IN MEMORIA DI ERNESTO D’IPPOLITO

IN MEMORIA DI ERNESTO D’IPPOLITO

Gianfranco Marcelli

Nel pomeriggio del 29 aprile 2017, all’età di 84 anni, concludeva la sua parabola terrena l’Illustrissimo Fratello Ernesto d’Ippolito, lasciando sgomenti la moglie, i parenti e quanti (tantissimi) hanno potuto conoscere ed apprezzare le sue doti professionali, umane, intellettuali e morali. Quando qualcuno arriva alla conclusione della sua vita terrena, viene ricordato per l’impegno professionale oppure per quello

culturale oppure, ancora, per quello nel sociale oppure, infine, per le sue virtù iniziatiche. L’Illustrissimo Fratello d’Ippolito deve essere ricordato per tutto questo e per altro ancora.

Diventa, quindi, arduo cercare di racchiudere in poche pagine il suo ricordo; io proverò a farlo, sapendo già che, nonostante tutto l’impegno, non riuscirò a tracciare compiutamente tutte le sue espressioni di vita.

Nato nel 1933, nel 1955 si laureava in Giurisprudenza a Roma con il massimo dei voti e nel 1957 iniziava la sua carriera di avvocato penalista; sessant’anni, quindi, di attività professionale. «Già Consigliere Segretario del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Cosenza nonché Presidente dell’Unione degli Ordini Forensi della Calabria,- gli avvocati del foro di Cosenza – ne ricordano l’elevato ingegno, la vasta e profonda cultura, espressa anche in veste di Presidente dell’Accademia Cosentina e di altre istituzioni, lo strenuo impegno per la difesa dei diritti di libertà ed il prolungato contributo quale amministratore civico. Maestro del diritto penale per generazioni di avvocati, anticipatore di una visione moderna del processo e promotore di una Scuola giuridica costituente lascito imperituro.»

Proprio i rappresentanti di quelle generazioni di avvocati hanno assicurato il picchetto d’onore durante l’esposizione della sua salma all’interno dell’aula della Corte d’Assise del Tribunale di Cosenza per tutta la giornata del 30 aprile.

Quindi quegli avvocati hanno sentito la necessità di allargare il panorama delle sue peculiarità, sapendo di non poter limitare il loro ricordo alla sola attività professionale; sarebbe stato certamente riduttivo! Il Sindaco del Comune di Cosenza, nell’immediatezza della notizia della sua scomparsa, si è espresso così: «La nostra città perde una guida illuminata, un maestro del foro, che ha rappresentato un esempio non solo per i tanti praticanti avvocati che ne hanno assorbito gli insegnamenti, un galantuomo d’altri tempi capace di visioni lungimiranti. Oggi ci lascia Ernesto d’Ippolito e Cosenza è davvero più povera. Con d’Ippolito perdiamo una personalità complessa che, tra le numerose attività della sua esistenza, ha saputo segnare in maniera profonda il percorso della storica Accademia Cosentina, di cui è stato presidente. Coltivava il dialogo, il dubbio, l’essere perbene. Mi piace ricordare che nel 2013 la Commissione Cultura di Palazzo dei Bruzi gli assegnò un riconoscimento per la figura di primo piano che incarnava

e che ha sempre dato lustro al territorio anche nel ruolo di consigliere comunale, svolto per 18 lunghi anni…»

Di nuovo il riferimento al suo grande e qualificato impegno culturale e sociale! Ancora la città ricorda i suoi interventi in Consiglio Comunale

da liberale atipico, che interpretava gli ideali del suo partito con assoluta indipendenza intellettuale; veniva considerato un “liberale di sinistra”, proprio perché, comunque, il suo impegno era sempre rivolto all’uomo, alla difesa della sua libertà e della sua dignità. L’impegno politico, quindi, come espressione di tolleranza, di disponibilità.

Ed intanto affinava costantemente la sua cultura, spinto e sorretto dalla “curiosità” tipica delle persone molto intelligenti e da una memoria eccezionale; nella sua casa lo circondavano scaffali a tutta parete zeppi di libri, non solo di legge, ma anche di storia, di letteratura, di cultura iniziatica, disposti in un ordine che solo lui conosceva e che gli dava la possibilità di ritrovare immediatamente quel che cercava.

