IL CIBO DEGLI ETRUSCHI

IL CIBO DEGLI ETRUSCHI

          L’alimentazione può ap­parire un capitolo minore della storia della civiltà, ma di fatto non lo è. Il modo di alimentarsi è in funzione del tipo di so­cietà alla quale si appar­tiene: così, un popolo di pastori nomadi baserà sempre la sua alimenta­zione sul latte, i latticini e la carne, mentre gli agri­coltori si nutriranno pre­valentemente di farinacei e verdure. Anche i contadini, naturalmente, consu­meranno carne, ma pochissima e so­prattutto si asterranno da quella bovi­na, in quanto i buoi saranno loro ne­cessari per la coltivazione dei campi. Queste tradizioni, tramandate dagli an­tenati attraverso una lunga consuetudi­ne, resteranno radicate nelle abitudini alimentari dei popoli anche quando le loro attività saranno cambiate.

           Lo studio dell’alimentazione ci aiu­ta perciò a rintracciare la lontana ori­gine dei popoli ed il loro mutare attra­verso i secoli e chiarisce quali ne siano stati lo sviluppo economico, la poten­za, la ricchezza e l’espansione. Un po­polo povero, infatti, si accontenta di quanto produce la sua terra, ma un po­polo ricco comincia ad interessarsi ai cibi rari ed esotici ed il suo orizzonte si allarga. L’apparizione, sui mercati di un’antica città, di frutta, verdure, con­serve e spezie fino allora ignote carat­terizza i suoi periodi di opulenza e chiarisce altresì le sue relazioni com­merciali con le civiltà lontane. Attra­verso questa massa di dati è anche possibile ricostruire un quadro dell’in­tera rete del traffico marittimo e caro­vaniero di una data epoca.

          Per quanto riguarda la cucina degli Etruschi, bisogna necessariamente fare alcune premesse per inquadrare la materia.

1)- Gli Etruschi hanno occupato un periodo storico di 6/700 anni ed è evidente che anche le loro abitudini alimentari siano cambiate durante questo lasso di tempo piuttosto lungo.

2)- Erano un popolo molto dinamico, al punto che manufatti etruschi sono stati trovati in Francia, Tunisia, Egitto e perfino in Britannia e in Danimarca.

In definitiva, oltre che pirati, gli Etruschi erano soprattutto navigatori e commercianti, è quindi chiaro che vennero in contatto con molti altri popoli, primi fra tutti Greci, Fenici ed infine i Romani. In questo modo assorbirono, oltre che l’arte della ceramica, della fusione dei minerali e di tanta altra cultura, anche alcuni usi e pietanze della loro cucina; tanto per fare un esempio, diciamo subito che la coltivazione di vite ed olivo furono introdotte in Etruria dai Greci.

3)- Non esistono testi che ci parlano dei cibi, della cucina o del modo di mangiare degli Etruschi, come invece abbiamo per i Greci (es. l’opera completa “I Deipnosofisti”, oltre ad almeno altri 20 testi) e, soprattutto, per i Romani (es. i libri di Catone, Petronio, Columella, Apicio ecc.).

4)- Bisogna poi considerare, così come è sempre accaduto, che c’era anche allora una classe ricca e privilegiata di principi e Lucumoni, che si poteva permettere una cucina varia e raffinata ed invece un gran numero di persone comuni che mangiavano in maniera, diciamo così, normale.

          Fatte queste doverose premesse, proviamo a restringere il campo e cominciamo a cancellare dalla nostra personale cultura gastronomica tutti quei cibi che sicuramente non potevano essere presenti sulle mense dei nostri antichi antenati.

Dobbiamo allora togliere tacchino, patate, pomodori, melanzane, peperoni e granoturco, che furono introdotti in Europa solo dopo la scoperta dell’America. Non c’erano the, caffè, liquori, cioccolata e zucchero che furono conosciuti solo nel Medioevo; il riso, importato dall’India nell’8° sec. d.C.; pesche, albicocche e ciliegie, che i Romani potevano mangiare solo dopo il 1° sec. d.C.; gli aranci, che erano arabi; i carciofi che comparvero nel Medioevo dopo innumerevoli incroci.

Un’altra grande assente era la pasta di grano duro o all’uovo, in tutti i suoi formati, che farà la sua comparsa sulle nostre tavole molto più tardi. Inoltre non si conosceva nemmeno il burro.

          A questo punto, per poter descrivere la cucina etrusca, cercando di sbagliare il meno possibile, è opportuno seguire alcune tracce abbastanza interessanti, le uniche che sono giunte fino a noi: quello che si può vedere rappresentato negli affreschi delle tombe etrusche e ciò che gli scrittori latini ci hanno raccontato circa i loro predecessori.

          Con le considerazioni fatte sino ad ora, il panorama comincia ad essere un po’ meglio delineato, quindi possiamo fare un altro passo in avanti e, prima di cominciare a parlare di cucina, affermare che gli Etruschi, in maniera certa, conoscevano:

  • Verdura e legumi: cipolle, cicoria, lattuga, cavolo, rape, bietole, fave (in Grecia si credeva che Ercole fosse stato allevato con questi semi), piselli, ceci, lenticchie, carote, zucche, cetrioli, funghi. Un discorso a parte meritano i fagioli che, giunti per lo più dall’America, avevano un parente autoctono in Toscana: il “fagiolo dall’occhio”.
  • Spezie ed erbe aromatiche: sale, pepe, ligustro, timo, semi di sedano, di papavero, di finocchio, di anice; menta, chiodi di garofano, zafferano, santoreggia, prezzemolo, coriandolo, lavanda, bacche di mirto, di alloro, di ginepro.
  • Cereali: orzo, grano, segale, avena, miglio e, soprattutto, il farro che si chiamava Speltu.
  • Carne: pollo, anatre, oche, ovini, suini, cacciagione in genere.
  • Pesce: un po’ tutte le specie ancora oggi conosciute, compreso il tonno.
  • Formaggi: quasi esclusivamente di capra o di pecora
  • Pane e focacce di diversi tipi
  • Frutta: pere, uva, melagrane, datteri, mele, meloni, cocomeri, fichi, prugne, more, nocciole e, forse, le noci.
  • C’erano poi i pinoli, le uova ed il miele, che serviva quale dolcificante per molte pietanze secondo l’uso agro-dolce.

Adesso cerchiamo di analizzare meglio come mettevano insieme questi ingredienti e come era la loro mensa lasciando, volutamente per ultimo, l’uso del vino e dell’olio.

          La norma quotidiana degli Etruschi non era una cucina raffinata e costosa. Non bisogna dimenticare che il mondo etrusco, ma anche più tardi quello romano-repubblicano, era un mondo di pastori, quindi molte pietanze erano a base di latte, ricotte o formaggi. Inoltre nelle case dei meno abbienti, ma anche in quelle dei benestanti, quando non c’erano ospiti, si mangiavano soprattutto zuppe, minestre e polente, oltre al pane, le olive e le verdure cotte.

          La colazione veniva fatta con quella che oggi chiamiamo bruschetta, facendo abbrustolire il pane e sfregandolo con l’aglio. Chi se lo poteva permettere (pochi) aggiungeva un filo d’olio o inzuppava il pane nel vino.

          Le raffigurazioni che ci sono giunte specialmente dalle tombe a camera di Tarquinia, Chiusi ed Orvieto, ci mostrano che i ricchi Etruschi consideravano molto importante il momento del banchetto.  La cornice era festosa, allietata da musiche e danze, mentre si mangiava sdraiati su letti tricliniari. Nel corso del pasto i convitati prendevano i pezzi di cibo con le dita e lo mangiavano a morsi. Non c’erano né piatti né posate. Aggiungiamo una curiosità: non sappiamo se anche presso gli Etruschi (così come tra i Romani) c’era l’uso di portare con sé un tovagliolo, che non serviva però a pulirsi mani e bocca, bensì a raccogliere e portarsi via gli avanzi di cibo.

