LA LOGGIA E’ UNA SOCIETA’ DI MURATORI

LA LOGGIA È UNA SOCIETÀ DI MURATORI.

Più esattamente, è una corporazione di mestiere (una “gilda”), che raggruppava in origine, sotto la direzione di un maestro, un gruppo di operai specializzati (per esprimerci con una terminologia moderna) intenti a lavorare nella costruzione di un edificio.

È sommamente probabile che agli inizi della Massoneria operativa medioevale la Loggia non fosse una organizzazione permanente, ma si costituisse di volta in volta, quando il committente (the Lord, il Signore degli Antichi Doveri) affidava una nuova costruzione. Il maestro, che riceveva la commissione, associava a sé gli operai di cui aveva bisogno (i carpentieri, tagliapietre, i muratori, ecc.). La progettazione dell’opera richiedeva certamente lunghe discussioni fra gli operai e probabilmente la prima costruzione che veniva eretta sul luogo dei lavori era una tettoia o un porticato, che consentisse di riunirsi al riparo dalle intemperie, cioè un loggiato o loggia, donde poi per traslato il nome della stessa associazione di mestiere.

Ricordiamo che da questi loggiati, un tempo assai semplici e costruiti in legno a scopi puramente pratici, deriveranno in epoca più tarda alcune costruzioni di rara eleganza: e basterà citare la più nota, cioè la fiorentina Loggia dei Lanzi.

La complessità sempre maggiore delle fabbriche, molte delle quali, a distanza di tanti secoli, non sono ancora finite, ha tuttavia reso a poco a poco permanenti quelle Logge, che inizialmente erano destinate a durare solo per il breve arco di tempo strettamente necessario a finire una costruzione.

Fra l’altro, mantenere permanentemente in vita la Loggia comportava numerosi vantaggi.

Il primo, quello di poter contrattare con i committenti i servigi e quindi la mercede di tutto il gruppo di operai; e si trattava di un vantaggio assai notevole e concreto in un mondo che, passati ormai i secoli più oscuri, diventava più ricco grazie ai miglioramenti delle colture agricole e all’ampliarsi dei commerci e dove ogni comunità aspirava quindi ad abbellire la propria città con qualche edificio più nobile e solenne, creando così sempre nuove occasioni di lavoro.

Il secondo, quello che una Loggia a durata illimitata permetteva di istruire nuovi operai e di trasmettere quindi in modo sicuro e graduale i segreti del mestiere, oggi diremmo la scienza e la tecnica della costruzione.

Il terzo, quello di non abbandonare all’indigenza quegli operai, che la vecchiaia o l’infortunio avessero reso inabili al lavoro manuale. Come è noto, la sussistenza dell’individuo veniva in quei tempi assicurata principalmente dalla famiglia, dove ognuno apprendeva da adolescente a lavorare il campo o in bottega, dava il meglio delle sue energie nella gioventù e nella maturità, e veniva mantenuto in vecchiaia, contribuendo ancora al benessere comune, se non con il lavoro delle braccia, almeno con i consigli di una esperienza lentamente e faticosamente maturata. Il progresso dei tempi ha ormai tolto alla famiglia la massima parte del suo contenuto economico-patrimoniale. Ma non dimentichiamo che la famiglia di tipo patriarcale, dalla quale il figlio che si sposa non esce per formare una nuova famiglia, ma anzi nella quale apporta la sua donna e i figli che ne nasceranno, é durata nelle campagne, con poche modifiche, fino a 50 anni fa.

I muratori del Medioevo, soggetti a spostamenti relativamente frequenti a seconda delle commissioni che ricevevano, non potevano certo fruire dei vantaggi familiari che assicuravano agli altri uomini la certezza del futuro.

Ecco allora che l’esistenza di Logge senza termini di durata, di cui il muratore faceva parte fino alla morte, veniva a costituire un valido ed efficiente sostituto della famiglia naturale. Tutti i membri della Loggia contribuivano alla fabbrica in costruzione, ognuno nei limiti delle proprie capacità e delle proprie possibilità, come avveniva per i fratelli di una famiglia di sangue, né i vecchi inabili venivano allontanati, ma si considerava doveroso e meritorio assisterli e nutrirli nei limiti del giusto.

E non é quindi senza motivo che i Liberi Muratori si chiamano tuttora fra loro “Fratelli” e parlano della corporazione dei massoni come della “Famiglia”.

Così, per molti secoli, la Loggia fu nel contempo associazione di mestiere e scuola, ordine professionale e università di studi.

