesa di acqua, dalle misteriose e suggestive profondità che, nei suoi abissi, ospita una inesauribile riserva di cibo; una utile e preziosa via di comunicazione; una fonte di ispirazioni poetiche e di leg gende. Ma l’uomo non ha mai sospettato – o, forse, nel suo torbido egoismo, non ha mai voluto sospettare – per l’ottusa ceci tà di non voler guardare oltre il prossimo futuro, che questo vitale, essenziale elemento del nostro globo, potesse un giorno ri-

di

schiare di perdere le sue  
caratteristiche per dive-  
nire un amorfo, tragico  
cadavere        liquido.  
L’umanità lo ha sempre  
considerato una enorme  
pattumiera senza fondo,  
nella quale si poteva sca-  
ricare impunemente tutto l’ecosistema marino.

Sergio Conti

qualunque scoria, rifiuti e lordure, fidando nelle sue facoltà di assorbimento e di rigenerazione, da sempre ritenute inesauribili. In verità, l’uomo non ha mai preso in seria considerazione il fatto che questa preziosa ed enorme riserva di risorse per la soprawivenza umana, è strettamente legata ad una catena di trasferimento di energia vitale, che giunge fino all’uomo partendo dai protozoi: turbandone l’equilibrio ecologico, si possono fatalmente provocare fratture irrimediabili, creando soluzioni di continuità che potrebbero portare fatalmente alla sua distruzione.

Tutti gli ambienti in cui si sviluppa l’attività biologica, sono organizzati in un sistema di scambi di energia e di materia, tantoché anche tra gli organismi che vivono in uno stesso ambiente naturale intercorrono rapporti che si determinano essenzialmente in funzione delle caratteristiche dell’elemento fisico (acqua, aria, suolo), del complesso dei problemi che esso presenta, e dalle sostanze chimiche da cui è costituito.

neaAgorà aprile – giugno 2000                                                                                                               31

Questi complessi rapporti che permettono la vita sono detti ecosistemi. Ognuno di essi è organizzato internamente da un proprio ritmo di vita ed è altresì strettamente legato all’equilibrio generale degli altri ambienti. E’ pertanto fondamentale che k) sfruttamento delle ricchezze naturali sia condotto senza causare sfasamenti o rotture dell’equilibrio ecologico.

Se vent’anni or sono, uno scienziato si faceva portavoce dei risultati della ricerca scientifica ecologica, gettando questo grido di allarme, oggi le cose non sono cambiate. Anzi, nonostante qualche modesto tentativo, la violenza e la quantità degli intewenti distruttivi sulle risorse naturali si sono moltiplicate e forse siamo sull’orlo di un abisso, che si sta spalancando sotto i nostri piedi, pronto a distruggerci e a distruggere l’habitat terrestre.

II mare sta morendo

L’ecosistema marino è ovviamente formato dall’insieme degli organismi viventi e dai fattori fisici e chimici, che costituiscono il suo ambiente. Nel caso specifico esse sono: la luce, l’acqua, la temperatura, la salinità, le sostanze minerali e tutta la gamma delle espressioni biologiche.

Se è pur vero che esiste una forma di autodifesa delle acque marine, le quali tendono a mantenere inalterate la loro composizione producendo una catena di reazioni chimiche, non bisogna, tuttavia, adagiarsi sull’idea che tale autodepurazione sia illimitata. Il tipo di inquinamento cui sono attualmente soggette ha le caratteristiche più adatte a interrompere la catena di trasferimento energetico, tendendo così a diminuire gradualmente le facoltà di rigenerazione. Infatti, ogni ambiente dove si svolge l’attività biologica attinge la propria sopravvivenza dall ‘organizzazione del sistema di scambi di energia e di materia, e di conseguenza anche gli organismi che vivono in tale ambiente, ne fanno parte attiva interagendo nel rapporto dell’ecosistema. Se nel passato gli scarichi che il mare assorbiva nel suo seno, oltre che essere in quantità assai minore, erano per lo più formati da materiali di sostanze organiche e, pertanto, facilmente e naturalmente reintegrabili e fagocitabili, tanto da potersi reinserire nella struttura ecologica marina, oggi (e da vari anni) gli scarichi, che in maniera macroscopica finiscono giornalmente nelle acque, sono formati in gran parte da• prodotti altamente inquinanti e velenosi e, per lo più, non biodegradabili.

