GARIBALDI ANTICLERICALE

Garibaldi anticlericale

Eroe dei due mondi, ma anche campione di anticlericalismo. Sono questi i connotati più vividi depositati nella storia sulla figura di Giuseppe Garibaldi.

E se come abile e coraggioso condottiero la sua fama fu conclamata in ogni continente (così lo definì Emile Berrault “Un uomo, che, facendosi cosmopolita, adotta l’umanità come patria e va ad offrire la spada ed il sangue a ogni popolo che lotta contro la tirannia, è più di un soldato: è un eroe”, frase riportata da Alexandre Dumas nella sua “Memorie di Giuseppe Garibaldi), risulta invece meno ricordato ed ancor meno rimarcato ai giorni nostri, forse per timido opportunismo, il suo acceso anticlericalismo.

A parte la sprezzante definizione che egli affibbiò a Papa Pio IX (“Un metro cubo di letame”), definendo al tempo stesso “concistoro di lupi” il Concilio Vaticano I che il medesimo Pontefice convocò a Roma nel 1869 per conclamare il dogmna dell’infallibilità del Papa, lo stesso Garibaldi, massone, “deista” ma non “ateo”, volle dettare nel suo testamento chiare indicazioni per tenere lontani i preti dal suo capezzale, onde evitare qualsiasi tentativo di conversione nella fase estrema della sua vita.

Così nel suo testamento si legge: “Siccome negli ultimi momenti della creatura umana, il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo, e della confusione che sovente vi succede, s’inoltra, e mettendo in opera ogni turpe stratagemma, propaga coll’impostura in cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze passate, ai doveri di cattolico: in conseguenza io dichiaro, che trovandomi in piena ragione oggi, non voglio accettare, in nessun tempo, il ministero odioso, disprezzevole e scellerato d’un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell’Italia in particolare. E che solo in stato di pazzia o di ben crassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi ad un discendente di Torquemada”.

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