          Un fatto abbastanza interessante è quello che ai banchetti degli Etruschi potevano partecipare, in perfetta parità con gli uomini, anche le donne, cosa che non era permessa presso Greci o Romani, tanto che Aristotele trovava scandalosa questa formale libertà delle donne etrusche.

Vediamo ora di dividere un pasto-tipo etrusco in varie parti:

  • Gli antipasti: mangiare le uova come antipasto era molto comune in Etruria, tradizione che continuò anche presso i Romani che usavano dire, per caratterizzare un pasto completo: “ab ovo usque ad malum”, cioè dall’uovo – antipasto prediletto – alle mele, cioè fino alla frutta. Erano molto diffuse le insalate che però erano condite solo con un poco di sale (da qui “insalate”). Solo più tardi arrivò il vino e, con lui, l’aceto (i Romani le chiamarono “acetarie”). Ancora più tardi si cominciò ad usare l’olio, ma con molta parsimonia; infatti gli Etruschi usavano lardo e strutto per la cucina, riservando l’olio per alimentare le lucerne, nella cosmesi, per unguenti, balsami e nella medicina.
  • Il piatto principale: era soprattutto a base di carne, ma si usava pochissimo quella di bue perché c’era bisogno del lavoro di questi animali per i campi e poi c’era da dare il latte ai vitelli (addirittura una legge romana del V° sec. a.C.  puniva con la morte chi uccideva un bue se non era vecchio o malato). Anche quella di pecora o di maiale veniva da animali avanti con gli anni e per questo la carne veniva spesso bollita prima di altre cotture, il che consentiva anche di conservarla più a lungo.

Altro sistema per la conservazione era quello di marinarla con spezie o salse realizzate pestando e triturando erbe aromatiche, procedimento che, se non altro, nascondeva cattivi odori e sapori. Si usava abbastanza la carne di maiale, con la quale si facevano prosciutti e salcicce. Infine c’era sempre il metodo di conservarla sotto sale o affumicata.

  • Il pane: sembra che quello lievitato non fosse conosciuto dagli Etruschi, che comunque a partire dal V° sec. a.C. ne avevano di vari tipi: di una sola farina o di più farine, salato e non, sotto forma di focacce ecc.
  • Dolce e frutta: soprattutto a base di miele, datteri, pinoli.

          Dopo il dessert, almeno a partire dal VI° sec. a.C., quando cioè il vino era ormai diventata una bevanda conosciuta ed apprezzata dai ricchi, iniziava il Simposio. Si beveva e si beveva molto. Entravano flautisti e cantanti, ballerine e ballerini e non c’è dubbio alcuno che si trattasse di un dopo-cena animato e divertente, anche se possiamo dedurre che questo non degenerasse in momenti particolarmente scatenati o trasgressivi, come invece accadeva in Grecia ed a Roma, dal momento che, come già abbiamo ricordato, normalmente partecipavano al banchetto ed al simposio anche le mogli dei commensali.

          Tutto sommato gli Etruschi stavano bene, non avevano necessità di concimi artificiali perché avevano abbastanza animali per concimare tutti i loro terreni. La loro frutta era sana, senza insetticidi o pesticidi e poteva essere mangiata tranquillamente con la buccia.

Per quanto riguarda noi, uomini e donne del terzo millennio, se analizziamo bene quanto abbiamo detto, possiamo scoprire che molti cibi di allora sono ancora presenti sulle nostre tavole, soprattutto nelle campagne, dove riaffiorano le tradizioni e la vita è meno convulsa che nelle città.

Quello che purtroppo non sarà mai possibile recuperare saranno i profumi e i sapori alle mense dei nostri antichi predecessori.                                                                   

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