Nel mare finiscono sempre maggiori scorie di materiali tossici e inorganici, non solubili. 1 fiumi vi riversano le loro acque (inquinate a tal punto da essere vietato fanâ il bagno) sature di tutte le scorie industriali, spesse volte radioattive che, unitamen- te agli scarti e residui dei materiali plastici, vanno a sedimentare i fondali, con possibilità assai minime di essere assorbite e sostanzialmente distrutte.

Uno dei maggiori fattori, che costituiscono costantemente un mortale pericolo per il mare, è il petrolio. Ve ne è una continua massiccia immissione. Le oltre duemila petroliere che vi fanno “toilette” liberandosi di tutti i residui dei loro serbatoi; le piattaforme per la trivellazione in mare aperto (oltre tremila); l’affondamento delle petroliere stesse, riversano migliaia e migliaia di tonnellate di petrolio nelleacque. Molti anni fà fu calcolato che finivano in mare circa dieci milioni di tonnellate all’anno. Negli ultimi anni, la quantità è notevolmente e pericolosamente aumentata. Questa immissione nelle acque crea un velo oleoso e persistente sulla superficie del mare, che in maniera sempre più dilagante ostacola la evaporazione, producendo un’azione coibente nell’ambiente acqueo con il conseguente perdurare della stasi delle sostanze venefiche. Col ritardo del riassorbimento, si creano irregolarità di distribuzione delle piogge nei continenti, con gravi ripercussioni sulla vita e sugli ecosistemi dei continenti stessi. Anche l’equilibrio interno dei mari viene minato, e le interruzioni nella catena energetica di trasferimento ostacolano fatalmente la riproduzione del fitoplancton l .

In effetti, l’uomo sembra non vedere lo sfacelo che va provocando e sembra non udire le voci d’allarme che, se pur fioche e sparute, si levano da molte parti. Il medico teologo alsaziano Albert Schweitzer scrisse: “Forse l’uomo ha perso (se mai l’ha posseduta) l’attitudine a prevedere e così sta per distruggere la Terra.’

L’inquinamento, prodotto dall’uomo, non è forzato solo dalle cause testè accennate, e la cui portata è evidente anche per chi non vuol vedere, ma nella diuturna normale attività di ciascun individuo vi è un costante contributo alla demolizione degli ecosistemi.

l) Filoplancton: (dal greco phytòn pianta e plancton vagante, errabondo, perciò: vegetali vaganti). Complesso dei microrganismi vegetali( diatomee ecc.), che vivono sospesi nella massa delle acque marine o dolci, in balia delle correnti. Esso forma unitamente allo zooplancton (dal greco zòion = animale e plankton, perciò: animali vaganti), complesso dei microrganismi animali (protozoi ecc.), che vivono nelle acque marine e dolci, come il fisoplancton, e che, unito a questa forma il complesso di quella massa organica, che rappresenta l’alimento fondamentale di moltissimi pesci e di alcuni grandi mammiferi marini come, per esempio, le balene.                                                                                                                                                             

Cominciando dall’inquinamento adducibile a

sostanze organiche, come i rifiuti urbani, scaricate nelle acque che, seppur potenzialmente reinseribili in quanto atte a subire il processo di degradazione, in grandi concentrazioni sottraggono l’ossigeno necessario alle vitali funzioni degli abitanti marini. A questo tipo di inquinamento sono spesso soggette le zone costiere, i golfi e i mari chiusi. L’inquinamento chimico, poi, che è in massima parte causato dai rifiuti industriali, proviene anche dai centri urbani e dalle terre coltivate, sotto forma di residui di detersivi, insetticidi, diserbanti ecc. A tutto ciò si aggiunge l’azione deleteria dell’inquinamento radioattivo e termico, che interessa i corsi d’acqua in cui vengono scaricate le acque di raffreddamento delle centrali  nucleari e termoelettriche.

