LE RAGIONI DELLA LIBERTÀ

LE RAGIONI DELLA LIBERTÀ

di E. A.

A duecento anni dalla Rivoluzione del 1789, la libertà è tornata in piazza. Uscita dalla penombra delle aule universitarie e spogliatasi dei

delle pagine di giornale, la libertà ha ripreso la voce da Pechino a Budapest, da Danzica a Mosca — ha richiesto udienza dinanzi alla storia  e ha rivendicato le sue ragioni  dinnanzi alla coscienza dei popoli, con determinazione, con passione.

A duecento anni dalla grande vampata rivoluzionaria francese, la libertà è nuovamente un sentimento di cui si discute poiché ci si è accorti che, nonostante una consuetudine secolare con essa, si tratta pur sempre acquisita. Il potere ne è sempre Vin una situazione non definitivamente interlocutore inaffidabile e minaccioso, ne è sempre il negatore in agguato.

Ecco perché, talvolta, drammaticamente, quella libertà consacrata nel l’Olimpo delle Dichiarazioni Universali – che pure sono ormai patrimonio comune dell’umanità — deve essere difesa nei fatti, nella storia, nella cronaca, assai spesso col sangue.

Eppure, osservando con sgomento ciò che è accaduto sulla piazza  Tienanmen ciò che va accadendo su tante altre minori piazze del mondo, ripensando a due secoli di distanza ciò che accadde in Francia dal 1789 in poi, rifiutando coscientemente la passionalità che ci sale dentro, e ricostruendo il tutto secondo un’ottica massonica, non si può fare a meno di scorgere anche nelle grandi vampate di libertà un qualcosa di patologico, di estremo, di incongruo, pur nell’ammirazione verso chi, a rischio della propria esistenza, ridà alla parola «libertà» un senso concreto e, spesso, tragicamente concreto.

Tutti ammutoliamo dinnanzi al sacrificio estremo in nome della libertà.

Ma, non dimentichiamolo, siamo massoni. E per noi la libertà ha un significato grande ma altrettanto grande è per noi il significato della vita umana. E nessun massone che sia degno di tale nome posporrà mai la vita umana, nella sua concretezza, ad un ideale astratto. La vita umana è troppo preziosa, troppo irripetibile per sacrificarla sull’altare dell’ideologia o dell’astrazione. La libertà, le sue ragioni, possono essere difese in altri modi. Certo ci sono luoghi del mondo in cui la libertà si può difendere solo rischiando la vita. Ma la nostra libertà, la libertà dell’Occidente, la libertà delle nostre nazioni nate e nutrite sul terreno dell’Illuminismo e degli ideali dell’89 — forse — si difendono assai più prosaicamente sul terreno della vita quotidiana, con costanza e buon senso e, soprattutto, con una vigilanza solerte e continua nei confronti di quei cedimenti istituzionali che — impercettibilmente — ogni giorno ci fanno scivolare un poco verso quel totalitarismo strisciante, bene educato, acculturato, ma infinitamente pericoloso e infinitamente malvagio pur nell’accettabilità delle forme esteriori. Non dimentichiamo mai che, come massoni, noi coltiviamo una religione della libertà che affonda le sue radici in tempi antichissimi. La libertà massonica è una di quelle idee senza tempo e senza terra che fanno parte del patrimonio collettivo dell’umanità. La loggia, la comunità massonica è uno degli esempi più raffinati – eppure storicamente concreti — di società pienamente libera. La società massonica è, da sempre, una «città del sole», un’utopia, in cui autorità e libertà si bilanciano e si equilibrano sul perno di un’antica saggezza esoterica dove non esistono rivendicazioni e invidie. Ma perché questo? Perché noi partiamo dal presupposto che la libertà può realizzarsi solo fra individui che già siano liberi individualmente, fra uomini e donne che già abbiano in sé una piena e compiuta libertà spirituale.