Scuola ove si apprendeva la scienza della Geometria e l’arte della costruzione, associazione di mestiere perché solo nell’ambito e sotto il patrocinio di una Loggia il maestro muratore poteva di fatto e di diritto esercitare l’Arte Reale, cioè l’arte delle cose (dal latino “res”).

È tuttavia evidente che la Loggia non fu soltanto una “gilda” euna scuola professionale.

La necessità della collaborazione di tutti per il migliore andamento del lavoro e le conseguenti e frequenti discussioni fra gli operai devono aver fatto delle Logge dei luoghi d’incontro, dove il manifestare la propria opinione era consentito e incoraggiato e dove pertanto gli altri associati erano tenuti ad ascoltare con attenzione e rispetto, perché in ogni maestro parlava la voce di una esperienza, e quindi di una verità, meritevole di essere acquisita e meditata. Ecco quindi affermarsi un clima di tolleranza e di libertà di ricerca e di parola, che con l’andare del tempo costituiranno la carica spirituale che trasformerà la Massoneria da operativa in speculativa.

Così, a poco a poco, gli strumenti di lavoro (squadra, compasso, livella, filo a piombo, maglietto, ecc.) assumeranno significati diversi da quelli puramente materiali; nascerà in tal modo il simbolismo della Massoneria e, con i simboli e grazie al significato universale dei simboli, si affinerà e si perfezionerà lentamente la sua missione di corporazione universale di uomini liberi e di buoni costumi che, nella libertà e grazie ad essa, perseguono il miglioramento dell’Umanità per mezzo del miglioramento di sé stessi.

Tuttavia, la trasformazione della Massoneria in senso simbolico non deve farci dimenticare che le regole organizzative che seguiamo, spesso senza renderci conto del loro intimo significato, derivano in forma diretta dalle regole della Massoneria operativa e sono espressione del fatto che la Loggia è tuttora una corporazione di mestiere, anche se il termine “mestiere” non esprime più una semplice condizione professionale, bensì una complessa ed universale realtà spirituale.

Per esempio, il principio secondo il quale il massone non cessa di essere tale anche se il suo rapporto con la Loggia si interrompe è vero in due sensi: quello originario e cioè professionale e quello più recente e cioè esoterico-spirituale.

È vero infatti che l’iniziato non può cancellare il fatto della sua iniziazione, che é una esperienza spirituale irripetibile ed incancellabile anche per chi – per avventura – non l’abbia ben compresa ed assimilata. Ma è vero anche che, per esempio, un ingegnere o un medico non cessa di essere tale anche se si dimette o se viene impedito dal suo Ordine professionale e per conseguenza risulti il suo diritto all’esercizio della professione.

Così pure, la trasformazione delle finalità della Massoneria e i vari apporti spirituali che in essa sono confluiti nel corso del tempo, come pure il costituirsi di organizzazioni massoniche più vaste e complesse e articolate, non deve farci dimenticare che, per lunghi secoli, la Loggia, e solo la Loggia, é stata la Massoneria.

Ogni Loggia nasceva, viveva e moriva (se ci sono concesse queste espressioni antropomorfiche) in perfetta indipendenza rispetto alle altre Logge, secondo propri regolamenti e senza dipendenza da altri Corpi superiori, anche se esistevano rapporti di reciproca collaborazione e anche se i muratori di altre Logge venivano volentieri ricevuti come visitatori e assistiti nelle loro necessità.

È in questo quadro che trova fondamento l’affermazione, che abbiamo tutti sentito spesso ripetere, secondo la quale la Loggia é autonoma e sovrana. Facciamo attenzione al significato dei termini: l’autonomia, che significa capacità di autogovernarsi, almeno entro certi limiti, può venir concessa da altri. La sovranità no; la sovranità è per sua natura un fatto originario: si è sovrani “iure proprio”. E questo è proprio il caso della Loggia, associazione di massoni che nella sua propria originaria natura e nella legittima continuità storica, cioè nella derivazione legittima da altre Logge precedenti e così via a ritroso fino alle Logge operative medioevali, trova il fondamento del proprio diritto all’autogoverno.

E qui forse cade opportuno un accenno al concetto di continuità e di derivazione storica. È evidente che, al tempo della Massoneria operativa, la prova che una Loggia massonica fosse realmente tale era “in re”, nelle cose. Una Loggia poteva venir costituita solo da maestri massoni che nei fatti dimostrassero di conoscere l’Arte Reale, per esempio progettando e dirigendo la fabbrica di un Tempio. E poiché il maestro massone diventava tale in una Loggia, ecco così assicurata la legittima continuità fra la Loggia di provenienza e la nuova Loggia da costituire.