Gli effetti più immediati del degrado dei mari, e di evidente realtà per tutti, sono le decimazioni subite dai pesci e dagli uccelli marini, che di questi si nutrono. Da anni vengono notate forti alterazioni biologiche e di comportamento in alcune specie della fauna marina, e notevoli quantità di pesci presentano evidenti formazioni cancerose. Oltre a questo è  impressionante la rapidità con la quale la balena azzurra (balenottera), la più grande tra le specie di questo cetaceo, va incontro all’estinzione, nonostante sia un animale protetto.

Il comportamento delle balene desta veramente  impressione. Molti anni or sono fu scoperta una spiaggia, dove molti di questi animali andavano a ‘suicidarsi”. La balena, come è noto, è un animale notoriamente solitario. Questo strano e insolito aggrupparsi, unitamente al lasciarsi morire su spiagge deserte, ove giungono come strani naufraghi a esalare l’ultimo respiro, denotano un cambiamento sostanziale di quelle che sono le caratteristi che comportamentali di una determinata specie  e ciò non può che essere  riconducibile alle profonde alterazioni subite dal loro “habitat’ naturale. Le balene si nutrono di plancton. Di conseguenza, lo squilibrio e l’alterazione di tale sostanza vitale, provocati

dall’inquinamento, possono averne stravolto la natura, trasformandolo in un nutrimento insufficiente e contaminato, tanto da influire sul sistema neurovegetativo dell’animale, con le conseguenti instabilità e mutabilità di comportamento.

Questa situazione, che va sempre più aggravandosi, sconvolge lentamente tutto il sistema ecologico, con la grave conseguenza che un mare inquinato perde progressivamente la sua funzione di produttore di ossigeno e di riserva di alimenti, fino a trasformarsi in un “mare morto”, con il conseguente ed inevitabile inizio dell’agonia di tutto il pianeta.

Possono sembrare dichiarazioni eccessivamente esagerate e riguardanti giorni lontani a venire. Ma non c’è molto da illudersi.

Lo scienziato francese Jacques Yves Cousteau, un trentina d’anni or sono, affermò che nel 1985 i mari sarebbero arrivati allo “stato di morte”. Ciò non si è verificato, ma non c’è da rassenerarsi troppo.

Il cammino verso la distruzione, seppur più lento di quello che aveva previsto Cousteau, è un cammino inesorabile ed impietoso, che avanza fra l’indifferenza della gente e, soprattutto, fra inadeguate strutture di difesa e la scarsa preoccupazione dei Governi e dei Centri di potere, che si perdono, come sempre avviene, in pompose dichiarazioni polemiche e incostruttive.

E’ da chiedersi veramente, se si volge uno sguardo al panorama desolante dello sconvolgimento ecologico, i cui aspetti tangibili giungono fino alle nostre case e ai nostri giardini, se l’umanità si sia veramente resa conto del tragico orrore verso il quale il nostro pianeta sta scivoIando, come condanun lento irreversibile e inesorabile destino. L’uomo sembra non darsi pensiero di tutto ciò . . .

Dunque si può uccidere il mare ?

E’ evidente che l’uomo con   il suo comportamento ci  stia riuscendo

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LE INIZIATIVE DELLA LOGGIA LEONESSA-ARNALDO N.951

LE INIZIATIVE DELLA LOGGIA LEONESSA-ARNALDO N.951:

                        Tra passato e presente alla ricerca dell’uomo

Nel mese di giugno 2000 la Loggia Leonessa-Arnaldo n.951 ha organizzato due giornate di studio presso il Parco Archeologico di Naquane in Valcamonica sul tema I Camuni e i loro riti.

Il consenso alla manifestazione è stato notevole ed anche la stampa locale si è voluta occupare dell’avvenimento.

Numerosi ed interessanti sono stati gli argomenti trattati durante i lavori congressuali, dei quali presentiamo qui una sintesi.

“Istintivo è nell’uomo il desiderio di fissare i suoi pensieri, i suoi sentimenti, l’immagine degli oggetti che più hanno colpito la sua fantasia in una forma che risulti concreta, che possa essere vista e che possa essere compresa dai suoi simili”.

