IL PERCORSO INIZIATICO E LA DIALETTICA DELLA FIABA

IL PERCORSO INIZIATICO E LA DIALETTICA DELLA FIABA

di Luciano Rossi

Abbiamo avuto occasione in passato di parlare del viaggio iniziatico del SE. I moderni conoscono alcuni processi consolidati per descrivere questo viaggiare. Tipici pro- cessi sono, ad esempio, quelli psicoterapeutici e quelli meditativi. Essi possono tuttavia non essere noti ai lettori di questa rivista: sappiano però, questi ultimi, che tali viaggi ricalcano abbastanza da vicino quelli gnostici e alchemici, nei confronti dei quali i Massoni hanno molta più dimestichezza.

Ma anche altre, e ancora più arcaiche, sono, al di là di queste ultime, le fonti iniziatiche cui la nostra attenzione può andare. Il percorso necessario per arrivare al Sé non era sconosciuto agli antichi. La fiaba e il mito. per esempio, sono un’indubbia, ed affascinante, testimonianza di questo viaggiare.

Ed è soprattutto dell’iniziazione nella fiaba che vogliamo ora parlare, è non per ricalcare studi ormai classici e ben noti, bensì per sottolineare ed enucleare qual cosa di più caratteristico: un modello tipico di viaggio, che fiaba e mito evidenziano con molta (ancorché fino ad ora poco esplicitata) chiarezza. Lo farò servendomi di uno studio? recente (Roberta Rossi: La dialettica dell’individuazione) in cui tale modello tipi cosi presenta in una nuova veste. particolarmente semplice, elegante e formalizzata.

Si dice, in tale studio, che le fiabe perpetuano una tradizione orale che, iniziata attorno ai fuochi della preistoria, si diffonderà poi nei sentieri e nelle piazze, nella strade e nei templi … fino a raggiungere anche i Templi massonici.

Grandi emozioni, scrive R. Rossi. psicoanalista di formazione Junghiana, dovevano sollevarsi nei cuori del popolo della radura. Fu là, fu allora, che gli archetipi mostrarono, per la prima volta, il loro potere, la loro enorme energia. E fu per il tramite di miti e di fiabe che l’uomo poté entrare in contatto con queste cariche psichiche intense).

Dice del resto Jung: {Miti e fiabe sono] simboli strumentali tramite i quali i contenuti inconsci possono essere canalizzati nella coscienza e lì integrati e interpretati.

In tal modo possiamo considerare la fiaba come la narrazione, a livello simbolico, non solo del percorso personale, ma anche di quello tipico collettivo. Infatti le fiabe. in quanto storie con un inizio, un decorso e un termine, possono allora essere viste anche come rappresentazioni di forme tipiche del processo d’individuazione. […] Nonostante la forma specifica assunta dal cammino particolare d’ogni uomo, gli elementi, da cui tale forma risulta, sono comuni a tutti e certe relazioni fra aspetti della psiche sono costanti, tanto da poter essere rappresentate in Modo tipico nelle fiabe?.

In ogni fiaba, ci dice Rossi ricorri il medesimo schema narrativo: il  protagonista si trova [sempre], per una serie di circostanze, a dover affrontare un cammino. Il suo scopo è il raggiungimento di un oggetto prezioso, fondamentale per lui, per realizzare il suo progetto. L’eroe, d’ora in poi lo chiameremo così, si deve però sempre confrontare con varie difficoltà per raggiungere la sua meta.

Del resto, sostiene Von Franz, la cosa preziosa difficilmente raggiungibile è sempre rappresentata da un cerchio, una sfera, dalla pietra filosofale, dalla stella o dal diamante ecc. Ma questo centro dell’anima è insidiato da pericoli, e incontrarlo costituisce un’esperienza sconvolgente.

E’ la meta ultima del viaggio di ricerca dell’eroe che incontriamo nelle fiabe e nei miti e, perlopiù, è anche il fine ultimo delle religioni superiori.

Questa mera ultima altro non è che un simbolo del Sé, pietra levigata, nucleo interiore di natura divina. Meta, allora, che, proprio per questo suo carattere, dice Rossi, fa apparire il processo d’individuazione (e quello iniziatico, aggiungiamo noi) come un processo connaturato all’uomo: spontanea realizzazione di un piano strutturale interno, vero e proprio programma che determina lo sviluppo della relazione fra l’io e l’inconscio, e che porterà al raggiungimento del Sé. Non è certo naturale vivere spontaneamente questo Sé nascosto: ma naturale, connaturata, è la spinta a cercarlo, a liberarlo, facendolo finalmente vivere. Si vede da quanto sopra come il Sé sia una sorta di artificiale naturale; più tardi in Natura Naturans, Rossi chiarirà ulteriormente l’artificiale naturalità dell’individuo individuato.

Ma, una volta chiarito questo concetto, ben presto il saggio passa ad   occuparsi dell’aspetto dialettico delle fiabe. E lo fa là dove comincia a parlare della struttura di base della fiaba rifacendosi a Vladimir Propp e al suo ben noto studio sulla morfologia del racconto fiabesco.

In queste storie esistono, secondo Propp, elementi costanti ed elementi

variabili. Cambiano, ad esempio, i nomi dei personaggi, ma ciò che questi fanno rimane costante. La ripetitività delle loro azioni è significativa e costituisce la struttura fondamentale della fiaba. Queste

azioni caratteristiche, o funzioni, come le chiama Propp, sono straordinariamente poche e la loro successione è sempre identica. La fiaba ha dunque struttura monotipica. L’impossibilità di trovare nuove funzioni,oltre quelle tipiche, fa sì che l’esame morfologico dell’esperto possa limitarsi a poche fiabe.

