VERSO LA LUCE

Apprendisti Liberi Muratori, Fratelli carissimi, accostatevi umilmente

alla porta del Tempio della Virtù; bussate perché si bussate apra, ancora per domandare la Luce e ancora bussate per ricercare

la Verità.

Operai coscienziosi, cingete alla vita il grembiale per preservarvi

da ogni lordura, calzate i guanti per mantenervi illibati.

All’ordine, nella compostezza dei vostri sentimenti, dei vostri

propositi, delle vostre azioni, vi ponete tra le colonne, là dove vi è

dato discernere il Bene ‘dal Male, la Luce dalle Tenebre, il Limitato

dall’Infinito. Non vi sentite soli e sperduti perché le melagrane e il

globo vi dicono che tanti, tanti, tanti vostri Fratelli, sparsi su tutta

la superficie della Terra, sono al lavoro al vostro fianco.

Procedendo diritto, senza sbandamenti, verso l’Oriente, verso

la fonte della Luce e della Saggezza, fate il primo passo e quindi

sostate per riflettere; ma poi, convinti, fate il secondo e ancora sostate

per riflettere; infine, decisi, compite il terzo.

Il Delta Sacro vi ha attratto con la sua luminosità misteriosa,

il Sole ha portato l’ardore nei vostri cuori, la Luna ha portato la

serenità nei vostri spiriti e la riflessione nelle vostre menti. Minerva

vi guida, Ercole vi sprona e vi sorregge, Venere vi placa e vi ammanta

di bellezza e di bontà.

Volgete lo sguardo alla volta stellata, all’immensità del Tutto

e per un attimo vi smarrite; ma poi subito percepite che l’opera

vostra non trova confini, che lo spazio infinito è il regno delle vostre . idee e delle vostre anime e sentite che là aleggiano gli spiriti dei

Maestri, gli spiriti dei grandi Iniziati, gli spiriti dei Liberi Muratori,

rotanti tutti intorno allo Spirito Puro Supremo.

Allora, con un gesto che sottintende gratitudine e razionale

sottomissione al Vero, al Giusto, al Bello, salutate le tre Luci.

Innanzi a voi è il centro della Loggia, il centro dell’Universo,

il punto di confluenza e d’incrocio di tutte le forze che prorompono

dal Delta Sacro, dal Sole, dalla Luna, dalle Colonne, dalle Luci: il

punto d’amore. Lì è l’Ara dei Giuramenti, l’Ara della Generazione,

l’Ara di lavoro con le sette luci planetarie, con il Libro della Sapienza

antica, con la Squadra, con il Compasso. Vi sentite trasportati in

quel punto, al posto dell’Ara e sentite di essere voi il Centro Generatore.

Pervasi d’amore, consci dei vostri doveri e della vostra capacità

creativa, impugnate il Mazzuolo e lo Scalpello e la volontà si estrinseca

e voi picchiate e picchiate e picchiate e la vostra determinazione

dirozza la pietra greggia. Là, in alto, sopra il Trono, l’Occhio

del Grande Architetto dell’Universo vigila sull’opera vostra. E voi

picchiate, picchiate, picchiate e ad ogni colpo la ragione martella in

voi e la logica dirozza via via la pietra sino a squadrarla. D’onde

vieni? Chi sei? Dove vai? Non lo sapete, mai lo saprete; ma picchiate

e livellate, ardenti, instancabili perché non siete più semplicemente

uomini ma vi sentite Iniziati e ben sapete che solo la potenza

delle idee — che non possono venire imprigionate, né tantomeno

distrutte — può mutare i destini dell’umanità.

E se vi dicono che siete poeti, se ve lo dicono con sarcasmo,

quasi con dispregio, rispondete che è vero; rispondete così come

rispose il nostro grande Fratello Giosuè Carducci:

Il poeta, o vulgo sciocco,

Un pitocco

Non è già, che a l’altrui mensa

Via con lazzi turpi e matti

Porta i piatti

Ed il pan ruba in dispensa.

E né meno è un perdigiorno

Che va intorno

Dando il capo ne’ cantoni,

e co ’1 naso sempre al’aria

Gli occhi svaria

Dietro gli angeli e i rondoni.

E né meno è un giardiniero

Che il sentiero

De la vita co ’l letame

Utilizza, e cavolfiori

Pe’ signori

E viole ha per le dame.

Il poeta è un grande artiere,

Che al mestiere

Fece i muscoli d’acciaio:

Capo ha fier, collo robusto,

Nudo il busto,

Duro il braccio, e l’occhio gaio.

Non a pena l’augel pia

E giulìa

Ride l’alba a la collina,

Ei co ’1 mantice ridesta

Fiamma e festa

E lavor ne la fucina;

E la fiamma guizza e brilla

E sfavilla

E rosseggia balda audace,

E poi sibila e poi rugge

E poi fugge

Scoppiettando da la brace,

Che sia ciò, non lo so io;

Lo sa Dio

Che sorride al grande artiero.

Ne le fiamme così ardenti

Gli elementi

De l’amore e del pensiero

Egli gitta, e le memorie

E le glorie

De’ suoi padri e di sua gente.

Il passato e l’avvenire

A fluire

Va nel masso incandescente.

Ei l’afferra, e poi del maglio

Co ’l travaglio

Ei lo doma su l’incude.

Picchia e canta. Il sole ascende

E risplende

Su la fronte e l’opra rude.

Picchia. E per la libertade

Ecco spade,

Ecco scudi di fortezza:

Ecco serti di vittoria

Per la gloria,

E diademi a la bellezza.

Picchia. Ed ecco istoriati

A i penati

Tabernacoli ed al rito:

Ecco tripodi ed altari,

Ecco rari

Fregi e vasi pe ‘l convito.

Per sé il pover  manuale

Fa uno strale

D’oro, e il lancia contro ’l sole:

Guarda come in alto ascenda

E risplenda,

Guarda e gode, e più non vuole.

Carissimi Fratelli Apprendisti, portate la vostra pietra al Tempio

con fierezza, con fede, con entusiasmo, con sincerità. E’ stato detto A

che « la vita è troppo breve perché valga la pena di falsificarsi ».

E noi Maestri potremo erudire gli Apprendisti, potremo mostrare

loro le vie infinite della infinita sapienza, ma il nostro esempio, soprattutto,

avrà il potere di trascinarli con entusiasmo VERSO LA

LUCE.

Se i Maestri non saranno esemplari, la costruzione risulterà precaria

ed i loro insegnamenti verbali ristagneranno nell’aria quali beni

astratti capaci di stimolare soltanto qualche uomo più degli altri

dotato di buona volontà. «L’esempio — ben disse West — è la lezione

che tutti gli uomini possono leggere ».

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