La sintesi di tante libertà non può che essere una libertà collettiva, sincera, compiuta, saldamente fondata. Ma la nostra è una società esoterica, non perfetta ma costruita perennemente sul principio e sulla tensione di un ideale di perfezionamento individuale. Se la parte è giusta anche l’insieme è giusto. Ma la domanda che oggi noi dobbiamo porci è invece questa: la libertà massonica, quella costruita e perfezionata durante tanti secoli nelle nostre logge, può valere, può espandersi fecondamente in una società profana che assai spesso libera non è? La libertà massonica, che scaturisce dalla libertà spirituale del singolo, può esprimersi pienamente nel mondo profano che è invece infinitamente più rozzo, infinitamente più rapace, infinitamente più violento? Ecco perché le ragioni della libertà massonica devono essere confrontate con le ragioni della libertà profana.

La libertà massonica è fondata sulla libera, piena, convinta accettazione di un ordine che spazia dalle regioni dello spirito a quelle della morale, da quelle della convivenza sociale a quelle della razionalità

organizzativa.

La libertà profana non è mai pienamente e spontaneamente accettata.

La libertà profana è sempre in qualche modo coattivamente limitata poiché dalla società civile non si esce, se non a prezzi altissimi.

Ecco perché la libertà profana, quella che si deve conquistare individualmente e duramente, è qualcosa di diverso dalla libertà massonica, già conquistata attraverso la sintesi di rituale e libertà di pensiero, attraverso la sintesi di sentimento e ragione, attraverso la sintesi di simbolo ed esperienza personale, attraverso la sintesi di gerarchia e dramma esoterico individuale.

La libertà profana – pensiamo – è senza guida. La libertà profana è una casa che consta di infiniti mattoni, e ogni mattone va quotidianamente

— posto al punto esatto.

Personalmente non credo alla Libertà, ma alle libertà che — avendo rinunciato anche graficamente alla maiuscola — sono assai più umilmente esposte alle intemperie della vita sociale e politica di ogni giorno. Le libertà vanno perseguite, conquistate, espugnate singolarmente, una ad una. Non esistono più «dichiarazioni universali» in grado di codificare e sistematizzare il complesso delle libertà, l’idea di libertà. Esiste, assai più modestamente, una fenomenologia della libertà che ogni giorno assume forme diverse, aspetti mutevoli, forme storiche cangianti e differenziate.

Si poteva, un secolo fa, immaginare una libertà sessuale? Si poteva, cinquant’anni fa, immaginare dei diritti ambientali? Si poteva concepire, vent’anni fa, una «libertà di antenna»? Le libertà sono un grande popolo in cammino, una specie in evoluzione che – quasi biologicamente- si ramifica e si articola in una serie infinita di nervature e di irradiazioni. Le libertà si articolano nella storia, mentre spesso gli ideologi e – purtroppo — anche una certa massoneria celebrativa e un po’ retorica venerano il monolito irreale e vuoto di una Libertà illuministicamente solidificata come un monumento neoclassico.

La libertà come «work in progress», le libertà come una grande famiglia da tutelare. Non più la Dea capricciosa e scultorea dell’89 che, accanto ai mille benefici dispensati ad un’Europa che della libertà non aveva alcuna idea, pretese anche mille sacrifici in termini di vite umane e di sofferenze collettive

Purtroppo, l’idea di Libertà, come quella di Verità – entrambe scritte illuministicamente con la maiuscola – hanno generato luci ed ombre, progresso e regressione, gioie e dolori. «Temi, Adso, i profeti e coloro disposti a morire per la verità» scrive Eco nel «Nome della Rosa», «ché di solito fanno morire moltissimi con loro, spesso prima di loro, talvolta al posto loro». E questo vale anche perla libertà, per la «Grande libertà», quella libertà che non è concepita come strumento al servizio del benessere e della felicità degli uomini, ma come ideale sadicamente astratto, gelido, razionalmente perfetto, sulla cui ara si può anche versare del sangue e una gran quantità di lacrime e di infelicità.

