I GRANDI EVENTI

Close up of hard hat, pencil, measuring tape and building plans

I GRANDI EVENTI . Dall’Europa in fiamme all’uomo sulla luna.

 I piccoli e grandi avvenimenti della storia che hanno cambiato la nostra vita. di Gianni Faustini

TRENTO. Dal 1945 ad oggi, in appena mezzo secolo, o poco più, il sistema dell’informazione ha conosciuto rivoluzioni tecnologiche che hanno modificato in profondo la fabbrica delle notizie. Basti citare due soli riferimenti: la nascita e l’avvento della televisione che è oggi il più diffuso mezzo di informazione; l’introduzione nelle tipografie dapprima della composizione cosiddetta “a freddo”, che soppiantava quella “a caldo”, con il piombo fuso, poi della computerizzazione, processi che hanno portato, tra l’altro, alla pratica scomparsa dei tipografi che erano per tradizione – in quanto “leggevano” per mestiere – la punta più avanzata del sindacalismo europeo.

Per un breve periodo sembra crollare l’idea che scrivere e leggere fosse il solo modo moderno di comunicare; la civiltà della scrittura appare in discussione dal momento che milioni di persone ricevono messaggi orali e visivi a distanza, ma il diffondersi di Internet ripropone nuovamente la scrittura, ancorchè con modelli nuovi, e impone a tutto il sistema dei media nuovi linguaggi basati su un misto di parole e immagini, di grafici, inquadrati e fotografie, un linguaggio ibridato che vede i giornali usare schemi propri della tv e quest’ultima ricorrere sempre più di sovente alla parola scritta per illustrare meglio interventi governativi, andamenti delle borse e dell’economia in genere.

Il sistema poi risente naturalmente delle vicende dell’economia e della politica e non a caso molti osservatori definiscono quello dell’informazione un sottosistema del sistema politico. In Italia, inoltre, a differenza di altri Paesi europei il legame tra informazione e politica è molto stretto e non occorre citare nomi famosi, da Mussolini a Gramsci, da Alcide Degasperi a Cesare Battisti, da Spadolini a D’Alema, da Giulio Andreotti a Veltroni, tutti giornalisti di professione.

Anche nel piccolo Trentino Alto Adige non si contano i giornalisti, o operatori dell’informazione in senso lato, che sono passati alla politica: Flaminio Piccoli, Giorgio Grigolli, Luciano Azzolini, Carlo Andreotti, Giacomo Santini, Toni Ebner sr., Michl Ebner, Friedl Volgger, Ennio Chiodi o, nel caso dell'”Alto Adige” Servilio Cavazzani, Rolando Boesso, il direttore Luciano Ceschia, il caporedattore Luigi Mattei. Ora, una sintesi che metta in parallelo i grandi avvenimenti mondiali, le intricate vicende regionali, l’evoluzione della politica, gli sviluppi della tecnologia sarebbe sicuramente troppo ambiziosa, ma qualche relazione si può forse fissare sulla carta.

Il giornale nasce a Bolzano il 24 maggio del 1945, e vive a lungo dentro l’orizzonte unitario del locale Comitato di Liberazione Nazionale, anche quando le quote azionarie passano dai partiti a singole personalità, espressione comunque dei movimenti politici: nella fattispecie Servilio Cavazzani rappresenta il piccolo Partito Repubblicano. A Trento invece – ulteriore conferma del legame tra stampa e politica – l’unità del CLN si rompe, per la prima volta in Italia, proprio sulla gestione del quotidiano: la Dc esce dal Comitato e fonda un periodico per conto proprio, periodico che si trasformerà presto in quotidiano; tutti gli altri partiti restano assieme, anche se ad una maggioranza di sinistra subentrerà in seguito una prevalenza “liberale”, sostenuta finanzariamente dalla Edison, impegnata nella costruzione della diga e della centrale di Santa Giustina.

Il giornale, anzi, chiude non appena il progetto viene realizzato sicchè al gruppo milanese non serve più avere un appoggio locale, ma l’eredità di abbonati e anche di tradizione ideale passa al giornale “Alto Adige” che aveva aperto l’edizione trentina già il 21 marzo del 1946. Anche per ragioni di mercato, insomma, il giornale bolzanino si posiziona a fianco di tutte le opposizioni alla Dc – appunto l’eredità di quel che era rimasto nel CLN trentino – e, dentro la Dc, a fianco dei gruppi che non condividono le tesi della maggioranza del partito cattolico, gruppi che si differenziano sui problemi dell’autonomia dapprima e sulla politica sociale e di apertura alla sinistra, poi.