“Le incisioni rupestri della Valcamonica ” – Emanuele Suss – 1958″

Nell’anno 738 dell’era romana, 16 prima dell’era volgare, il console Pubblio Silio conquistando Vannia, l’odierna Cividate Camuno, trasmetteva inconsapevolmente alla storia il ricordo degli antichi abitanti di questa vallata.

Roma, infatti, denominati gli stessi come “Kemuni” ossia adoratori della divinità celtica del dio dei boschi (roccia 70 di Naquane), li annetteva all’impero e concedeva agli stessi la cittadinanza.

Molti furono i culti che vennero introdotti dai “conquistatori” romani: nella Civitas camunnorum fu innalzato il tempio a Giunone, in Esine si adorò Ercole, a Breno si adorò il Dio Sole, a Bienno si adorò la Dea Luna, come si tramanda in un medaglione argenteo ritrovato in loco, rappresentata seduta sopra un cocchio volante tirato dai cervi (l’animale sacro dei camuni).

Ancora oggi rimane vivo nella dizione toponomastica locale il ricordo di questi eventi, basti pensare che il manufatto della vecchia strada statale che supera, a meridione di Breno, il corso del fiume Oglio è denominato come “ponte della Minerva” stante la presenza di un sacello dedicato a questa divinità ora inglobato nella struttura della vecchia chiesa della “Madonna”. Dove non arrivò l’attività edificatoria cristiana a distruggere o a trasformare preesistenti luoghi di culto fu la tradizione popolare a conservarne la sacralità identificando molte alture o “Koren” (termine celtico che indica un luogo roccioso sopraelevato) come “dei Pagà”, ossia rocce dei pagani.

Questi luoghi furono per molto tempo circondati da un aurea diabolica tenacemente messa in opera dal clero cattolico che inibì al popolo di conoscere queste rocce istoriate con misteriose rappresentazioni animali, simboliche ed antropomorfe.

L’inquisizione fece ardere in valle molti roghi per punire coloro che celebravano strane credenze o solo si avventuravano per i “Koren dei pagà”.

Così infatti ci ricorda Padre Gregorio di Vallecamonica nel suo libro “Curiosj trattenimenti continenti ragguagli sacri e profani de’ popoli Camuni” edito in Venezia nel 1698: “Furono nell’anno di grazia 1518 abbruciate molte infelici donne che fatto han morir homini infiniti con polvere avuta dal demonio e sparsa in aria a provocar procelle”.

Nei luoghi impossibili da bandire al popolo della valle e dove si scorgevano incisioni antiche sulle rocce furono aggiunte, in epoca medioevale, croci, immagini del Cristo o di santi per velarne il primordiale contenuto e sviare il pensiero degli osservatori verso la nuova religione.

Così queste manifestazioni incisorie dei nostri progenitori rimasero mute testimonianze di un mondo scomparso fino agli inizi del 1900 quando il Prof. Marro, egittologo torinese, Senatore del Regno, iniziò ad occuparsene in occasione delle sue vacanze estive in Valle. Ma questa oramai è storia dei nostri giorni e, per utilità, vorremmo lasciarla alla voce dei profani che ci condurranno, svolgendo un ampia analisi stilistica e cronologica dell’arte rupestre, nella visita di domani alle incisioni di Naquane.

E’ tempo dunque di lavorare massonicamente su alcune tematiche care alla nostra Comunione.

Lasciamo il compito di introdurci nella tematica alle parole della Prof. Cristina Citroni del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Universita degli Studi di Bologna:

“In questa analisi – afferma la stessa in un suo scritto – si vogliono leggere alcune incisioni rupestri della Val Camonica alla luce del loro significato simbolico, cioè si tenta di vedere nelle immagini rappresentate concetti e pensieri, più che semplici disegni – «fotografie» della realtà quotidiana”. Si ipotizza cioè che le figure rappresentate: cervi, oggetti, armi, ecc., alludano anche a qualcosa d’altro, a un significato metaforico, forse ad un sapere segreto – ma non irraggiungibile (a che scopo, infatti, fare tanta fatica per incidere sulla roccia?) – celato nel simbolo evocato dall’immagine. In quest’ottica si ritiene che parte delle incisioni camune rappresentino simboli di iniziazione sciamanica verso la conoscenza e l’autorealizzazione.

