DELL’ENNEADE MASSONICA SECONDA PARTE

DELL’ENNEADE MASSONICA

di C. L.

Parte II*)

GLI STRUMENTI DELL’APPRENDISTA

Premessa

A. Nackey, massone americano, ha scritto: «Un simbolo è una immagine sensibile impiegata per esprimere un’idea occulta analogica».

Questa corretta e stringata definizione credo si possa mettere a cappello di tutto il lavoro svolto in appresso e nelle parti successive che completeranno lo studio degli Instrumerta massonici, ordinati nella piramide pitagorica della Tetractys.

Il compito di edificare il proprio tempio interiore, assegnatoci dalla saggezza dei maestri trapassati ci correda di indumenti e strumenti idonei alla trasmutazione di un profano (pro-fanum = fuori del tempio), immerso nelle tenebre dell’ignoranza, in un illuminato.

Nella I parte ho illustrato la complessa Tetractys rosacruciana delle virtù necessarie per superare la discesa agli inferi, avviare e completare

la grande opera.

Ma le sole virtù non sono sufficienti, ancorché necessarie: esse sono il «fuoco » dell’uomo di desiderio, ma non lo trasformano nell’uomo che può. Questa trasformazione è possibile soltanto assegnando al neofita (= neo-fiton, cioè nuova pianticella) gli strumenti necessari tramandati dalla tradizione.

Gli strumenti massonici dei primi tre gradi non sono soltanto normali

«arnesi» pervenutici dalla più antica tradizione e non sono neppure soltanto dei simboli di una realtà occulta che il latomista deve penetrare; essi sono molto molto di più, sono archetipi primordiali di tutte le culture e di tutte le civiltà, risalenti — quelli dell’Apprendista in particolare — al primo stadio dell’evoluzione umana, all’homo faber prima ancora che all’homo sapiens.

Gli archetipi umani sono — scrive Roland Cahen nella prefazione all’opera di C.G. Jung «L’uomo alla scoperta del suo in sé» — sul piano delle strutture mentali e delle rappresentazioni, i corollari             dinamici di ciò che gli istinti sono sul piano psicologico e cioè dei modelli d’azione e di comportamento.

Le forze psichiche operanti nel processo di formazione dell’archetipo sono essenzialmente due: l’una, la percezione, fu argomento di ricerca di tutta la filosofia greca a partire dai pre-socratici, l’altra, la proiezione, è una fondamentale acquisizione della scienza moderna.

Essa è definita come processo psichico per il quale «l’individuo imprime su di un progetto o su di un essere del mondo circostante un contenuto o una valenza psichica che è propriamente e veramente una parte della sua vita interiore» (Roland Cahen).

Queste due forze sono, per ciascuno di noi, i legami tra l’in sé e il mondo; esse agiscono in maniera inversa e spesso sinergica, in un inestricabile intreccio.

La percezione proviene dall’Io, la proiezione dall’inconscio e le reciproche perturbazioni connotano il nostro modo unico e irripetibile

di interpretare la realtà sia razionale e sia irrazionale, estensiva e intensiva, limitata e illimitata, pulsionale e di libera scelta, interna ed esterna, finita e infinita così dell’universo come dell’uomo, del macrocosmo e del microcosmo.

Nella simbolica rosacruciana riluce un pentacolo profondissimo che connota l’aspirazione originaria di questa fratellanza iniziatica fiorita in pieno rinascimento germanico: dico della verità semplice, nella quale la creazione promanante dall’Uno all’Uno ritorna nei suoi processi reversivi, ivi compreso il microcosmo umano. L’Uno, simboleggiato dal sole nel cui interno risplende la parola ineffabile, distende le sue ali a protezione della fede e della scienza.

E invero il programma ecumenico di questa fratellanza, che tra le proprie file annoverò i più grandi geni non solo dell’epoca, ma di tutti i tempi (questo si può dire almeno per alcuni quali Newton,  Leibniz, Goethe), si fondò sull’ideale baconiano della sintesi tra fede e scienza, proprio nel momento in cui — siamo in pieno “600 —si andava prefigurando la grande frattura del primo meccanicismo con Cartesio.

Questo ideale rosacruciano investito dal vento illuminista e successivamente dal positivismo più greve, tuttavia non si spense lungo i secoli della rivoluzione scientifica, ma fu ravvivato da spiriti insigni quali Cantor, Hilbert, Jung, Teilhard de Chardin, K. Goodel (almeno per quanto riguarda la «fede» di questi in un moderato realismo platonico) i quali seppero esprimere visioni del mondo ove la presunzione scientifica non esclude ma assume le più profonde istanze metafisiche e trascendenti.

