IL CANTO DEI CIGNI

IL CANTO DEI CIGNI

DI PLATONE

E, come pare, nell’arte divinatoria io vi sembro essere più incapace dei cigni, che quando si accorgono che bisogna che essi muoiano, pur cantando anche nel tempo di prima, allora proprio cantano moltissimo e benissimo, essendo contenti perché stanno per andarsene presso il dio del quale sono ministri. Gli uomini invece per la propria paura della morte anche sui cigni mentono, e dicono che essi lamentando la morte cantano per dolore, e non tengono presente che nessun uccello canta quando ha fame o ha freddo o soffre qualche altro dolore, né l’usignolo stesso e la rondine e l’upupa, uccelli che appunto dicono cantare lamentandosi per dolore. Ma né questi uccelli mi sembrano cantare soffrendo né i cigni, ma, credo, in quanto sono sacri ad Apollo, sono profetici e prevedendo le cose buone che stanno nell’Ade cantano e si rallegrano in quel giorno più intensamente che nel tempo di prima. E io penso di essere anche io compagno di servitù dei cigni e sacro allo stesso dio, e di avere non meno di quelli la capacità divinatoria da parte del padrone, e di non allontanarmi dalla vita più tristemente di loro.

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