RIFLESSIONI DI UN APPRENDISTA MURATORE

RIFLESSIONI DI UN APPRENDISTA MURATORE

di G. G.

Appartengo ad una generazione che a differenza di quelle attuali è

stata educata in base ai tre princìpi cardini della società di un tempo

ormai remoto: Dio, Patria, Famiglia.

Credo fermamente, quindi, in determinati valori. Credo nell’amicizia,

nell’uguaglianza e nella fratellanza tra gli uomini. Credo nella Giustizia

ed anche se gli uomini ne fanno un pessimo uso, sono convinto

che alla lunga Essa trionferà. Credo nella lealtà e nella onestà dei sentimenti e delle azioni. Credo nell’uomo sia pure con tutte le sue contraddizioni e difetti che cerca, però, di emendare e migliorarsi. Non

sono un razzista e credo nella libertà, intesa però non come licenza.

Benché tardi, ho scoperto che tali princìpi, mai rinnegati malgrado

la società si sia messa d’impegno negli anni per farmeli rinnegare, coincidonocon i fondamenti cui si ispira la libera massoneria. Quando

ero un bambino a scuola mi insegnavano quella bellissima poesia di

Rudyard Kipling dedicata al figlio, «SE». Essa era e per me lo è tutt’ora, malgrado i tempi, un potente viatico per la vita, una stupenda esortazione al diventare ed all’essere uomini veri e completi. È una delle creazioni più belle e vere dell’uomo, più toccanti ed edificanti che mente umana abbia mai immaginata. Per anni l’ho tenuta con me în tasca, oppure incorniciata sulla scrivania da lavoro, leggendola sempre con attenzione ogni qualvolta il dubbio offuscava la mia coscienza.

Poi ho scoperto che anche Kipling era un libero muratore

ed ho scoperto ancora che molti altri liberi muratori di tanti paesi

diversi hanno contribuito a scrivere la storia dell’uomo. E mi sono

documentato ed ho appreso che scopo della massoneria è quello di

formare uomini liberi e di buoni costumi, sia nella dimensione spirituale che in quella dell’esistenza.

Ma, se questa forza etica della massoneria trovava spazio e terreno

fertile in epoche precedenti all’attuale, oggi una società arruffona e

palazzinara, mestatrice e busterellara, arrivista e dissacratrice, senza

Dio e princìpi morali, vorrebbe far soccombere ed annientare. Tuttavia, in questo mio primo periodo di attività come libero muratore

ho appreso che i  princìpi della tempo e massoneria sono rimasti inalterati nel rimangono sempre validi. Sono gli uomini, o alcuni uomini che ne fanno parte, a non possedere le Virtù che contraddistinguono un massone dagli altri cosiddetti pro- fani; sono alcuni uomini che si avvicinano ad Essa ad avere nel cuore e nella mente il germe del dubbio, quel dubbio che molto spesso fa chiedere di entrare in sonno. Al mio paese, per secoli terra di conquista e di gattopardi, dove il sopravvivere al quotidiano era (ed è) una vera arte, si era soliti dire «càlati ijuncu, ca passa la china» quando delle avversità di breve ma violenta durata investivano gli uomini. Essi facevano, cioè, come i  giunchi sul greto delle fiumare che si chinavano alla piena della corrente per non farsi strappare via, sicuri che passata l’onda di piena sarebbero tornati a svettare diritti al sole ed alla pace di sempre. In una intervista concessa recentemente ad Enzo Biagi, il professor Roversi Monaco, Rettore magnifico dell’Università  di Bologna, così ha risposta ad una domanda precisa del giornalista: “Sono diventato massone perché mi sono  riconosciuto nella  tradizione laica e risorgimentale  della massoneria e perché gli amici che mi hanno chiesto di farne parte  godevano e godono della mia  fiducia”

Il Professore è stato attaccato soltanto perché massone, ma ha avuto il coraggio (o la virtù?) di apparire in televisione, il più potente dei mass-media, per dire con estrema semplicità che lui è solo un uomo nella interezza del termine e non un brigante. Sono noti i fatti che hanno portato sui giornali i massoni bolognesi e per riflesso la massoneria italiana; non sono noti i motivi, si possono solo presumere. Noi liberi muratori certamente non ci rassegneremo mai                                                                                                                                                                                                               ad essere indicati come coloro che ordiscono le trame più ab- biette del paese e che spaziano dalle stragi di stato agli attentati aereo- ferroviari. Ma abbiamo tutti il coraggio del Prof. Roversi Monaco? Abbiamo mai denunciato pubblicamente e per primi le nostre «schegge impazzite»? I fratelli d’oltre alpe e d’oltre oceano spesso coniugano il proprio impegno pubblico con quello cavalleresco di massone senza che ciò provochi scandalo, anzi! In altri paesi la massoneria occupa il posto che sa e riesce a conquistarsi nella società, senza pericolo che contro di essa qualcuno avanzi accuse di comodo. Perché ciò non è possibile anche nel nostro paese?

Mi sono convinto, allora che da noi una forza altamente morale certamente dà fastidio a chi o a quanti vogliono tenere nel caos le istituzioni, ma è altrettanto vero che la massoneria nel suo insieme fa poco per denunciare per prima eventuali devianze;  per combattere allo scoperto contro i suoi nemici (e si sa benissimo da quale parte arrivano) e, soprattutto, non ha mai pensato seriamente di ricucire uno strappo assurdo avvenuto al suo interno tanti e tanti anni fa. Le continue defezioni palesi o mascherate, e queste ultime sono da condannare come dei veri e propri tradimenti, non aiutano certamente la massoneria. Per carità! Non intendo criticare nessuno e niente! Però, poiché mi considero un libero pensatore ancorché libero muratore, dico lealmente quello che penso, spinto dalla certezza che solo l’unione  fa la forza e che all’inizio del terzo millennio della nostra era non possiamo ancora dissertare sulla importanza del sesso dell’uomo, anziché sulle sue capacità oggettive. Lo so che è assurdo, ma ho avuta la netta sensazione che esista in molti il desiderio di continuare ad essere un massone, ma con riserva, volendo rimanere nell’ombra per paura di compromettersi, per pigrizia o semplicemente in attesa di tempi migliori. Ed a tale categoria appartengono uomini il cui con- tributo leale allo scopo primario della massoneria potrebbe essere determinante. Ma, forse, non ne hanno le virtù  o gli manca il cuore. A questi fratelli io mi rivolgo e mi permetto suggerire di andarsi a rileggere il passo del libretto «Tu sei mio fratello» che recita: «conoscerese stessi è la possibilità di acquistare maturità ed equità di giudizio, di non essere frastornati dalle cosiddette informazioni di massa, di non essere succubi di logiche aberranti». A me stesso, infine, auguro di non dubitare maie di arrivare ad esse- re un veicolo, sia pure piccolo, dell’etica massonica «per uscire dalle officine, per espanderci nel mondo », per influenzare attraverso la mia testimonianza personale, anche un solo altro uomo. Soprattutto, senza mai nascondermi.

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