Ma quando, a poco a poco, nelle Logge prevalsero i massoni accettati (e cioè speculativi), sorse inevitabilmente il problema di come accertare la legittimità della costituzione di una nuova Loggia. Il principio che solo dei Maestri potevano creare Logge, pur restando sempre valido, non bastava più da quando il termine Maestro aveva assunto un significato prevalentemente iniziatico. Bisognava trovare un modo per accertare senza ombra di dubbio che i fondatori di una nuova Loggia avessero veramente i titoli necessari, fossero cioè veramente dei Maestri.

Ed ecco allora (poiché certi eventi storici che si rivelano decisivi e che producono effetti destinati a perpetuarsi nel tempo, non avvengono senza una ragione profonda), ecco allora che quattro Logge londinesi decisero nel 1717 di costituire una nuova Loggia (cui daranno il nome di Gran Loggia per distinguerla dalle altre), cui le Logge fondatrici e le altre, che presto aderiranno, conferiranno i poteri e il compito di stabilire regole uniformi valide per tutte le Logge all’obbedienza e soprattutto il compito essenziale di accertare la legittimità della creazione di nuove Logge. Tale accertamento assumerà la forma di un documento, che nei paesi anglosassoni viene chiamato “charter o warrant” e da noi si chiama “bolla di fondazione”.

L’emissione di un “charter” da parte di una Gran Loggia, o per essa dal Gran Maestro, é condizione essenziale, sine qua non, perché una nuova Loggia possa venir creata. Tuttavia, occorre sottolineare che la nuova Loggia viene ad esistere per un atto di volontà collettiva dei suoi fondatori e non per effetto dell’emissione della Bolla, che è condizione essenziale ma non sufficiente.

Per spiegarci meglio, facciamo un esempio. In una associazione profana, l’autorità centrale può creare di sua iniziativa sezioni periferiche, anche nei luoghi dove non abbia ancora aderenti. Manderà un suo delegato, un commissario, che costituirà la sezione e comincerà a cercare soci.

Ma nessuna Gran Loggia può creare Logge nello stesso modo.

Occorre che un gruppo di maestri massoni esprimano di loro iniziativa la volontà di costituirsi in Loggia e chiedano al Gran Maestro l’emissione del “charter”. E non basta: ottenuta la Bolla, occorre che effettivamente costituiscano la Loggia e la installino nelle forme rituali, ripetendo così e suggellando con la propria originaria volontà l’atto sovrano che i maestri massoni operativi compivano nei secoli trascorsi quando per loro spontanea decisione creavano una nuova Loggia.

E questa sovranità si manifesta in ogni atto importante della Loggia, la quale, una volta costituita, non può venir condizionata nel suo lavoro muratorio se non nei limiti della delega di poteri che le stesse Logge abbiano conferito alla Gran Loggia (delega che trova la sua formulazione giuridica nella Costituzione approvata dalla universalità delle Logge legittimamente rappresentate nella Gran Loggia).

La Loggia, insomma, non è una sezione locale della Gran Loggia, ma è, al contrario, un corpo rituale originario e sovrano che mediante un proprio atto volontario, espresso normalmente “ab initio”, cioè all’atto della sua costituzione, si è posta all’obbedienza di un’altra Loggia (perché la Gran Loggia é essa stessa prima di tutto una Loggia), avente una particolare composizione e particolari compiti, che le sono attribuiti per volontà collettivamente espressa dalle Logge che ne dipendono – ma che anche – tramite i loro Maestri Venerabili, la compongono.

Così nella conoscenza e quindi nella consapevole accettazione della Tradizione, la Loggia appare sempre più il momento essenziale della vita di ogni libero muratore, che tanto più acquisirà il senso intimo del proprio “mestiere” di massone, quanto più diverrà consapevole dei legami strettissimi ed irrinunciabili che intercorrono fra la Massoneria del passato e quella del presente. È proprio dal fluire ininterrotto di esperienze secolari, è proprio dal continuo accrescersi del deposito di secolare saggezza, che la Massoneria trae la sua perpetua validità.

E chi si volge allo studio del passato, sa che dal passato può trarre nuova forza e nuovo alimento per progredire verso il futuro sulla via della costruzione del Tempio, sul fondamento incrollabile delle Tre Grandi Luci che illuminano il faticoso lavoro dell’Officina: il Libro, la Squadra e il Compasso – la Tradizione, la Rettitudine, la Ragione.

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