Le incisioni neolitiche, ossia le più antiche che si possano incontrare a Capo di Ponte, parlando decisamente un linguaggio archetipale, inteso nell’accezione di universale, ci forniscono una visione “trascendentale” del mondo e dell’uomo molto diffusa nelle culture preistoriche.

Sulla roccia 50 del parco nazionale di Naquane si trovano rappresentati vari simboli perfettamente orientati, ossia posti verso est:

– il disco solare rappresentato sulla sommità della roccia;

– una serie di oranti, ossia di figure antropomorfe rappresentate con le braccia alzate nell’atto dell’invocazione e le gambe divaricate nell’atto della danza propiziatoria;

– una serie di oranti con struttura corporea incompleta, cioè mancati di testa e di organo sessuale;

– una serie di coppelle, ossia di cavita semisferiche ricavate nella roccia, poste accanto al simbolo solare per raccogliere “simbolicaniente” offerte alla divinità.

Sulla stessa roccia, qualche migliaio di anni più tardi, verrà rappresentata una scena di culto solare totalmente diversa per la tecnica incisoria utilizzata e per la tipologia delle figure: due guerrieri armati ritualmente che circondano un sacerdote che sorregge un disco solare.

Unitamente ad una figura di labirinto “a tria”, ossia a quadrati concentrici, simile a quello in uso come gioco presso l’esercito romano e rappresentato inciso sui piani stradali nelle vicinanze dei concentramenti legionari.

Abbiamo volutamente richiamato alla vostra attenzione questo esempio anticipandovi, immaginariamente, la visione della roccia 50 per trovare noi stessi un ideale “quadro di loggia” sul quale leggere i simboli e sul quale lavorare.                                 

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Torniamo dunque al nostro “quadro di loggia” ossia alla roccia 50.

Su di essa individuiamo innanzitutto il simbolo solare, rappresentato con una circonferenza con due diagonali, posto verso oriente, ai piedi del quale e verso il quale si rivolgono tutti gli oranti.

E’ la rappresentazione plastica del culto più diffuso nell’antichità, e del quale anche nella nostra ritualità si trova traccia, con l’abbinamento della figura dell’orante vivente e dell’orante incompleto, simboleggiante o la parte spirituale dello stesso uomo in preghiera oppure una presenza di un’entità spirituale estranea allo stesso.

Da notare che il simbolo solare rappresentato in questa forma su questa roccia è il frutto di un’evoluzione già successiva al primordiale simbolo costituito da un semplice disco con una coppella, semisfera scavata al centro del disco stesso e quasi originata dall’azione della punta stessa del compasso, strumento utilizzato correntemente dai sacerdoti-incisori (paragonabili ai nostri maestri d’arte) per tracciare la presenza della divinità.

Successivamente il simbolo solare si evolverà in forma di svastica fino ad assumere la forma di una particolare svastica, contenente sempre più coppelle o semisfere adatte a contenere oggetti sacrificali, denominata anche “rosa camuna”, simbolo utilizzato per stemma dalla regione Lombardia.

Il simbolo solare spesso viene sostituito, come nel caso delle rappresentazioni divine sui capitelli o sui menhir, ossia sulle tavole di pietra levigata delle rocce a superficie verticale, con le corna del cervo ovvero dell’animale sacro dei boschi per i celti.

Non a caso sulla roccia 70, a pochi passi dalla roccia 50, venne eseguita l’incisione del dio Kernunos rappresentato con corpo da orante e sulla testa le corna di cervo e con un serpente avvinghiato al braccio e con ai piedi un piccolo orante in adorazione: lo stesso schematismo cultuale utilizzato qualche millennio prima nel neolitico.

Sulla sommità delle costruzioni lignee utilizzate per luoghi di culto o per abitazioni verranno poste le corna del cervo o il disco solare, uso seguito fino a pochi decenni fa anche dai contadini o dagli allevatori locali che erano soliti porre sulla facciata o sulla porta principale della loro “baita” corna di bovide o di capride.

Nella località “Koren del Valento” roccia o “Brik”, termine celtico che indica una località rocciosa particolarmente scoscesa, il culto solare rappresentato da un disco con raggi esterni e con coppella interna, viene affiancato ad una scena di aratura per simboleggiare l’intima interconnessione tra la fecondità naturale del sole che illumina e che riscalda e la dea madre terra che viene fecondata dall’azione dell’aratura umana perché possa donare nuovi frutti.

In alcuni casi all’azione di aratura viene abbinata la rappresentazione del rapporto sessuale tra gli zappatori che seguono l’aratro, trainato da bovidi, quasi a simboleggiare o a comparare la fecondità della dea madre terra con la fecondità femminile.

Non a caso può essere citato il rito invaso tra alcune tribù autoctone di aborigeni australiani che, agli antipodi, celebravano i riti propiziatori dell’agricoltura simulando un rapporto sessuale con il terreno da coltivare.

Né a caso può essere tentato l’abbinamento tra le scene di iniziazione femminile rappresentate su varie rocce del parco nelle quali si vedono gruppi di oranti femminili, caratterizzati da una coppella posta fra la divaricazione delle gambe – simbolo forse della fecondità alla pari dei pendagli circolari concentrici dei menhir camuni che, simili nella forma al disco solare, rappresentavano la fecondità maschile – danzanti attorno ad un orante femminile steso per terra.

In valle a Sonico esiste ancora la roccia della fertilità, interamente coperta da coppelle, ove fino a qualche decennio fa le giovani spose o le sterili erano aduse , segretamente, recarsi per propiziarsi una prole.

La presenza o la frequentazione del popolo alle rocce sacre era testimoniata in due forme: l’incisione sulle stesse delle orme dei piedi (anche il passo è fondamentale per i camuni dato che per salire sui “Brik” ove vi sono le “Marmitte dei Giganti” – ovvero delle enormi coppelle – vi erano gradini scavati nella roccia o pietre nel numero rituale del tre – numero che nel suo multiplo di sei o di nove rappresenta i terreni coltivati e fecondi nell’unica grande mappa topografica della preistoria che si trova sul contrafforte opposto al parco nella località di “Bedolina”) o l’incisione delle orme delle mani sugli altari megalitici (come avvenne presso la chiesa delle Sante ai piedi del Parco che ingloba un altare preistorico ove le mani incise sono state volgarmente contrabbandate per le mani di tre santi che, secondo una leggenda cristiana, avrebbero dovuto fermare un masso che rotolando a valle stava per travolgere l’abside della chiesa.

La civiltà dei camuni con la sua arte incisoria, non unica né univoca nell’arco alpino (vedasi le incisioni delle alpi marittime del monte Bego, le incisioni della Val Pellice, le incisioni della Valtellina, le incisioni di Lagundo nel Tirolo del Sud …) sono un valido tratto d’unione (quasi come le scene di oranti uniti in danza – molto simili alle nostre catene d’unione) tra realtà culturali e cultuali delle popolazioni celtiche centro-europee e quelle mediterranee ove è pur presente l’arte rupestre (vedasi le incisioni del deserto sinaitico ai piedi dell’Har Karkom oppure quelle dell’altopiano dei Tassili nel Sahara settentrionale, o nella penisola iberica o per arrivare addirittura sulla costa atlantica con le incisioni della valle del Tago nei pressi di Lisbona).

Esse rappresentano realmente verità concettuali non semplici e non immediatamente comprensibili, essendo le stesse velate dalla simbologia o dall’allegoria, che riportano l’uomo alle origini ancestrali uniche e prive di divisioni culturali, religiose o razziali.

Esse parlano allo spirito dell’uomo perché si liberi da tutti quelle incrostazioni culturali che lo dividono dalla natura, grande madre e massima opera del Grande Architetto dell’Universo.

Esse indicano ai Massoni la strada della ricerca continua delle verità umane velate o rappresentate dai simboli.

Cavaliere che si esibisce in una prova di abili

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GRANDE ORIENTE d’ITALIA

PALAZZO GIUSTINIANI

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