In politica estera il giornale è nettamente filoamericano, nonostante le lamentele delle “sinistre” rappresentate nel consiglio di amministrazione della società editrice, la Seta. Ricordiamo che nel 1948 nasce la Nato, che la guerra di Corea è del 1950-52, la Ceca, cioè la Comunità del carbone e dell’acciaio è del 1951: il mondo è diviso in due dalla guerra fredda,separato fisicamente dalla “cortina di ferro” e idealmente dallo scontro comunismo – occidente capitalistico e liberale. In regione grandi speranze sono riposte nella Regione che nasce il 13 dicembre del 1948, l’anno della grande affermazione Dc alle politiche del 18 aprile. Il giornale in provincia di Bolzano non nasconde un certo nazionalismo nel rapporto con il gruppo di lingua tedesca: nel 1950 Flaminio Piccoli afferma che “l’on. Facchin (in quel tempo presidente della Seta ndr) ha ricevuto ordini della massoneria di lotta ad oltranza all’autonomia” e cita appunto il giornale “Alto Adige”. Gli anni fervidi della ricostruzione vedono la Seta acquisire nel 1949 la sede di Lungotalvera San Quirino costruita dal fascismo con la porta fatta ad M, la sigla con cui firmava Benito Mussolini. Nel 1951 il giornale di Trento muta testata ed esce con un’edizione di Bolzano che se non riuscirà mai a rompere la predominanza del giornale “Alto Adige”, sarà però sufficiente a movimentare un minimo di concorrenza dialettica.

Il successivo periodo è più tormentato: nel 1954 la disfatta francese a Dien Bien Phu, in Indocina; nel 1955 con la conferenza di Bandung si affacciano alla ribalta mondiale i Paesi non allineati nè a Mosca, nè a Washington; nel 1956 la rivolta in Ungheria, repressa nel sangue e l’intervento anglo-francese in Egitto, Paese indipendente dal 1953; nel 1958, per la questione algerina, pieni poteri in Francia al generale De Gaulle che riconoscerà l’indipendenza dell’Algeria con gli accordi di Evian del 1962. L’Occidente è colpito dal lancio, nel 1958, del primo Sputnik, seguito nel 1961 dal primo volo nello spazio di Gagarin; per una ripresa degli americani bisogna attendere il 1969 con lo sbarco sulla luna. Localmente entra in crisi la prima esperienza regionalistica. Nel 1957 dentro la SVP si ha una sorta di golpe: alla vecchia generazione degli Amonn, dei Braitemberg, dei Guggenberg, di Toni Ebner, una generazione che in parte aveva a sua tempo optato per l’Italia, subentrano i giovani colonnelli guidati da Silvius Magnago, un gruppo composito che in gran parte – ma non tutto – aveva optato per la Germania; nello stesso anno Magnago proclama a Castel Firmiano il “Los von Trient”, la rottura, cioè, della Regione.

Gli anni che seguono presentano avvenimenti in apparenza contradditori: nel 1961, ad esempio, viene costruito il muro di Berlino, un simbolo pesante della divisione del mondo; nel 1962 la crisi di Cuba che si manifestò contestualmente ad un nuovo grave attentato il che fece sì che i due giornali locali, a differenza dei quotidiani del resto d’Italia e di tutto il mondo, aprissero la prima con la notizia locale, tagliando però a metà la pagina con un grande titolo su Cuba, in sostanza due titoli ugualmente forti, ma se io penso a quella pagina – allora lavoravo nella redazione politica del giornale trentino ed ero responsabile della prima pagina – non sono tuttora convinto della soluzione adottata; nel 1963 viene assassinato Kennedy; nel 1964 escalation dell’intervento USA in Vietnam.

All’opposto altri segnali erano positivi: la convocazione nel 1959 del Concilio Vaticano; la scelta di Bad Godesberg della socialdemocrazia tedesca che apriva un faticoso itinerario di revisione del marxismo da parte di tutte le sinistre europee, chi all’avanguardia, chi – come il Pci italiano- con ritardi, esitazioni e ambiguità; nel 1962 si tenta il primo esperimento di governo di centro-sinistra in italia; del 1963 è l’enciclica “Pacem in terris”.

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