MEDITAZIONE SULLA MORTE

MEDITAZIONE SULLA MORTE

DI A. F.

… Ricordai quindi che il sesto dei sette spiriti è il Khaibit, il Kaabit

è l’ombra, imperfetto ed ingannevole (voce) al pari della memoria.

Tale è appunto il Khaibit. È la memoria! Feci il conto, Ren, Sekhem

e il Khu, il Ba, il Ka e il Khaibit! Il Nome, l’Energia e Angelo, lo Spirito del cuore, il mio Doppio e la mia Ombra. E la settima anima, qual era? Me ne ero scordato, quasi. Il settimo spirito è il Sekhù, che

resta nel corpo quando gli altri se ne sono andati: i Resti! Non è più

che un misero riflesso della mia forza, un residuo dei miei organi €

arti: come polle sul lido, dopo che la marea s’è ritirata. I resti non

hanno più memoria, (né) meno di quanta la luce della sera ne ha del

sole…

Il teschio e le tibie incrociate sono nella simbologia massonica gli emblemi più funerei poiché richiamano alla naturale fine delle cose, alla fragilità della vita umana, alla vanità delle ambizioni. Nonostante che la rappresentazione simbolica della morte sia ostentata con un Messaggio grafico ben preciso, è spesso difficile, per non dire doloroso, convivere con la sua realtà, poiché ci obbliga riflettere sul transitorio, a valutare l’ampiezza di un aspetto che, anche se iniziati, sappiamo essere oscuro. La morte delimita due regioni, due temporalità, il cui dualismo introduce l’idea di un passaggio, con Una caduta dovuta a inettitudine o a seduzione o ad errore, e una risalita dovuta a un merito, a un sapere, con un’ascesa Verso il cielo. La morte è così un punto limite che in quanto tale non ha spessore, tra due ordinidel mondo, l’alto e il basso, l’aldilà e il quaggiù, e due progressi, l’involuzione e l’evoluzione che scandiscono la storia dei mondi.

DI fronte alla morte così intesa, l’unico atteggiamento possibile è quello espresso da Epicuro: «Quando ci siamo noi, la morte non c’è; e quandoc’è la morte, poi non ci siamo». Nello stesso senso, più recente

mente, Wittgenstein ha detto: «La morte non è un evento della vita:

non si vive la morte». Intesa in questo senso, la morte non concerne

propriamente l’esistenza umana. Tuttavia, il contrasto tra la morte

così intesa e la morte come minaccia incombente sulla esistenza si7-

gola, è stato bene espresso da Tolstoi nel racconto La morte di Ivan

Iljitsch. In esso, il protagonista, che riconosce giusta e valida l’idea

generica della morte come decesso, si ribella però alla minaccia che

la morte fa incombere su se stesso. È, questo, il limite di ogni materialismo. Il concetto di morte come possibilità esistenziale, implica che la morte non sia un evento particolare, situabile ad un dato momento della vita dell’uomo; quanto piuttosto, una possibilità sempre presente nella vita umana e tale da determinare le caratteristiche fondamentali di essa. È questa la posizione delle filosofie più recenti, che affermano che la morte costituisce una limitazione all’esistenza, non già in quanto ne costituisce il termine, ma in quanto costituisce una condizione che accompagna tutti i momenti di essa. E poiché, sempre secondo queste filosofie, la morte può essere compresa solo come possibilità, la sua comprensione non è né l’attesa di essa, né il fuggire di fronte ad essa, il «non pensarci»; ma, viceversa, l’anticipazione emotiva di essa. Nell’ Hagakuré, il settecentesco codice di comporta- mento e di vita dei samurai giapponesi, questo concetto emerge con estrema chiarezza. Al capitolo secondo si legge: «Ho scoperto che la via del samurai è la morte…» allorché un samurai sarà costantemente pronto a morire, egli avrà padroneggiato la via del samurai. Se un uomo tiene la morte nel cuore, se pensa che in qualsiasi momento egli è pronto a morire, non può assolutamente agire in modo errato e gode di ogni frazione del suo tempo vitale come l’ultima. La vita e la morte vengono considerate come due facce della stessa moneta. Il pensiero esoterico della morte non stabilisce i propri princìpi su una credenza, esso è un pensiero della contraddizione che sancisce l’unità dei due contrari. Dal punto di vista iniziatico tradizionale, la morte non è che un cambiamento di stato. Se è vero che «tutto quanto è sotto il sole soggiace al potere della morte» e che «il significato della morte è inseparabilmente legato al significato della nascita e della vita», bisognerà, però, aggiungere che questi due eventi-limite, appartengono unicamente al mondo sensibile, giacché, nel dominio spirituale, alla nascita e alla morte non corrispondono un inizio e una fine, ma la metamorfosi da una forma di vita în un’altra. Come dice Steiner, «L’essenza della nascita e della morte è conoscibile solo se la si contempla da un punto di vista che supera il mondo sensibile, cioè da una regione in cui esse non esistono». Ciò è in accordo con il valore simbolico universalmente riconosciuto alla morte. Da un lato, infatti, essa rappresenta l’aspetto caduco e corruttibile dell’esistenza,   indicando ciò che scompare nell’eruttabile evoluzione delle cose. Ma essa è, anche, quella che introduce nei mondi sconosciuti dell’aldilà; cosa che ne mostra l’ambivalenza e la avvicina, in certo qual modo, ai riti di passaggio. Infatti, la morte ad un livello, è la condizione stessa di una vita superiore ad un altro livello. Alla coscienza ordinaria rimane celato il rapporto tra le forze della morte e il risveglio della coscienza. Ma chiunque voglia accedere al mondo spirituale, deve, invece, comprenderlo. Dice Rùnî: «Muori prima di morire. Solo chi è già morto a se stesso conosce il significato della morte» e tutti i nostri guai, come dice Boezio, dipendono dal fatto che «abbiamo dimenticato chi siamo». Pertanto siamo iniziati fiduciosi e arroganti, il nostro orgoglio è sempre pronto a dare battaglia, sbadati, dobbiamo ancora passare attraverso una porta stretta, una porta che ci trasformi, attraverso la sofferenza e la purificazione da iniziati arroganti in iniziati dolenti; da iniziati orgogliosamente soli ad iniziati che conoscono la compassione, l’elemento societario, l’amicizia, il sodalizio fraterno, la compartecipazione ad un comune patrimonio di valori, ad un destino comune, affinché l’amicizia trapassi talora nell’inseparabilità,

nel gemellaggio spirituale. Un libero muratore senza compassione è ancora Maya.

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