??? TRE PUNTI INTERROGATIVI

Ama te stesso come il prossimo tuo. Ama il prossimo tuo come te stesso.

In fondo il concetto può essere equipollente: l’unica differenza, non del tutto secondaria, è legata alla priorità data al soggetto primo: il prossimo o me stesso.

Ma poi cosa significa amore? Il fatto stesso di pormi il quesito, potrebbe significare che non ho idee chiare e concrete sul significato dello stesso.

Cosa vuol dire amore?

Sacrificare se stesso per gli altri? Se cosi fosse non ci potrebbe essere identità tra noi stessi ed il prossimo, a meno che io riesca ad uscire dal conformismo e quindi legga la parola sacrificare con una differente chiave di lettura: sacrum facere. Rendere sacri noi stessi affinché il prossimo possa essere reso sacro. Si tratta in definitiva di un sacrificio reciproco.

Amare il prossimo.

Fare del bene al prossimo. Ma cosa significa concretamente fare del bene? Fare del bene può significare trasferire il mio concetto di bene, soggettivo (e quindi, perché no? , egocentrico) sugli altri. Ma quello che è bene, secondo il mio punto di vista, lo è necessariamente anche per gli altri?

Se così fosse, tutto dovrebbe essere a mia immagine e somiglianza, il che può evidentemente essere in contrasto con la valutazione del bene secondo l’ottica degli altri, perdendo quindi di vista quello che dovrebbe essere il bene universale, assoluto. Se è assoluto, non è ne mio ne degli altri, è ANCHE mio, è ANCHE degli altri.

Amare potrebbe anche essere il fare ciò che può far piacere (?) al prossimo, anche se questo può essere in contrasto con quello che potrebbe far piacere (?) a me.

Amare potrebbe essere l’azione passiva: essere disponibile per le necessità, i bisogni, del mio prossimo. Potrebbe significare: far capire agli altri la mia disponibilità ad essere disponibile.

E, a mio giudizio, anche, e forse soprattutto, un giusto equilibrio tra parità e tra identità. Il me stesso che è contemporaneamente il prossimo e viceversa. Questa parità di identità crea la necessità di parità di trattamento.

L’imperativo è categorico, ama. Quindi non puoi odiare te stesso: non puoi odiare il prossimo. La parità si trattamento è a via unica: ama il prossimo tuo. Non dice odia il prossimo tuo. Se io odio me stesso, odio il mondo.

49

Ma l’odio e l’amore sono le due facce della stessa moneta, e quindi anche l’odio potrebbe essere, in fondo, una forma d’amore.

L’importante potrebbe essere solo la presenza di una pulsione e in questo caso il negativo potrebbe essere non l’odio ma l’indifferenza.

Se una moneta, tirata in aria, quando ricade rimanesse perpendicolare al piano sul quale si ferma, ci troveremmo dinanzi all’indifferente (né amore né odio) ma anche forse piuttosto dinanzi al giusto equilibrio tra amore e odio.

Assenza di moto. il pendolo inerte. Equilibrio perfetto e stabile

Eros, pathos, philia, caritas! Amore: quale? il termine italiano è sfumato, impreciso e non ci aiuta a capire.

Ma è proprio necessario capire? Capire è uno sforzo della mente ed ogni sforzo non armonico è una forzatura della natura.

Forse sarebbe meglio lasciarsi andare per intuire cosa significa amare noi stessi, accettando nel contempo il modo di amare del nostro prossimo.

E se il primo passo per amare noi stessi fosse quello di accettare noi stessi? E se il primo passo per amare gli altri fosse quello di accettare gli altri?

E. Scld, 26 ottobre 1995 e.•.v.•. (1 0 Grado)

50

Questa voce è stata pubblicata in Lavori di Loggia. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *