LE TRE GRANDI LUCI
E LE LUCI MINORI
Se prima di approfondire questo tema mi avessero chiesto quali fossero le tre Luci di Loggia, avrei pensato alle figure del Maestro Venerabile e dei due Sorveglianti che rappresentano effettivamente le tre Luci in ogni Officina.
Mi sarebbero anche venute alla mente i tre ceri lo stesso Maestro Venerabile, insieme ai due Sorveglianti, accendono durante il Rito di apertura dei Lavori in Grado di Apprendista.
Invece le Tre Grandi Luci, questo è il loro vero nome, da non confondersi con le tre Luci Minori, che tratterò successivamente, non hanno bisogno di venire accese poiché, per la loro importanza, risplendono simbolicamente di luce propria.
Mi riferisco al Libro Sacro, al Compasso ed alla Squadra.
Queste sono le Tre Grandi Luci senza le quali non è possibile aprire i Lavori di una Loggia.
Basta leggere uno dei Landmark, cioè una delle antiche regole fondanti del nostro Ordine Massonico, nel quale viene disposto testualmente che”un Volume della Legge Sacra sia aperto sull’Ara ogni qualvolta si svolgono i Lavori Rituali in Loggia”.
Come vedete si parla di “Un Volume” della Legge Sacra o Libro Sacro non specificatamente quale esso debba essere.
Certamente per noi è la Sacra Bibbia, che come sapete contiene sia il Vecchio sia il Nuovo Testamento.
Immaginiamoci però una Loggia costituita da fratelli ebrei: questi aprirebbero solo il Vecchio Testamento. Oppure fratelli musulmani, turchi o persiani chiederebbero di aprire il Corano. Ed ancora i Bramini pretenderebbero il Libro dei Veda. I buddisti coreani, cinesi e giapponesi lavorerebbero sul Dhammapada. Gli induisti aprirebbero la Gta.
Per questo nell’estremo Oriente, dove le logge massoniche contano iscritti di diverse razze e religioni, si trovano spesso più Libri Sacri aperti sull’Ara, in modo che ogni iniziato possa ispirarsi ed onorare il Libro Sacro che desidera , più vicino alla propria religione.
In qualche Loggia viene usato paradossalmente un libro bianco, non scritto, oppure edito in caratteri scomposti e privi di senso proprio per consentire ad ognuno di leggervi liberamente quello che ritenga più giusto e più vicino ai suoi convincimenti religiosi ed alla propria sacralità.
Il Libro Sacro identifica quindi la Luce che sovrasta ogni essere umano, non come autorità dogmatica imposta, ma come espressione della fede in una credenza religiosa superiore. La massoneria infatti non accetta l’uomo ateo.
La Sacra Bibbia comunque rimane uno dei simboli più diffusi nella Massoneria.
Nella concezione libero muratoria essa è infatti il simbolo che rappresenta tutti i Libri Sacri, perchè viene aperta non per il suo contenuto e neppure come il Libro di una parte di fedeli,
ma come simbolo coagulante di tutti i Libri Sacri.
In questo modo la Massoneria vuole ribadire che vi è una via comune che possono percorrere gli uomini di tutte le religioni e di tutte le razze e che essi possono procedere felicemente insieme per raggiungere la Luce Massonica.
Nella propria vita privata ogni massone può liberamente rivolgersi a Dio o a Jeovah, ad Allah o a Budda, a Maometto o a Gesù. Quando è nella Loggia ascolta l’invocazione rivolta al Grande Architetto dell’Universo ritrovando il suo Dio sotto questa definizione che accomuna tutti i fratelli.
Per questo il Libro Sacro, qualunque esso sia, è il Libro della Volontà del Grande Architetto, letto nella lingua, nella forma, e nelle modalità che ciascuno sente vicino alla propria coscienza.
Per una curiosità storica, dobbiamo ricordarci che anticamente la Massoneria pretendeva che ogni cittadino, quindi fratello, doveva abbracciare la religione della propria Nazione, qualunque fosse.
Oggi chi entra nella Istituzione Libero Muratoria ha solo l’obbligo di credere in un Essere Supremo, conservando così il diritto di mantenere le proprie opinioni ed i propri sentimenti religiosi. Il non essere un ateo è una delle poche pretese che la Massoneria avanza al momento dell’approccio con un profano che chiede di entrare nella Famiglia Massonica.
In questo modo, ovunque operi, la Massoneria diventa un centro di aggregazione che permette di far sorgere un’autentica fratellanza fra persone che diversamente sarebbero rimaste divise ed ostili.