Ecco perché, oggi, noi uomini e donne della Massoneria dobbiamo chiederci quale libertà vogliamo. Ecco perché, oggi, noi uomini e donne della Massoneria dobbiamo chiederci se la Libertà è ancora quella del 1789, che risvegliò l’Europa ad un’epoca più alta e civile ma che insanguinò anche le nazioni col suo fanatismo giacobino e con gli eccessi napoleonici.

Ecco perché, oggi, noi uomini e donne della Massoneria dobbiamo chiederci se invece non convenga batterci perle mille libertà che civiltà una europea — sempre più concretamente vicina e tangibile — ci offre in misura abbondante. Oggi, una professione può essere esercitata in ogni parte del vecchio continente, oggi gli studenti d’Europa — quasi una riedizione dei «clerici vagantes» medievali – studiano nelle università d’Europa senza vincoli e senza problemi burocratici, oggi – e domani ancor di più – chi ha volontà e ambizione potrà dare il suo contributo economico e d’intelligenza ad una collettività europea che è la stessa concepita e vezzeggiata dall’intellettualità illuministica di duecent’anni fa. Queste sono le libertà emergenti, concrete, concepibili, misurabili, dell’oggi. È su queste libertà che la nostra idea di libertà deve misurarsi e adeguarsi.

Se la Massoneria è fenomeno europeo, ed è anzi una delle espressioni più alte dello spirito europeo, allora è su questo metro della libertà che la Massoneria deve confrontarsi: una libertà continentale e culturalmente aliena da semplificazioni e idolatrie intellettuali ma concretamente aggrappata a tutta quella nuova schiera di libertà singole  che vanno affermandosi, nella prima vera realtà politica e culturale sovranazionale che la storia del nostro continente ricordi da un millennio a questa parte.

La Massoneria come ideologia europea?

Forse è azzardato intellettualmente e presuntuoso politicamente proporre una simile valenza. Eppure si tratta di un’aspirazione non completamente fuori della verità storica né priva di prospettive future.

La libertà del 1789, spezzata e frammentata nell’arcobaleno di libertà plurime che l’Europa prossima ventura ci prospetta e ci offre sullo scorcio del primo millennio: libertà vere, sperimentabili, coltivabili singolarmente, programmabili, incrementabili politicamente e soprattutto verificabili in termini di benessere sociale e di felicità collettiva.

I temi e di sottotemi sono infiniti: dai sistemi elettorali alla libertà della cultura, dalla giustizia fiscale ai sistemi previdenziali, dalla circolazione

delle persone alle procedure giudiziarie, dai diritti civili alle libertà economiche.

Le ragioni della libertà – scaturite dall’unico ceppo intellettual-rivoluzionario del 1789, condite e vivificate dalla secolare tradizione massonica, esplicitate dall’impeto illuministico della cultura che ci è propria, concretate dall’attenzione pragmatica alle esigenze quotidiane della convivenza sociale – sono oggi quelle ragioni che ancora ci spingono a riunirci nei nostri templi, nelle nostre officine. C’è una grande continuità nella nostra Idea di libertà.

C’è soprattutto una continuità che ci deriva dal non aver mai fondato la concezione della libertà su ragioni puramente storiche, ma nell’averle sempre ricercate in qualcosa che trascende la storia, mediando fra ragioni metafisiche ed esigenze storiche.

La Massoneria vive per questo, per aver sempre saputo parlare dell’Eterno con parole comprensibili all’uomo di ogni giorno.

La libertà, come tante altre idee, come tante altre passioni che affondano le radici nel cuore comune delle genti di ogni epoca, ha oggi

bisogno di parlare anche agli uomini concreti del 1989.

La Massoneria può farlo – come l’ha sempre fatto — perché la sua secolare saggezza ha compreso che le parole vanno mutate sempre per

far comprendere sempre ciò che non muta mai.

Questo è il nostro compito oggi dinnanzi ad una parola come «libertà» e dinanzi a tutte quelle idee che la nostra cultura, la nostra tradizione ci propongono come simboli e richiami della dignità umana.

tratto da DELTRA n. 24

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