E a riprova cito non solo la matematica cantoriana della gerarchia degli infiniti, ma anche la teoria degli archetipi e delle dinamiche delle proiezioni psichiche, la teoria dell’inconscio come insiemi infiniti, la teoria dei «quanta» — vero Rebis della fisica — il principio di indeterminatezza, il principio antropico, che capovolge la prospettiva casualistica della fisica in una prospettiva finalistica, riesumando una sorta di neo-antropocentrismo.

E obiettività vuole che si ammetta senza indugi e riserve la parzialità dell’elenco, ma qui mi fermo.

Esso è sufficiente a far comprende che la formazione dei massoni, circa la comprensione del significato iniziatico degli istrumenti, passa anche per questi capitoli del sapere umano, che convalidano il grande messaggio iniziatico della tradizione.

La scienza — mi ripeto — ci aiuta.

L’antica scienza sacerdotale costruì gli strumenti, ne codificò le tecniche d’uso e ne sancì il valore e il significato simbolico; la nuova scienza ci aiuta a comprenderne il significato e la pregnanza archetipale.

E invero ordinare gli strumenti massonici all’interno di una enneade a simiglianza delle grandiose costruzioni di Plotino e delle correnti gnosiche, conferisce loro valenze iniziatiche ancorate alle nostre strutture più imprescrittibili ed immutabili, nate all’alba dell’umanità: gli archetipi.

Dunque tradizione e scienza sono, rosacrucianamente, depositarie autentiche di messaggi imperituri, di metodologie e di tecniche congruenti all’accesso supremo dell’arte. Gli strumenti, perfetti e indistruttibili, sono consegnati dal M.V. all’apprendista insieme agliinsegnamenti d’obbligo. Spetta all’apprendista il compito di riceverli,conservarli, comprenderli e usarli con la maestria che meritano.

Gli strumenti attivi dell’Enneade massonica sono:

— per l’apprendistato il maglietto, lo scalpello, la leva;

— per il compagnonaggio la perpendicolare, la livella, la squadra;

— per la maestria il compasso, il regolo, la cazzuola.

La Tetractys alchemico-pitagorica dispone la strumentazione su 4- 3-2 – 1 posizioni, se tra gli strumenti includiamo il grembiule (strumento passivo).

Il grembiule e i guanti

Cinque sono le fasi attraverso le quali il profano diventa apprendista:

— la discesa agli inferi (gabinetto di riflessione) o prova della Terra;

— i tre viaggi attraverso l’acqua, l’aria e il fuoco;

— il tocco della luce.

Il M.V., dopo queste fasi, consegna all’apprendista il grembiule (= la Terra dei filosofi). Il grembiule — di pelle bianca e di forma quadrilatera — con l’obbligatoria bavetta triangolare alzata per tutto il tempo dell’apprendistato, assume forma pentagonale.

Per l’apprendista il grembiule ha dunque cinque lati che gli ricordano le cinque fasi della sua accettazione, creazione e costituzione in libero muratore; inoltre gli indicano che cinque sono i sensi che egli impegna primariamente nella conoscenza materiale del mondo.

Il quadrilatero inferiore del grembiule è assimilabile al perizoma che protegge il basso ventre, mentre il triangolo superiore è una bavetta che protegge l’epigastrio.

Il significato archetipale del grembiule è di tipo passivo-protettivo sia dalle aggressioni esterne contro i centri delle emozioni (cuore) e delle passioni (genitali) sia dalle pulsioni interne promananti da 52 questi stessi centri, pulsioni che potrebbero distogliere l’apprendista dal proprio lavoro.

L’uso del grembiule è tassativo. Un antico adagio dice: «È il grembiule

che forma il massone».

Oltre a quanto già detto, il grembiule significa ancora: volontà e prudenza nel lavoro.

La prudenza è la prima virtù cardinale dell’apprendista, virtù che deve essere sostenuta dalla volontà di esprimere il massimo di tensione e di generosità nel compimento del proprio dovere.

Il vizio capitale contro cui deve lottare l’apprendista è l’avarizia.

Infatti l’apprendista deve sapersi staccare dalla terra con lena, deve sapersi donare soprattutto spiritualmente, deve debellare la propria avarizia intellettuale, in una parola deve comprendere che egli è un «semplice anello della secolare catena massonica». Il suo dovere essenziale sarà quello di trasmettere ciò che ha ricevuto dai propri predecessori ad altri apprendisti, quando sarà un vero Iniziato.

L’arte liberale associata è la geometria.

L’espressione ascetica che lo distingue è il silenzio.

I guanti bianchi

Non sono uno strumento, evidentemente, né un vero e proprio simbolo ma piuttosto oggetti rituali.

L’apprendista ne riceve due paia, uno per sé e uno da donare alla donna che stima di più.

Oswald Wirth, discepolo di Stanislao de Guaita, sostiene che essi evocano nel Massone il ricordo dei propri impegni. Qualora nel venir meno ai propri impegni ricevesse dalla donna i guanti che le donò, ella gli apparirebbe come la sua guardiana d’onote, la sua coscienza, la sua Beatrice.

Goethe quando regalò i suoi guanti di apprendista a Frau von Stein le fece osservare che la modestia del dono era riscattata dal fatto che un Massone poteva offrirli alla sua donna una sola volta nella vita.

I guanti bianchi significano onore e dignità, dolcezza, mitezza e deferenza verso tutti i FFr.’. della Loggia. Infatti, nel parlate quotidiano,

non è forse in uso l’espressione « trattare con i guanti bianchi »?

Il Massone in guanti bianchi è persona monda, le sue mani sono pulite, egli non ha assassinato alcuno, non ha lasciato vedove piangenti e figli senza guida.

Nella Cresima, rito iniziatico cristiano, il cresimando si presenta al vescovo in guanti bianchi, simbolo di purezza.

II maglietto

E il primo dei nove strumenti attivi.

La corrispondenza analogica del maglietto è l’acqua dei filosofi.

Maglietto deriva dal latino malleus, radice anche della parola «malleabile», cioè di ciò che può essere reso molle o ammollato.

Con tale parola i latini intendevano ciò che ha la proprietà di far ammollire e l’acqua ha per l’appunto questa proprietà eminente.

L’equivalenza archetipale è evidente.

La virtù cardinale associata è la temperanza, cioè quella forza di mantenere il prorompere delle passioni nei limiti della ragione allo scopo di evitare danni a sé e ad altri, insomma il contrario dell’incontinenza e per traslazione della ribellione, dell’intolleranza, dell’inclemenza e dell’immodestia.

Il vizio capitale da imprigionare è la golosità o insensata brama di masticare, cioè di ammollare i cibi in bocca.

La forma ascetica correlata a questo strumento è la solitudine.

Ciascuno è solo nel vibrare il colpo di maglietto che sgrosserà la pietra.

L’arte liberale associata e l’aritmetica, perché i colpi di maglietto si contano, sempre. I colpi di maglietto sono né uno di più né uno  di meno del necessario perché l’opera sia perfetta.

Ad un livello più profondo, l’equivalenza analogica ci aiuta a comprendere che il Massone non può essere costruttore se non conosce

la scienza dei numeri, anzi, la metafisica dei numeri. Senza questa scienza suprema il Massone non sarebbe in grado di comprendere la classificazione iniziale e fondamentale di tutti i numeri, la divina Tetractys, né il principio platonico dell’Uno e della diadeindefinita, del più e del meno, del grande e del piccolo, del razionale e dell’irrazionale, del finito e dell’infinito.

«Tu hai regolato tutte le cose in numero, peso e misura». Sap. XI, 21).

Lo scalpello

Per ragioni di omonimia con la parola latina caelum = scalpello, ma anche = cielo, l’equivalenza analogica dello strumento in questione, stabilita dalla scala philosophorum scolpita sul pilastro centrale di Notre-Dame di Parigi, è l’aria.

Lo scalpello è perciò l’aria dei filosofi dal punto di vista alchemico. E invero nel detto popolare il vento freddo e teso non è forse tagliente come un coltello? Non si dice che il vento rasa le cime nevose delle montagne come se fosse una lama?

La virtù cardinale associata è la giustizia, perché come la spada della giustizia emenda l’ingiusto dal giusto, così lo scalpello taglia ciò che eccede dalla pietra grezza per trasformarla in pietra cubica. Come la giustizia è armonia di rapporti tra i membri di una società umana, così lo scalpello, guidato dallo spirito e dalla mente dell’apprendista, imprime i rapporti armonici della forma nella materia bruta.

Il vizio capitale è la lussuria, eccesso amatorio, e come bensì  sa ciò che eccede deve essere tagliato.

La forma ascetica è il digiuno che non vuol essere privazione di cibo fino all’annientamento di sé, ma razionale continenza per raggiungere il necessario equilibrio fisico-psichico-spirituale per il compimento dell’opera.

