Da Ebla per Beirut e Damasco
Un messaggio di tolleranza di 5000 anni fa
E’ stata la più grande scoperta del nostro secolo ed è da vent’anni al centro degli studi archeologici e storici. Una scoperta che è stata, questa volta, tutta italiana, e il merito va a due professori dell’università di Roma, Paolo Matthiae, docente di archeologia e storia dell’arte del Vicino Oriente antico, e Giovanni Pettinato di assiriologia. Dei due studiosi il primo, il Matthiae, ha già riassunto per il gran pubblico che ancora si appassiona a questi studi i risultati di così sensazionali scoperte nel suo volume Ebla, pubblicato da Einaudi sul finire del 1977 e già ristampato; il secondo, Pettinato,dopo il volume Ebla, un impero inciso ne/fargli/a, edito da Mondadori nel ‘79, ha pubblicato or ora da Rusconi un nuovo ampio volume, accompagnato da illustrazioni e splendide tavole fuori testo, Ebla, nuovi orizzonti della storia.
Quando la missione archeologica dell’Università di Roma avviò le sue ricerche nel 1964, lo scopo iniziale era quello di risalire alle origini della cultura storica della Siria nei suo periodo più antico. Fino ad allora era ben nota la cultura del primo millennio nella Siria settentrionale, quella degli Aramei, e la grande cultura di Ugarit nella Siria costiera della seconda metà del secondo millennio a.C. e di Mari nella Siria interna agli inizi dello stesso millennio .
Parve adatto alla missione per diverse ragioni il Teli Mardikh.
I primi scavi rivelarono la presenza di un grande centro urbano distrutto attorno al 1600 a.C. ma gli scavi successivi, svolti dal ‘73 in poi, hanno portato in luce un grande palazzo reale della metà del terzo millennio, la vera rivelazione di questi scavi. Intanto però, nel 1968, era stato scoperto un dorso di una statua in basalto databile attorno ai 2000 a.C., il primo documento di Teli Mardikh con una iscrizione accadica. L’iscrizione permise di identificare la statua per quella del sovrano lbbit-Lim di Ebla. Questo nome, che compare nell’iscrizione prima come aggettivo e poi come nome, rendeva assai verosimile l’identificazione di Teli Mardikh con la città di Ebla, già nota da vari testi mesopotamici anteriori al 2000 a.C. Dagli scavi del Palazzo reale sono venuti alla luce una grande «corte delle udienze», il portale monumentale, il torrione con la scala cerimoniale, una parte dei quartiere di guardia e del quartiere amministrativo. Il Palazzo appare distrutto attorno al 2500 a.C. secondo quanto sostiene Pettinato (al 2250 a.C. secondo Matthiae): gli invasori portarono via saccheggiando tutti gli oggetti di valore, non gli archivi, che ci hanno restituito circa duemila documenti in eccellente stato di conservazione. La città fu poi ricostruita, ma attorno al 2000 a.C. fu distrutta di nuovo dai disordini connessi con l’arrivo degli Amorrei; proprio sotto la dinastia degli Amorrei furono costruiti tre grandi palazzi, dei quali uno imponente, templi e case private. Dopo il 1600 a.C. Ebla scomparve definitivamente dalla storia; proprio l’assenza di nuove costruzioni dopo questa data ne ha permesso la conservazione fino ai nostri giorni.
La scrittura dei testi di Ebla apparve subito al Pettinato come la scrittura cuneiforme già in uso dalla fine del quarto millennio presso i Suméri e usata poi dagli Eblaiti per redigere i documenti nella propria lingua. Soltanto dopo attenti studi Pettinato riuscì a decifrarla: una lingua semitica, molto arcaica, anzi la più antica semitica nord-occidentale giunta fino a noi in una così ampia documentazione scritta. E’ la lingua letteraria e amministrativa della canceIleria di uno dei maggiori centri urbani della Siria del Nord (l’altra lingua di cultura era nell’Asia orientale l’accadico) e anche la lingua internazionale del terzo millennio a.C.: è scritto, ad esempio, in questa lingua un trattato internazionale fra Ebla e Assur in Mesopotamia, a circa 700 chilometri di distanza, che è l’esempio più antico (risale alla metà del terzo millennio a.C.) di un accordo fra Stati.
Qual è il valore di tutte queste scoperte? Una risposta precisa è ancora impossibile: il lavoro di lettura delle altre 17.000 tavolette richiederà molto tempo. Si tratta di testi in maggioranza amministrativi legati al funzionamento dell’amministrazione dello Stato in ogni suo settore, ma vi sono anche testi storici (trattati, elenchi di città sottomesse, ordinanze reali, eccetera), esercizi per allievi delle scuole di scrittura e in particolare vocabolari bilingui (in sumerico con traduzione eblaita, e infine testi letterari (ancora non integralmente tradotti) con miti ed epopee della tradizione eblaita (ma c’è anche il grande Gilgamesh, re di Uruk, l’eroe del celebre poema babilonese che va sotto il suo nome). E c’è infine, fra gli altri testi tradotti dal Pettinato in questo affascinante volume, una lettera di un alto funzionario del palazzo reale di Ebla al sovrano di Hamazi (nell’iran) tramite il suo ambasciatore a Ebla, la cui formula iniziale di saluto dice:
«Tu sei mio fratello, e io sono tuo fratello. A te, uomo-fratello, qualsiasi desiderio che esca dalla tua bocca io esaudisco, così tu esaudisci il desiderio che esce dalla mia bocca. lrkab-Damu, re di Ebla, è fratello di Zizi, re di Hamazi; Zizi, re di Hamazi, è fratello di lrkab-Damu, re di Ebla». Un messaggio difratellanza per i naturali successori degli Eblaiti, che sono gli abitanti di Siria Palestina e Libano.
(Dino Pieraccioni)
da LA NAZIONE Mercoledì 4 Febbraio 1987