Per questo il carattere della Massoneria presenta certamente aspetti religiosi, ma non dottrinari.
Un altro elemento aggregante, che rappresenta la seconda Grande Luce è la Squadra, che viene posta sopra il Libro Sacro.
Infatti la Squadra non rappresenta una Loggia o una nazione, o una religione, oppure una razza, ma è stata accettata universalmente da tutti i Massoni del mondo.
Allo stesso modo il Compasso è lo strumento dei massoni ovunque essi si trovino. Per questo il simbolo della Squadra che tocca le punte del Compasso rappresenta un vero e proprio linguaggio universale.
(E di questo ne sono stato testimone direttamente quindici anni fa a New York.)
La Squadra rappresenta la rettitudine nell’azione, per questo si identifica con il gioiello del Maestro Venerabile, che deve sempre agire con equità, tenendo sempre presente il bene della Loggia e lavorando instancabilmente per raggiungere e mantenere questo obiettivo.
La Squadra è formata dalla unione dell’asse verticale con l’asse orizzontale, formando con essa una apertura fissa di 90° e simboleggia l’equilibrio che risulta dall’unione dell’attivo con il passivo.
I due bracci non sono uguali, ma in rapporto di tre a quattro come, i due lati del triangolo rettangolo dei Pitagorici. Sul petto del Venerabile, il braccio più lungo di essa si trova sulla
parte destra, parte attiva, mentre quello più corto sulla parte sinistra, quella passiva.
La Squadra rappresenta, in un senso, l’azione dell’uomo massone sulla materia e, in un altro senso, quella su se stesso.
Riguardo alla materia la Squadra è statica, è immobile quindi è passiva, a differenza del Compasso, che designa lo Spirito, quindi è mobile, variabile e quindi attivo.
Il Compasso, che rappresenta la terza Grande Luce, è certamente uno dei più antichi strumenti inventati dall’uomo quando ebbe acquisito la nozione del cerchio.
Non solo serve a tracciare circonferenze, ma pure a prendere e riportare misure.
Si compone di due aste articolate ed unite da un punto di contatto detto “noce”.
Esso rappresenta il senso della misura che il massone deve mantenere nella sua ricerca.
Secondo il filosofo massone Ragon “il Compasso rappresenta intellettualmente l’immagine del pensiero nei diversi cerchi che percorre; le divaricazioni delle sue aste rappresentano i diversi modi del ragionamento che, secondo le circostanze, devono essere abbondanti e larghi oppure precisi e serrati, ma sempre chiari e persuasivi”.
Abbiamo visto quindi che la Squadra è il simbolo della Materia; il Compasso è invece il simbolo dello Spirito e del suo potere sulla materia.
Infatti nel grado di Apprendista, quando il 1° Sorvegliante si avvicina all’Ara per aprire il Libro Sacro, sovrappone la Squadra al Compasso. Questo perchè per l’Apprendista, pur essendo già un iniziato, la Materia ancora domina sullo Spirito. Ci vorrà ancora molto impegno, molto lavoro di ricerca, dovrà ancora lavorare la pietra grezza fino a giungere alla padronanza dei propri istinti, delle proprie reazioni fino a far prevalere una visione permeata di contenuti spirituali sulla materia.
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Parlare di LUCI MINORI non vuol dire sottovalutare l’importanza di questi simboli, che, come vedremo rappresentano una componente essenziale della ritualità massonica all’interno del Tempio.
Secondo il mio modesto pensiero, una delle ragioni potrebbe essere che mentre le tre Grandi Luci sono state veramente definite ed accettate universalmente, in quanto abbiamo visto obbligatoriamente sempre presenti in qualunque Loggia ed in qualsiasi parte del mondo, senza le quali non è consentito aprire i Lavori, sulle altre tre possono esserci delle differenze che risentono delle tradizioni e delle usanze di un Paese o di interpretazioni variabili che possono aver inciso su alcuni aspetti della stessa ritualità.
Mi riferisco appunto alle TRE LUCI che formano un triangolo vicino all’Ara e che vengono accese dal M.V., e dai due Sorveglianti all’inizio dei Lavori e spente alla fine degli stessi.
Spesso accade che una Officina adotti sistemi diversi alle altre relativamente alla collocazione dei tre candelabri.
Qualcuna forma con gli stessi un triangolo isoscele, oppure equilatero il cui vertice è rivolto ad l’Oriente; in altri casi vengono disposti a triangolo rettangolo; quasi sempre sono al centro del Tempio, sopra o intorno al tappeto a scacchi, ma qualche volta sono collocati davanti all’Ara o addirittura presso le tre figure prima richiamate (M.V. e Sorveglianti).
C’è un altro aspetto che viene spesso trascurato: il cero o la candela rappresentano per noi massoni, un preciso significato simbolico ternario: la cera rappresenta il corpo, il
lucignolo l’anima e la fiamma lo spirito. Ecco perchè il fuoco che ne deriva è da ritenersi “sacro”.
Purtroppo questa simbologia antica è stata stravolta dalla modernità dell’uso della lampadina elettrica che sostituisce spesso per comodità la fiamma viva dei ceri.
Vedete già, con queste piccole differenziazioni, come questo simbolo, pur mantenendo la sua importanza, perda l’aspetto di stabilità rigida e di una precisa tradizionale collocazione in un punto preciso del Tempio e risenta invece di interpretazioni o modifiche arbitrarie che, in quanto variabili, rischiano di compromettere l’aspetto rigoroso della ritualità e conseguentemente della sua importanza.
Dobbiamo ammettere che noi europei siamo più pronti di altri Paesi a concederci deroghe che in qualche modo “alleggeriscano” il peso di una rigida ritualità. Ho partecipato, per il ruolo da me ricoperto, ai preparativi ed all’ allestimento del Tempio di ben 15 Gran Logge ed ho incontrato fratelli provenienti da ogni parte del mondo. Mi sono reso conto, dalle domande che qualcuno di loro poneva e dalla loro perplessità derivante dalle nostre risposte, quanto l’osservanza dei più piccoli particolari delle regole della ritualità fosse per loro molto più rigida che per noi.
Tornando al significato dei tre ceri, durante la loro accensione, il M.V. ed i Sorveglianti rivolgono al Grande Architetto dell’Universo una invocazione affinchè la Sapienza, la Bellezza e la Forza, che rappresentano i tre simboli delle virtù indispensabili all’Apprendista per compiere il proprio Lavoro di squadratura della pietra, lo aiutino in questo suo difficile compito.
La Sapienza , frutto dell’esperienza, che rappresenta la sintesi tra ragione, istinto e sentimento, serve a guidare il massone nelle sue decisioni comportamentali, consentendogli quella sicurezza necessaria.
La Bellezza , grazie alla quale ci avviciniamo all’espressione artistica in senso nobile del termine, ci offre l’intuizione per guidarci verso la dimensione preclusa alla ragione. Consente cioè al sentimento che viene dal nostro cuore – che noi identifichiamo come amore – di porsi anche in contrapposizione con la ragione stessa, che spesso può avere un ruolo limitativo.
La Forza , che consiste nella grandezza d’animo che ci fa superare le difficoltà, ricorda simbolicamente lo sforzo silenzioso che ogni fratello deve compiere per lavorare la propria pietra, ovvero per maturare, migliorandosi al fine di inserirsi armonicamente nel contesto della propria Loggia nella quale è stato accolto.
Per alcuni studiosi queste tre Luci si identificano anche con le figure bibliche di Salomone, che è l’emblema della Sapienza, con Iram, re di Tiro, che è l’emblema della Forza e con Iram Abif, emblema della Bellezza.
Chi è avanti con gli studi sulla Massoneria e si è perfezionato seguendo determinati Riti, sa a che cosa mi riferisco.
Ma qualcuno considera il Tempio di re Salomone, i cui punti cardinali coincidono virtualmente con quelli dei nostri Templi, come l’emblema stesso della Massoneria. Non solo perchè la sua costruzione, come la nostra ricerca, è destinata a non avere mai termine, ma perchè rappresenta lo slancio ideale e gli ostacoli materiali che i Liberi Muratori incontrano e che cercano di superare con il loro impegno ed il loro equilibrio interiore.
Il Massone, durante il suo paziente cammino iniziatico, impara queste fondamentali virtù dell’Arte Reale: il silenzio, il segreto, l’obbedienza, la fedeltà, il coraggio, la carità, la giustizia, il rispetto, il dovere, e le applica guardando al futuro nella speranza di un progetto di vita migliore, senza smarrirsi quando si trova di fronte alle difficoltà della vita.
Non ci dimentichiamo mai della scelta che abbiamo fatto e della promessa solenne che abbiamo liberamente prestato davanti al Grande Architetto dell’Universo.
E’ un patto con noi stessi, sottoscritto in un luogo sacro, con il quale ci siamo impegnati a portare avanti una vita da iniziati, cioè da persone che hanno maggiori responsabilità rispetto ai profani e che, con il loro quotidiano comportamento, devono dare l’esempio di correttezza, applicando, proprio nella vita di tutti i giorni, queste particolari virtù.