Da accademico della prestigiosissima Accademia Cosentina metteva a disposizione della città quella cultura; negli ultimi anni, da Presidente, è riuscito a portare nella sala dell’Accademia illustri personaggi di rilievo nazionale, cultori di storia, di letteratura, di scienza.

Ha assicurato, quindi, alla città una palestra d’ingegno, inducendo una meravigliosa apertura di idee e di conoscenza; un patrimonio incalcolabile. Ma la costante attenzione all’uomo ed alle sue esigenze materiali ed immateriali lo ha portato anche verso il Rotary, di cui era ormai un decano; con la sua solita ironia, ricordava spesso di essere il più “vecchio” rotariano calabrese.

Socio del club “Cosenza”, di cui era stato anche Presidente, nel 1986, su incarico del Governatore Distrettuale dell’epoca, si staccava da quel club per costituirne uno nuovo, che prendeva il nome di “Cosenza Nord”; ne fu il primo Presidente e, con un entusiasmo mai sopito, ne è stato guida sicura fino alla morte. I soci del suo club, degli altri club del territorio, della Calabria ed oltre hanno potuto abbeverarsi alla sua cultura e fare tesoro del suo impegno, delle sue idee, del suo anelito costante all’innovazione, intesa come continua spinta all’attualizzazione dei principi rotariani in funzione dei mutamenti della società, in modo da coglierne le criticità da superare e le novità da apprezzare. I soci del suo club cosi si sono espressi nell’immediatezza della scomparsa: «Socio fondatore e primo Presidente del Club, grati,

i soci rinnovano nel ricordo i suoi insegnamenti, che hanno sempre rispecchiato i valori fondamentali dell’Uomo e del Rotary.»

Ma di tutto questo esiste sicuramente una sintesi, una causa propulsiva: il suo essere massone sempre e comunque, in ogni occasione, di fronte a qualsiasi interlocutore e, soprattutto, di fronte alla sua coscienza. Iniziato da oltre cinquant’anni, aveva percorso tutte le tappe del perfezionamento iniziatico. Membro effettivo della R.L. “Bruzia – Pietro De Roberto 1874” n. 269 all’Oriente di Cosenza, ne era stato splendido Oratore, attento Primo Sorvegliante e grandissimo Maestro Venerabile. Sin da allora la Loggia, che annoverava nel suo piè di lista fratelli eccellenti, primo fra tutti l’indimenticabile ed indimenticato Ettore Loizzo, si proponeva come guida per la Massoneria

Cosentina e non solo. Le grandi capacità oratorie del fratello d’Ippolito lo imposero in tutta al Calabria ed oltre i confini della Regione fino a fargli ricoprire il ruolo di Grande Oratore Aggiunto. Intanto veniva cooptato nel Rito Scozzese Antico ed Accettato, nel quale scalava l’intera piramide fino a raggiungere il 33° grado.

Conosciuto ed apprezzato dai Grandi Maestri dell’Ordine e dai Sovrani del Rito, che nel tempo si susseguivano, venne nominato “Gran Maestro Onorario” e “Membro Onorario del Supremo Consiglio del Rito Scozzese”. Resteranno indimenticabili le sue tavole, incise sia nell’Ordine sia nel Rito, i suoi interventi in convegni pubblici organizzati dall’Ordine e dal Rito, in generale le sue lezioni di cultura iniziatica, dispensate ad ogni livello di perfezionamento. Era impressionante la sua capacità di trattare lo stesso argomento nelle varie camere dell’Ordine e del Rito, riuscendo a non travalicare i limiti della camera nella quale lo affrontava. Una mente lucidissima, allenata allo studio, all’analisi ed alla sintesi, intrisa di principi immutabili ed universali, ma sempre rivisitati ed adattati all’uditorio.

Con orgoglio posso dire di essergli stato molto vicino, di aver goduto dei suoi insegnamenti, offerti, a volte, con rimproveri mai sopra le righe, altre volte, con lodi mai sperticate e sempre abbisognevoli delle necessarie successive conferme: insomma una scuola continua. E di questa scuola hanno usufruito appieno tutti i fratelli della sua amatissima Loggia, che oggi sentono, forse più di altri, il vuoto lasciato dalla sua perdita; ma i suoi insegnamenti non andranno perduti, anzi, la responsabilità di appartenere alla Loggia che fu di d’Ippolito contribuirà a far ulteriormente crescere i fratelli della “De Roberto”; quelli che lo hanno conosciuto e quelli che lo conosceranno attraverso le loro testimonianze. Voglio ricordare una delle mie ultime esperienze vissute accanto ad Ernesto d’Ippolito.

Nei primi giorni dello scorso mese di marzo, quando il corpo lo stava pian piano abbandonando, ma la mente era ancora perfettamente lucida, ha voluto esprimersi anche in merito all’azione che stava portando avanti la Commissione Parlamentare Antimafia per venire in possesso degli elenchi dei fratelli calabresi e siciliani. Ho avuto modo di confrontarmi con lui sui contenuti di una lettera, che aveva inviato al Presidente del Collegio Circoscrizionale della Calabria, con la quale era riuscito ad esprimere tutto l’orgoglio del suo essere massone e tutto il disprezzo per l’azione che la Commissione stava portando avanti.

Ritengo utile riportarne un brano, perché sia il suo ultimo insegnamento per tutti i liberi muratori.

«…Per chi nasce da una cultura della logica e del raziocinio (Immanuel Kant), da una tradizione illuminista (D’Alambert, Diderot, Rousseau), è davvero agevole mostrare quanto infondate siano ed appaiano le pretese di investigazione all’interno di una iniziazione esoterica. E di come, ancor più, sia ed appaia come odiosa la “stranezza” (“stranezza”?), sol che si rilevi come il tentativo di devastare la privacy dei Massoni ne esalti l’ingiustizia. Ci saremmo aspettati, prima e più, indagini sugli iscritti dell’Opus Dei. E poi partiti politici, sindacati, complessi industriali organizzazioni economiche. Ed invece no. La Massoneria e solo la Massoneria, e nessun altro, e nessuno prima, e nessuno invece. Ma una volta stabilito (è facile, è scontato, è evidente)

che la ragione sta dalla parte dei Massoni, e di quanti oggi curandone gli elenchi ritengono adeguatamente tutelati i doveri costituzionali, attraverso il puntuale deposito, presso la Questura, di quanti siano stati iniziati (ci si “iscrive” ad un partito, ad un sindacato, ad una associazione culturale. L’iniziato è iniziato. Riceve un afflato, la trasmissione di una verità, il privilegio di etiche più sofisticate), ma una volta stabilito chi ha ragione e perché, ne discende che, dunque, pertanto, per questo, si deve intrattenere il lettore? Oppure il democratico convinto, il liberale più coerente ha il diritto di rinunziare, per una volta, alla tutela dei propri diritti, mostrando, anche così, da che parte sta, stava, starà, il Massone? Ecco. Io desidero rivolgermi ai responsabili di tutte le Logge della Calabria, ai Maestri Venerabili di tutte le Officine di questa Regione. Perché, consapevoli delle ragioni, giuridiche ed etiche, in virtù delle quali non esiste ragione giuridica e/o morale perché gli elenchi degli iniziati Massoni, oltre che alle Questure d’Italia, siano consegnati ad altri organismi od istanze, chiedo che, dunque, siano consegnati anche agli appunti privati dell’Onorevole Bindi. E mi sia consentito di cominciare l’elenco. Sono Ernesto d’Ippolito, da oltre 50 anni Iniziato alla Massoneria Universale…»

Voglio chiudere queste mie pagine con le delicate parole che l’Illustrissimo e Venerabilissimo Gran Maestro Stefano Bisi ha espresso nell’immediatezza del passaggio all’Oriente Eterno dell’Illustrissimo fratello Ernesto d’Ippolito: «Una volta mi accolse con una sua poesia. La tengo ancora nell’album dei ricordi più belli.”

Hiram n.2/2017

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