Evidentemente la produzione, e la proiezione, del materiale psichico

più profondo, mostra che i contenuti transpersonali, collettivi, sono universali; che abbiamo un inconscio collettivo, una parte di psiche comune  a tutti, e che è lui, quest’inconscio comune, a produrre il materiale delle fiabe. Le fiabe trattano dunque di qualcosa che appartiene alla nostra comune psico-neuro-fisiologia.

E dice Rossi:

Vediamo allora quali sono alcuni di questi elementi, sempre presenti secondo l’analisi di Propp. Ne elencheremo, abbiamo detto, solo alcuni. Ma, anche se l’elenco viene qui proposto in forma ridotta, sono in verità trascurati soltanto elementi di minore significatività o poco determinanti

ai nostri scopi. Ecco allora gli elementi per noi di maggior respiro narrativo:

1 – All’eroe è imposto un divieto

2 – Il divieto è infranto.

3 – Uno dei membri della famiglia si allontana da casa

4 – Entra in scena l’antagonista.

5 – L’antagonista tenta di ingannare l’eroe.

6 – L’eroe cade nel tranello.

7 – L’eroe è messo alla prova come preparazione al conseguimento di un mezzo o di un aiutante magico.

8 – Il mezzo magico perviene in possesso dell’eroe.

9 – Per mezzo di esso l’eroe si trasferisce, è portato o condotto sul luogo dove si trova l’oggetto delle sue ricerche.

10 – L’eroe e l’antagonista ingaggiano direttamente la lotta.

11 – L’antagonista è vinto.

12 – È rimossa la sciagura o0 la mancanza iniziale.

13 – L’eroe ritorna.

14 – L’eroe si sposa e sale al trono.

Ma, passando poi ad analizzare questi 14 elementi funzionali, Rossi fa notare che essi possono essere raggruppati ulteriormente in cinque classi d’eventi o condizioni.

A) L’eroe si trova in una condizione iniziale limitante (divieto, assenza d’oggetto del desiderio). (Fase iniziale). (Punto 1 dell’elenco)

B) L’eroe trova la forza di disubbidire e di abbandonare il campo che lo vede privo di potenza. (Primo movimento). (Punti 2 – 3)

C) L’eroe è lontano da casa, alla ricerca di un oggetto importante per lui, che lo farà partecipare al potere ed entrare in una nuova condizione. Compie un’impresa o un viaggio pericoloso, pieni d’ostacoli. Ha Uno o più antagonisti. Il destino vuole la sua vittoria e lo soccorre sotto forma d’aiutante dotato di poteri sovrannaturali. L’eroe dà prova di tenacia, supera tutte le battaglie, merita la fine delle sue prove e del suo esilio. Trova l’oggetto cercato. (Seconda fase). (Punti 4 -12)

D) L’eroe ritorna. (Secondo movimento, opposto al primo). (Punto 13)

E) L’eroe cambia status, entra nel mondo degli adulti. (Terza fase).

(Punto 14)

Tre condizioni fondamentali (tre dimore), dunque, e due movimenti (due abbandoni di dimora). Ecco messo a punto il modello dialetticoche l’Autrice, introducendo un neologismo (almeno lo è perla filosofia),definisce quinario. E così precisa le tre condizioni: Dimora presso la casa ola famiglia, abbandono della prima dimora, dimora variabile (nomadismo in terra inospitale piena di prove e d’insidie, peregrinatio vitae) abitata nel pericolo e senza sostegni familiari, dimora presso una seconda casa in condizione di maggiore potenza, capacità o ricchezza

esistenziale.

Lo studio in questione ci dà tutta una serie d’insegnamenti espliciti. Occorre lasciar andare la rassicurante condizione originaria, per quanto dolce essa sia. La ricerca di una condizione nuova richiede prove, dolore, pericoli, solitudine, lontananza, viaggio iniziatico. Ma quando la ricerca è compiuta è bene tornare là da dove si era partiti perché è là che il tesoro scoperto va integrato. Rossi ci parla dei pericoli, ma ci dice anche che il nostro istinto ci guiderà, alla stessa stregua del principium individuationis.

In conclusione possiamo dire che il tema del ritorno è molto diffuso; archetipico diremmo. Anche il Gabbiano Jonathan, che aveva lasciato il branco per le Scogliere Remote, dopo la sua iniziazione vorrà tornarvi

per il bene della collettività.

Ci è facile individuare anche nel percorso massonico tre fasi e due movimenti: 1) condizione profana carente, 2) iniziazione 3) levigatura della pietra, 4) uscita dai Templi, 5) portare la propria levigatura nella società, da dove si era venuti, … per il bene della Patria e dell’Umanità. Chi avesse letto Il gioco delle perle di vetro di H. Hesse ricorderà di aver trovato anche lì il tema del ritorno di Knecht nella più vasta società.

Il tema dell’operare concreto della Massoneria nel sociale con progetti di sviluppo per offrire ad un numero sempre maggiore di donne e uomini  i propri misteri iniziatici, la propria tradizione, i propri Templi, è dunque argomento d’importanza decisiva. È una questione di completezza. Occorre sempre arrivare alla sintesi, altrimenti. senza un’’applicazione sociale concreta del nostro perfezionamento, rischiamo di aver lavorato invano, di esserci preparati unicamente per fini interni o, peggio ancora, individuali. Solo uscendo dalle Logge e andando verso il Mondo si ritorna al punto di partenza, come l’eroe della fiaba, come il gabbiano Jonathan, per metterci al passo con chi desidera contribuire al processo di sviluppo dell’umanità e giocarci un ruolo importante, non per noi, ma per l’uomo.

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