L’arte liberale corrispondente è la musica.

Lo scalpello infatti, per essere ben adoperato, chiama in causa l’arte del discernimento, necessaria per conseguire armoniche proporzioni                    e l’armonia è per l’appunto il fondamento della musica.

Tutte le operazioni dell’arte alchemica debbono essere condotte nel rispetto rigoroso, pena la loro nullità, delle leggi di natura, le quali sono di per sé espressione dell’armonia del creato.

In alchimia il sale armoniaco era ermetica del espressione per indicare l’ascesi misto in armonia con sé e il creato, Per successive corruzioni esso ha dato il nome al sale ammoniaco della moderna chimica.

La leva

Terzo strumento attivo dell’Enneade massonica, quarto della Tetractys,

la leva simboleggia lo sforzo in vista della realizzazione del- l’opera.

Quando si pone mano ad una leva? Quando tutto è predisposto per imprimere i colpi o il colpo risolutore.

Leva deriva dal verbo levare che vuol dire anche sollevare, far apparire, alzare, far emergere come conseguenza del minor sforzo

e della leggerezza del movimento. Sin dalla più remota antichità, infatti, l’uomo scoprì che la leva moltiplicava la sua forza. Leva trae origine dalla parola latina /evis che vuol dire leggero, lieve. Se trai diversi significati di levare poniamo menteal levar del sole, cioè al « sorgere », la leva ci dice che dall’apprendista, fatto meno greve dalla maestria conseguita nell’uso degli strumenti dell’arte, si leverà (= sorgerà) il futuro maestro.

Poiché la leva sotto intende lo sforzo massimo da produrre in rapporto alle masse da sollevare, la virtà cardinale analogicamente associata è la fortezza. Datemi una leva e vi solleverò il mondo — proclama il detto famoso —. I significati correlati a questa virtù sono la magnanimità dei sentimenti e il coraggio nell’affrontare le av- verse contingenze della vita.

Alchemicamente l’elemento correlato è il fuoco dei filosofi. L’analogia è difficile da cogliere e forse sta nel fatto che il fuoco protende, leggero verso l’alto, le lingue delle fiamme.

Il vizio capitale da rinchiudere in profonde prigioni è la pigrizia. La pigrizia invita alla sonnolenza, allo sdraiarsi, posizione incompatibile con l’uso adeguato della leva nel mentre si produce il mas- simo sforzo. Per usare la leva occorre levarsi in stazione eretta. Il Massone pigro troverà mille ragioni per disertare i lavori di Loggia, schiacciato dai mille interessi profani che seppelliscono il suo cuore. Egli non adopera la leva per liberare il suo cuore!

La veglia è la tensione ascetica con la quale può combattere e vincere la greve sonnolenza del suo spirito. Nella veglia Apprendista può imparare a conoscere i segreti del suo cuore, può meditare sui simboli del Tempio e sugli ammaestramenti ricevuti.

L’arte liberale associata è l’astronomia.

La tradizione ha preceduto il segreto delle «libere associazioni» psicanalitiche di parecchi millenni.

Come è possibile arrivare dalla leva all’astronomia?

Il principio della analoticità dell’essere, sancito in via quantitativa da Aristotele e in via qualitativa o di attribuzione da S. Tommaso, ci apre la via.

L’analogia è una equivalenza di rapporti e, come tutti sanno, si possono costruire non solo proporzioni tra quattro o tre termini, ma anche proporzioni continue fra 2n elementi o termini di una  catena di rapporti.

In termini matematici avremo:

— proporzioni semplici: a:b= c:d (oppure a:b = b:c pr. continua);

— catene di rapporti:

a:b= c.d = e:f = g:h… ecc…;

a:b= b:c = c:d = d:f… ecc…

Allora sarà:

Leva : leggero = leggero : lingue (di fiamme) = fiamme : luce  = luce : sole-stelle-pianeti = stelle : astronomia.

E invero il Tempio deve essere visto, ammirato e studiato dall’A.  come uno studioso visiterebbe un moderno planetario.

In Tempio brilla, innanzi agli occhi dell’A., tutta l’antica scienza cosmica di tradizione caldeo-egizio-greca.

Sette sono le luci, sette i maestri, sette i pianeti associati, sette le stelle dell’Orsa, tre gli assi del mondo, sei i punti cardinali lungo i tre assi, ecc.; barbaglii del mistero per i nostri occhi ciechi.

La Loggia è il Cosmo.

Questa voce è stata pubblicata in Lavori di Loggia. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *